Tra cronaca e rito: la saponificatrice di Correggio a teatro secondo Lina Wertmüller

Riprendiamo il nostro ciclo “domenica vintage”  riproponendo un articolo della rubrica Il sipario strappato, uscito poco più di un anno fa. 

Leonarda Cianciulli non ha bisogno di presentazioni per gli appassionati del mistero. La saponificatrice di Correggio, così come fu soprannominata durante il processo, rappresenta senza dubbio una delle figure più famose d’Italia nell’ambito della cronaca nera. Nata in Irpinia, a Montella per la precisione, la Cianciulli si trasferì, dopo un’infanzia molto difficile che la vide protagonista di diversi tentativi di suicidio, a Correggio, vicino Reggio Emilia, a seguito del terremoto che colpì nel 1930 Campania, Puglia e Basilicata. Allo scoppio del secondo confitto mondiale, nel 1939, il maggiore dei tre figli maschi, Giuseppe, viene chiamato al fronte. È da questo momento probabilmente che Leonarda intraprende la sua attività di saponificatrice. Chiede infatti grazia alla Vergine e si adopera in sacrifici umani per avere salva la vita dell’amato figlio. Tre sono le vittime accertate: Faustina Setti, Francesca Soavi e Virgina Cacioppo, tutte e tre fatte a pezzi e, quindi, trasformate in sapone con della soda caustica. Arrestata e dichiarata parzialmente inferma di mente, a seguito della perizia del lombrosiano Filippo Saporito, viene rinchiusa in manicomio, dove morirà, in quello di Pozzuoli, nel 1970. La storia, qui raccontata per grandi linee, rappresenta, come detto, uno dei casi di cronaca nera più noti della storia italiana recente e come tale è stata ripresa nell’ambito della cultura popolare in canzoni, nonché in opere cinematografiche e teatrali. Se Gran Bollito (1977) di Mauro Bolognini è un lavoro abbastanza noto al grande pubblico, con Shelley Winters nel ruolo della saponificatrice e tre attori maschi (Renato Pozzetto, Alberto Lionello e Max Von Sydow) nei panni delle tre vittime, meno famoso è l’adattamento teatrale della vicenda diretto da Lina Wertmüller, Amore e magia nella cucina di mammacon Isa Danieli protagonista. Come è possibile leggere nel programma di sala della messa in scena per il Festival dei Due Mondi di Spoleto, nel 1979, si tratta di una commedia nera, che ripercorre la storia di Leonarda Cianciulli in chiave altamente grottesca, come ci si aspetta, in effetti, da una regista come la Wertmüller.

La Wertmüller parte dal fatto di cronaca e crea uno spettacolo unico in cui da un interno piccolo-borghese, quale era d’altronde l’ambientazione della pellicola di Bologninisi passa ad un mondo pieno di riferimenti antropologici. Questo aspetto appare chiaro dall’impostazione scenografica voluta da Enrico Job, che realizza una specie di cerchio magico in cui si erge un potente e spettrale albero. Ci troviamo, quindi, di fronte a riferimenti ancestrali e stregoneschi che fanno sin da subito pensare al famoso noce di Benevento e a tutte le leggende ad esso legate. Lo scenografo Job realizza una sublime commistione tra elementi folklorici ed altri che richiamano il dramma e il fatto di cronaca, non dimenticando di ricreare il luogo di lavoro della saponificatrice, ovvero la cucina con i vari utensili.

Ed è la stessa Wertmüller che chiama in causa elementi folklorici e antropologici, vedendo la cucina della saponificatrice quasi come un luogo dove si attuano esperimenti alchemici e nella figura di Leonarda elementi sabbatici e di tarantismo.

Una rilettura, quindi, di uno dei casi di cronaca nera più noti d’Italia fatta quasi alla luce di Sud e Magia di Ernesto De Martino, in cui il realismo lascia spazio ad un rito, quello del sacrificio e della saponificazione, davvero macabro.

(Armando Rotondi)