I coccodrilli della Sicilia
«Coccodrilli! Ci sono i coccodrilli!» I dorsi scuri variavano sempre di numero. A volte ne contavo solo uno, altre volte addirittura quattro o cinque. Sembra incredibile, ma c’erano davvero. Solo che quelli che affioravano in superficie alle saline di Augusta, in provincia di Siracusa, non appartenevano ai minacciosi rettili. I dorsi che vedevo da bambino erano quelli dei pneumatici che galleggiavano in superficie.
Le imbarcazioni a vela – i vachi ‘isali’ – che salpavano per Italia, Malta e Inghilterra cariche di sale erano una memoria in bianco e nero. Già negli anni ’80, le saline erano state completamente abbandonate. La gente ne approfittava per buttarci dentro di tutto. Lavatrici, mobili, per l’appunto pneumatici. Le vecchie saline erano terreno fertile per la mia immaginazione.
Immaginazione, appunto. Si trattava solo di questo. O per lo meno così ho pensato per anni. Quello che ignoravo è che, anche se non nelle saline di Augusta, i coccodrilli in Sicilia sono esistiti davvero.
A Ragusa troviamo la chiesa di San Giorgio, chiamata anche la chiesa dei coccodrilli, stupendo edificio barocco che risale al XVIII secolo. La chiesa deve il proprio nome a degli strani fenomeni che si verificarono in Italia e che videro diversi resti di coccodrilli comparire sotto le arcate delle chiese. Si pensa che molti di questi, trattandosi spesso di resti mummificati, giunsero dall’Egitto, ma il mistero rimane tutt’oggi.
È un fatto storico che nel 1600 i coccodrilli erano presenti in numero non indifferente nella fonte del Ciane, a Siracusa, dove è ancora possibile ammirare degli stupendi papiri. Secondo il naturalista del ‘700 Antonino Mongitore, i coccodrilli popolarono anche i fiumi Garofello (Palermo) e Amessano (Catania). Trattandosi di coccodrilli del Nilo, probabilmente furono importati in Sicilia dagli arabi. Sembra però che i grossi rettili aggredissero spesso uomini e bestiame e, proprio per questo, dopo che gli arabi abbandonarono l’isola, gli animali vennero sterminati.
A Palermo, nel mercato della Vucciria, è tutt’oggi possibile ammirare una di queste stupende bestie imbalsamate. A essa è legata una leggenda. Il temibile coccodrillo, lungo più di tre metri, avrebbe abitato la fontana di piazza Caracciolo, alimentata dalle acque del fiume Papireto. La bestia prese l’abitudine di nutrirsi dei picciriddi che rimanevano oltre l’ora del tramonto a giocare nei paraggi. Si decise così di intrappolarla. Cinque giovani coraggiosi le tesero un agguato, agguantandola per la coda. Uno di loro la colpì ripetutamente con un pugnale, ferendola alla gola e allo stomaco. Tutto d’un tratto si udì il pianto debole di una bambina. Giungeva dalle viscere della bestia. Il ragazzo gettò via il pugnale e affondò le braccia nel corpo squarciato del coccodrillo. La piccola era, incredibilmente, ancora viva.
(Roberto Bommarito)