The boy 2: la maledizione di Brahms

Il regista William Brent Bell ci riprova, realizzando un seguito di quel The Boy (trovate la nostra recensione qui) che ci aveva piacevolmente sorpreso. Se nel primo film la bambola Brahms era un diversivo, uno specchietto per le allodole rispetto a ciò che davvero si nascondeva nella casa, in questo secondo episodio le cose cambiano e, personalmente, non sono certo che lo facciano nel migliore dei modi (ma neanche nel peggiore, per fortuna).

La storia segue le vicende del piccolo Jude (Christopher Convery) e dei suoi genitori Liza (Katie Holmes) e Sean (Owain Yeoman), trasferitisi in una casa nel bosco ai margini della proprietà denominata Heelshire Mansion, di cui i poveretti ignorano i sanguinosi trascorsi, ma che non tarderanno a scoprire.

Come spesso accade negli horror, il trasferimento della famigliola avviene a causa di un evento tutt’altro che piacevole. Degli estranei, entrati nottetempo nel loro appartamento, hanno aggredito Jude e sua madre, causando loro un tale shock che il bambino, da quel momento, non riesce più a parlare. I suoi genitori si convincono, consultando anche una psicologa, che cambiare aria possa aiutarlo a recuperare la parola. Poveri stolti, vien da pensare, mentre assistiamo all’infelice decisione. Per loro sfortuna – o forse non è solo un caso? – durante una passeggiata nel bosco, Jude s’imbatte in una strana bambola sepolta nel terreno e mamma e papà, che attraversano un periodo dall’intenerimento facile, gli permettono di portarlo in casa. Stranamente, la presenza di Brahms (così si chiama la bambola… o meglio: così la bambola dice di chiamarsi!) sembra influire in maniera positiva su Jude. Un giorno, infatti, Liza e Sean, origliando dietro la porta della sua cameretta, lo sentono parlare con Brahms. La cosa sarebbe inquietante per chiunque, ma non per loro, che sentono Jude parlare per la prima volta dopo tanto tempo. La decisione di tenere la bambola appare così come la migliore mai presa, ma le cose non tarderanno a degenerare.

Segue spoiler.

La bellezza del primo The Boy, a mio avviso, stava nel modo in cui riusciva a giocare con lo spettatore ponendolo di fronte a un dubbio: Brahms è vivo o no? Ne la maledizione di Brahms la risposta arriva direttamente dal titolo e si viene a perdere il pathos dovuto all’incertezza che aveva caratterizzato il primo film. Stavolta appare chiaro fin da subito che la bambola è viva e questo rimette in discussione le “certezze” che credevamo di avere dopo la visione di The Boy. A dirla tutta, la sceneggiatura è ben strutturata e riesce a reggere questo cambiamento, senza giustificare del tutto come, nell’altro film, il lato soprannaturale non fosse venuto fuori, ma dando una serie di informazioni in base alle quali possiamo dedurre che l’assassino “reale” del primo film abbia, di fatto, agito prima che le cose potessero prendere la deriva paranormale. Una questione di tempi, quindi.

Nel complesso il film non ha grosse pretese e, sebbene rispecchi tutti i cliché del genere e la trama si dipani in maniera prevedibile, la visione risulta godibile.

Due coltelli e mezzo.

(Daniele Picciuti)