L’orrore gotico di Salvatore Stefanelli
Per la Rubrica Il gatto a nove code incontriamo oggi Salvatore Stefanelli, autore di L’origine della notte, edito da Nero Press Edizioni.
1. Cominciamo dal tuo libro. Come hai concepito questa storia?
S: All’inizio, l’idea è venuta fuori come tante altre, senza un motivo particolare. In seguito, l’ho elaborata e, trovandovi gusto, l’ho seguita fino a dove i protagonisti mi hanno voluto condurre. Finita la prima bozza del racconto, l’ho fatto leggere ad alcuni amici. I riscontri positivi mi hanno portato a rendere la storia più compiuta ma, per avere la sicurezza di aver scritto qualcosa di buono e capire cosa ne potevo fare, l’ho fatta leggere a un amico che del genere ne sapeva di sicuro più di me: Daniele Picciuti.
2. (Risata di circostanza del sottoscritto) Grazie per la menzione! Veniamo alla seconda domanda: l’accurata ambientazione gotica richiama l’idea di un’accurata ricerca storica. È così? Se sì, in che maniera ti sei documentato?
S: In realtà non c’è stata una vera ricerca storica, almeno così come l’intendo io (scavi negli archivi, passando al vaglio carte topografiche, fatti e altro dell’epoca che volevo trattare). Non so perché, ma pensando a vampiri e licantropi, il periodo storico che mi viene in mente è quello a cavallo tra il ‘700 e l’800 (forse troppi film mi hanno lasciato la sensazione che il tempo giusto fosse quello). Trattando poi di nobiltà, questo mi ha portato verso est, dove i fasti goliardici e le frivolezze, che spesso associo alla nobiltà occidentale, venivano stemperate dal “freddo” e austero, almeno per me, carattere di quelle genti. Per rispondere alla domanda, la mia ricerca si è svolta in rete, soprattutto per quanto riguarda i nomi russi e il loro uso (i vari gradi di confidenza cambiano notevolmente i modi in cui si usano nomi e cognomi, e patronimici); ho cercato anche tra le varie leggende che riguardano i vampiri, non solo in Russia ma in tutta Europa, e da questa ricerca è nata la razza dei Draugupyr. Per l’ambientazione, invece, mi sono basato su quanto il mio sentire e i miei ricordi (più sensazioni che ricordi veri, vista la mia inesistente memoria) mi hanno dettato. So già che, se davvero mi decido a scrivere il seguito (ho già qualche barlume d’idea), dovrò fare una ricerca più approfondita e in diverse parti del nostro continente.
3. Cosa pensi della figura del vampiro, oggi?
S: Di certo hanno assunto una miriade di sfaccettature che fino a mezzo secolo fa non avevano (pensiamo, per esempio, ai vampiri sbrilluccicosi di Twilight, ma gli esempi potrebbero proseguire a lungo). Quel che penso è: non smettono di avere fascino e pubblico. Sembra che una buona parte dell’umanità non possa fare a meno di provare il brivido della paura e la perversità mista all’eleganza, il potere occulto misto all’aristocrazia, che i vampiri emanano: è qualcosa che li fa prevalere su ogni altro mostro dell’immaginario umano (anche se gli zombi gli danno molto filo da torcere).
4. I tuoi vampiri appartengono a una sorta di alto lignaggio. Questo richiama un po’ l’idea del vampiro “colto”, elitario, nobile, come forma di essere superiore rispetto all’uomo pavido e un po’ bifolco. Hai volutamente perseguito questa intenzione?
S: In parte sì. Non è l’unico modo in cui percepisco i vampiri ma, in questa storia, volevo qualcosa che emanasse un certo distacco, una razza forte e austera e che si sentisse superiore a ogni altra. Un leggero contraltare lo si può percepire nel protagonista, che ha vissuto un’infanzia in quel mondo elitario e una giovinezza, sino all’età adulta, in mezzo al “popolino”. Ho anche cercato di immettere alcuni spunti che rendessero l’uomo “normale” un bene prezioso e da rispettare. Come ogni preda, anche l’uomo ha il suo fascino, se visto a sé stante, ma questo si perde quando incontra qualcuno più forte: è un po’ come osservare il ghepardo e la gazzella, belli entrambi…
5. L’orrore per Salvatore Stefanelli.
S: Non saprei definirlo. Anche perché il confine tra orrore e terrore mi risulta così indefinito… E poi, al giorno d’oggi, ci sono orrori nel mondo che i vampiri e gli zombi, a confronto, svaniscono, e non mi riferisco solo a quello che accade al genere umano.
6. Progetti futuri?
S: Sono in procinto di smettere la mia attività di edicolante e, presto, mi troverò nella condizione di disoccupato (un orrore molto attuale). Avrò più tempo per scrivere e spero che questo mi aiuti a produrre un romanzo, oltre a proseguire alcune storie che hanno già visto una prima pubblicazione, come L’origine della notte. Progetti veri e sicuri non ne ho, se non il rimettere ordine nella mia vita e tra le mie cose.
7. Un titolo Nero Press che consiglieresti.
S: Qui mi sento colto in fallo. Negli ultimi anni ho letto davvero poco, soprattutto fantasy (Tolkien, Martin eccetera) e Gialli; forse, un paio di cose di Nero Press (in realtà non ne son certo: avrò circa duecento libri ancora da leggere e una svariata moltitudine di ebook). Da quello che ho letto di Alba di Luna mi sembra un titolo che potrebbe piacere a molti, a me stuzzica parecchio ed è già nella mia wishlist.
8. La domanda cattiva: un libro o un film sui vampiri che non sopporti.
S: Devo essere uno che si accontenta molto, perché non ho un titolo da nominare. E la memoria non mi aiuta.
9. Cosa pensi dell’editoria italiana, oggi?
S: Non la conosco come dovrei e, forse, mi lascio prendere dai luoghi comuni. La trovo avvilente. In Italia, come molti dicono e sanno, si legge davvero poco. Questo non aiuta gli editori, che devono pur campare e spesso si legano a titoli stranieri che già solo perché provengono dal mercato estero, americano i più, coglieranno i loro frutti. Gli scrittori italiani sono un’orda impazzita e impreparata nel proporsi e proporre le loro opere nel modo migliore. Trovarvi dei buoni autori non è facile, spesso persi e confusi tra gli altri, ma ci sono. Alcuni capitano al momento giusto al posto giusto, dopo anni di gavetta o perché il talento a la dea fortuna sono dalla loro, e trovano la via della pubblicazione di qualità, quella che non ha niente a che vedere con la piaga delle EAP (editoria a pagamento). A volte sono così bravi che riescono a farsi notare anche all’estero. Peccato che sono ancora in pochi quelli sbarcati su altri lidi, lo meriterebbero molti di più, autori che non hanno nulla da invidiare a nessuno. Altri, riescono a vendere migliaia di copie solo perché sono nomi già noti al pubblico televisivo e dei giornali, ma qui la qualità spesso scarseggia (ci sono comunque delle eccezioni). Esistono le grandi case editrici, che difficilmente spendono soldi e tempo dietro gli autori esordienti, e ci sono i piccoli editori, come Nero Press (o Delos Book, dove sono “nato” come scrittore – permettetemi lo sfoggio del titolo, seppure ho molta strada da fare prima di potermene fregiare davvero), che della ricerca di esordienti di talento fanno la loro ragione di vita. L’editoria italiana avrebbe bisogno di un po’ più di coraggio, ma anche un supporto dallo Stato. Non mi riferisco a un supporto economico (anche se l’Iva e alcune agevolazioni potrebbero servire), intendo dire che sin dalle basi – dalla scuola elementare, persino dall’asilo – bisognerebbe insegnare e coinvolgere i bambini nella lettura, prima divertente e di apertura e conoscenza, poi, consapevole. I libri cartacei costano troppo, in una economia in crisi, e gli ebook sono ancora una novità. Le librerie tendono spesso a oscurare i nomi poco noti e le piccole case editrici quando, invece, anche loro servono a educare e indirizzare i lettori verso titoli di autori italiani. Non ho soluzioni, solo pensieri. E speranze.
Grazie per la disponibilità Salvatore e in bocca al lupo per il futuro!
(Daniele Picciuti)