Sulle frequenze della vita: Nero Cafè incontra Gianluca Morozzi, autore di “Radiomorte”
Piace la musica? Vi siete mai chiesti quante volte un brano venga provato e registrato prima di venire inserito nella tracklist di un album? Esclusi Paganini e i superbi, le uniche due categorie che non possono e non vogliono ripetere la loro esecuzione, tutti gli altri artisti incidono più volte lo stesso pezzo un certo numero di volte e alla fine viene scelta la versione migliore e inclusa nel prodotto finale.
E tutto il materiale in più, che fine fa? Non viene mai buttato, spesso lo si lascia invecchiare e al momento del bisogno viene esumato e commercializzato, vuoi per lenire la malinconia dei fans o rinverdire le finanze di chi detiene i diritti con le edizioni deluxe.
Ma lasciamo perdere eventuali polemiche e facciamo un esempio. Conoscete i Pink Floyd? Un gruppo britannico che ha segnato l’evoluzione del rock psichedelico e non solo, presente sulla scena dagli anni ‘60. The dark side of the moon, Wish you were here e The wall sono alcuni dei loro album entrati nella storia.
Perché ho scelto proprio loro e non altri artisti tra i tanti disponibili? Il primo motivo è semplice, Waiting for the worm è un brano contenuto in The wall ed è stato incluso nella colonna sonora del romanzo Radiomorte scritto da Gianluca Morozzi, per l’aderenza perfetta del testo a quanto narrato. Secondo, nella loro carriera ci sono alcune analogie con i Colla, i protagonisti.
In breve, padre, madre e i due figli sono il prototipo di famiglia perfetta che, a causa dell’incapacità dell’addetto stampa, diventano “prigionieri” di una trasmissione radio con una Dj molto particolare. Dopo poche e semplici domande, l’intervista si trasforma in una trappola da cui solo tre dei quattro membri ne usciranno vivi, al prezzo di scegliere chi tra loro dovrà essere sacrificato.
Un percorso non molto ragionato nei confronti dei tre album citati, serve a delineare il parallelo con la graduale scoperta del carattere e del passato dei personaggi.
The wall è un concept album scritto quasi interamente dal bassista e voce Roger Waters. Fu inciso nel ’79 e pubblicato nell’80 e racconta il percorso di un personaggio fittizio, tal Pink di professione rockstar che vive isolato e separato dal resto del mondo.
I Colla sono la “famiglia felice ai tempi della crisi”, così definita dal titolo del “best-seller da autogrill” scritto da Fabio, il padre. Osservati dall’esterno, come la narrazione in seconda persona adottata dall’autore ci obbliga a fare, sembrano per i più un concentrato di perfezione ma, osservati da vicino, si rivelano più delle maschere a cui è stato appiccicato un sorriso.
Pink e i Colla hanno un’esistenza invidiabile, cosa si può volere di più? Entrambi hanno successo e sembrano felici, ma non è del tutto vero. Pink è intrappolato in qualcosa di molto diverso dall’apparenza. Il successo corrisponde a un’intimità infelice, tormentata da una serie di drammi che lo hanno segnato. La perdita del padre in guerra, una madre iperprotettiva, insegnanti autoritari che hanno soffocato la sua sensibilità e i continui tradimenti della moglie che, sommati ai suoi, minano le possibilità di una qualunque stabilità e che lo spinge a edificare in parte quel muro che lo circonda. The wall è la parabola discendente di un uomo nel rifiuto dei legami affettivi.
Anche i Colla vivono questa condizione nelle innumerevoli interviste e apparizioni televisive; sono circondati da un muro di falsità e di Pnl di livello elementare. Con l’inizio del romanzo questa patina viene incrinata dalle prime rivelazioni.
Fabio non è un marito fedele ed è indifferente al benessere dei propri cari e spesso li tortura con fastidiosa musica brasiliana. La moglie e madre Patrizia ha una personalità indifferente, concentrata solo sui propri mal di testa e sulla ricerca di facili rimedi. Il primogenito Davide ha un carattere pacato ed è l’emblema delle occasioni sprecate; pensa solo alla fidanzata Meri e, che si tratti di sport o di recitazione, passa dall’essere una promessa a una delusione. La figlia Giulia ha un corpo mozzafiato e la continua tentazione di rivoluzionare l’assetto familiare indossando una moda estrema o suicidandosi.
Dopo un breve viaggio in auto, giungono allo studio radiofonico di turno per l’ennesima intervista. Qui entra in scena un nuovo personaggio: Kristel.
Una ragazza giovane con i capelli colore rosso innaturale, un volto metallizzato dai troppi piercing e un abbigliamento punk con tanto di anfibi.
L’inizio dell’intervista è scontato. Kristel pone le domande di rito a cui tutti recitano le risposte d’ordinanza, ma la situazione precipita quando l’intervistatrice si lascia scappare alcuni commenti ed esaspera i Colla, esortandoli a essere sinceri e non l’immagine dietro cui si sono nascosti.
Nel tentativo di sottrarsi alla situazione, scoprono di essere stati sequestrati. Non è prevista una reclusione a tempo indeterminato, per loro Kristel ha studiato una prova più difficile: scegliere chi tra loro morirà il mattino successivo e, se non decideranno, moriranno tutti e quattro inalando Zyklon B, un gas velenoso.
Questo è il culmine dell’isolamento e tutti maturano l’idea di sacrificarsi per gli altri, forse per riacciuffare l’essenza di ciò che non sono mai stati sino in fondo.
In The wall, Pink affronterà un processo simbolico che porterà all’abbattimento del muro e lo condannerà a una vita in mezzo agli altri, riscattandolo dalla follia in cui stava precipitando.
Tutto è bene quel che finisce bene, ma non è così per i Colla; la loro libertà non risiede nel prendere coscienza, devono versare del sangue.
Dopo una notte passata a pensare a chi dovrà sacrificarsi, arriva il momento ma…
In questa parte del romanzo il parallelo è con Wish you were here, un altro concept album scritto da Roger Waters nel ‘74. Ispirato dalla scomparsa di Syd Barrett, la tematica dominante dell’opera è la rottura della fraternità tra i membri a causa della perdita dello storico fondatore.
Nel 2011 è stata pubblicata una versione alternativa del singolo. Nello stesso periodo in cui i Pink Floyd erano impegnati nelle registrazioni, in uno studio a fianco al loro il violinista Stéphane Grappelli stava incidendo alcuni pezzi. In quell’occasione il brano più famoso e che dà il titolo all’album fu eseguito con il violino in sostituzione dell’assolo di chitarra e questa scelta, del tutto accidentale, mostra come lo stesso brano, fissato in una forma canonica, contenesse nell’eco delle proprie note la possibilità di essere diverso.
Al momento dell’esecuzione, Kristel concede dell’altro tempo, ma solo in cambio di alcune confessioni.
L’invito è quello di leggere il romanzo, quindi non svelerò il contenuto delle rivelazioni per non compromettere il piacere di restare intrappolati nelle maglie di una trama spesso imprevedibile.
Ciò che viene narrato ha diversi gradi di depravazione e fa emergere una natura più squallida della loro personalità; non si gioca più sul terreno dell’ipocrisia ma sulla presenza della malvagità in ognuno di loro. Mancanza di compassione, inettitudine e violenza sono l’altra faccia dei Colla, come la versione alternativa di Wish you were here, sono stati qualcos’altro e tutti hanno seppellito nella memoria quella parte di sé che rinnegano.
Salta agli occhi come i segreti siano all’origine della volontà di apparire e come l’interazione tra i vari componenti inasprisca la situazione e origini l’entità artificiale “famiglia felice”. L’infedeltà di Fabio, l’indifferenza di Patrizia, l’inutilità di Davide e le aspirazioni suicide di Giulia non sono effetti collaterali dell’ipocrisia. Volere interpretare un ruolo non è una semplice occupazione ma il tentativo inconscio di espiare gravi colpe.
Più dei sentimenti, è il ritorno economico dallo sfruttamento dell’immagine pubblica a instaurare un legame tra i Colla, ma anche quest’ultimo si sgretola quando viene a mancare la dimensione segreta del nucleo famigliare.
Un’assenza che spinge tutti e quattro verso una scelta egoistica: nessuno è più disposto a immolarsi per gli altri.
L’ultimo concept album dei Pink Floyd preso in esame è The dark side of the moon del ’73, composto da Roger Waters e dedicato ai lati oscuri della vita come la vecchiaia, l’avarizia, la follia e la morte. Anche in questo caso, la figura di Syd Barrett è al centro dell’opera; il decadimento fisico e mentale del fondatore viene analizzato ed elevato all’esperienza di essere umano nel continuo confrontarsi con l’oscurità che minaccia il cammino di ognuno. Uno degli album più “filosofici”, ma non per questo il più noioso! Fu un successo immediato ed è tra i più venduti e premiati della storia.
Per la natura stessa del finale e della capacità con cui Morozzi riesce a stupire il lettore, una qualunque recensione, arrivata a questo punto, deve rilasciare sempre meno indizi e sorvolare su passaggi che, vi garantisco, vorrei invece trattare.
Posso solo aggiungere che, come in The dark side of the moon, la morte e la follia sono i grimaldelli con cui scardinare la fasulla umanità dei Colla e, non senza altre inaspettate rivelazioni, assistere alla resa dei conti.
Il romanzo viene spesso paragonato a Blackout, sempre dello stesso autore.
Vi assicuro che entrambi i titoli meritano una lettura.
Morozzi è uno scrittore rock e la sua abilità d’esecuzione emerge nella sua prosa, mai banale e spesso impreziosita da assoli/fraseggi graffianti e vitali. La capacità di gestire al meglio la situazione e i personaggi non rallenta la trama e, lasciatemelo dire, si sente che non suona in playback!
Poiché è ospite presso gli studi radiofonici di Nero Cafè, abbiamo la gradita opportunità di torturarlo un po’.
Iniziamo:
Gianluca, qual è il tuo ruolo di scrittore nella narrazione… lasciamo perdere, come fai a inventarti storie come quelle di Radiomorte e Blackout?
G: Non ne ho la più pallida idea. Credo di avere dei microghostwriters particolarmente strani che lavorano nelle caverne segrete del mio cervello, e di tanto in tanto aprono la botola, dicono “to’, pezzente, scrivi questo” e mi gettano dei romanzi quasi interi là dove li posso leggere. Mi pare una spiegazione più plausibile di “me le sono trovate in testa all’improvviso”.
Nei tuoi romanzi la musica è una presenza fissa. Come è nato questo connubio tra note e parole? E come una influisce sull’altra?
G: A volte la musica in sottofondo serve ad aiutarmi a dare un ritmo, un tono, un’atmosfera. I Black Heart Procession di Blackout, gli Eels di Despero, Mark Lanegan di Cicatrici… e altre volte è proprio la musica suonata a entrare nelle storie, che sia una semplice band bolognese che prova a sfondare partendo dalle cantine, o la versione di un universo parallelo di David Bowie trasformato in un folle supercriminale chiamato Ziggy Stardust.
Hai qualche consiglio per chi vorrebbe cimentarsi nell’esecuzione di romanzi e racconti vari?
G: Sì, leggete e scrivete. Tanto. E cose molto diverse tra loro, sia quelle che leggete, sia quelle che scrivete. Non vergognatevi di copiare, all’inizio: anche i primi dischi dei Beatles o dei Rolling Stones sono fatti di cover.
Progetti futuri?
G: Un romanzo finito che si chiama Specchi neri. Una raccolta di racconti editi ma introvabili chiamata L’amore ai tempi del telefono fisso. Una cosa in progress intitolata L’uomo liscio. Tanta roba, direi.
Se vuoi uscire illeso dal nostro studio di registrazione, come nel romanzo, anche tu devi rivelarci un tuo segreto. Ricordati di essere sincero perché ho il dito sul bottone che rilascia lo Zyklon B. In alternativa, ci accontentiamo di un aneddoto simpatico accaduto durante la stesura di Radiomorte.
G: Un segreto? Da bambino, mentre i miei parenti erano a pranzo in un ristorante di montagna, mi hanno perso di vista. Si è scatenata la caccia al bambino perduto, e alla fine mi hanno ritrovato ai bordi di una diga, che guardavo affascinato l’acqua con i piedi a due centimetri dal vuoto. Questo aneddoto me lo hanno raccontato, e prima o poi dovevo sfruttarlo.
Lo staff di Nero Cafè ti ringrazia della disponibilità, ti augura una buona scrittura e, forse, prima o poi ti rilascerà… tutto dipende da te!
Radiomorte di Gianluca Morozzi. Guanda Editore, Collana della Fenice. 211 pagine, € 15,00. Disponibile anche in formato eBook.
(Mirko Giacchetti)