Estetica del Giallo: “Il Grande Errore” di Mary R. Rinehart

Mary Roberts Rinehart ci offre, con Il Grande Errore, un saggio di estetica del giallo. Non si tratta di un libro di suspense e nemmeno di un geniale congegno letterario dia disinnescare a colpi di celluline grigie. Si tratta invece di un libro “dolce”, godibile, piacevole e tutto sommato contemporaneo, se si tiene conto che The Great Mistake è un libro scritto e pubblicato nel 1940.

Siamo in epoca pre-guerra. L’autrice (che nella vita farà anche questo: l’inviato di guerra per il governo americano), ambienta questo romanzo nella provincia americana, di cui lei stessa è originaria: è infatti nata ad Allegheny City (futuro sobborgo di Pittsburgh), Pennsylvania.

Patricia Abbott va a trasferirsi nella villa della signora Wainwright, ricca ereditiera alla ricerca di una dama di compagnia. Si tratta di un personaggio tipico della produzione della Rinehart. Naturalmente, dall’arrivo di Patricia iniziano gli omicidi che si susseguono copiosi.

Difficile individuare il movente, e ancor più il colpevole.
Il romanzo è vivace, tenuto conto del periodo e dello stile dell’epoca.

Quella sera stessa vi fu un’altra sorpresa.
Bill Sterling era stato a fare la visita serale a Maud; ci incontrammo nella sala al pianterreno e ci salutammo allegramente.
Ebbene, Hopper scelse proprio quella sera per perquisire di nuovo la casa e lo studio di Bill. La governante, mamma Watkins, fu indignatissima.
– Siete già stati qui una volta! Ma si può sapere che cosa volete?
– Niente, buona donna: vogliamo soltanto dare un’occhiatina. Se ne vada, oppure rimanga, ma tenga la bocca chiusa.

A scanso di equivoci: nulla a che vedere con le atmosfere di Chandler o di Goodis, ma un buon ritmo per un giallo che sta di buon grado nell’alveo della golden age.

La Rinehart è considerata una delle voci più nobili del tipico filone Had-I-but-known (se avessi saputo…) e Il Grande Errore è un’opera matura (risale al 1940, l’autrice scriverà ancora per tredici anni) che ancora oggi, grazie a una buona traduzione (mi riferisco all’edizione dei Classici del Giallo Mondadori numero 900), risulta contemporanea per stile, ritmo e trama.

Tutto considerato, giova ricordare che la Rinehart è l’iniziatrice di una via neogotica del thriller che trova la sua coniugazione nell’opera più famosa dell’autrice: La Scala a Chiocciola.

“Ma non era stato commesso un furto, come si sarebbe potuto credere, poichè i gioielli erano tutti là, sino all’ultimo, e come io stessa li avevo lasciati. Solamente mancavano la lista da me compilata e la busta color avana che avrei dovuto consegnare a Tony.”

Siamo comunque, evidentemente, nei canoni fissati da Conan Doyle e dalla Christie: l’autrice dissemina tracce e indizi che il lettore può o meno ricondurre a sistema nel corso della lettura, ingaggiando una sfida con la Rinehart. Non è però quel tipo di romanzo. La sfida è complessa e in parte fuori luogo. L’autrice ci racconta una bella storia in cui una giovane donna più o meno avvenente rimane incastrata in una trama di avvenimenti più grandi di lei, e dai quali deve riuscire a liberarsi per non finire lei stessa uccisa dall’assassino. È la trama tipica dell’autrice di Pittsburg e di altre scrittrici dell’epoca. Cito volentieri la Eberhart de La Stanza n. 18, di cui su Nero Cafè abbiamo già parlato, che scrive, appunto, Patient in Room 18, suo romanzo d’esordio, nel 1929.

La Rinehart, però, non si ferma qui. La sua ricerca letteraria è più ampia. Esplora stili, situazioni, e rinuncia a personaggi di riferimento, o seriali, come diremmo oggi. Anzi, nel suo gioco letterario c’è l’esplorazione di più strategie narrative.

– Buon giorno, Pat! È accaduta qualche novità al Chiostro?
– Qualcuno è penetrato stanotte alla villa.
– Chi gliel’ha riferito?
– Nessuno. Ero io là. Vi tornai ieri sera, perchè…
– Ieri sera! A che ora?
– Un po’ dopo la mezzanotte; ma fu perché…
– E a mezzanotte lei ci andò da sola! Ma non l’avevo messa in guardia?

La Rinehart anche sui dialoghi propone stili innovativi e velocità inconsuete. L’eloquio dei suoi personaggi somiglia già a quello serrato e talvolta inteso dell’Hard Boiled, senza assumerne la velocità e i topoi linguistici.

Madre della letteratura gialla americana, Mary Roberts Rinehart ci offre, con Il Grande Errore, un punto di partenza fondamentale per conoscere le origini del thriller d’oltre oceano.

Per me, da leggere con curiosità ed interesse.

 (Cristian Fabbi)