L’etrusco uccide ancora, di Armando Crispino

Il panorama del cinema thriller nostrano degli anni Settanta e Ottanta nasconde piccole opere ormai dimenticate, ricordate solamente dagli appassionati del genere. Nel giallo all’italiana, il regista Armando Crispino ha firmato due film, il primo dei quali, uscito nel 1972, è L’etrusco uccide ancora. Non è di sicuro uno dei titoli più famosi di questa nicchia cinematografica, nonostante presenti sia evidenti segni di appartenenza a questo filone sia elementi originali e particolari.

A Spoleto, un archeologo, Jason Porter, scopre una tomba etrusca, nei cui affreschi è raffigurato una scena sul demone Tuchulcha, la divinità della morte. Al suo fianco, nella scoperta, ci sono Myra, la sua ex-fidanzata e ora sposata con il direttore d’orchestra Nikos Samarakis, Stephenm, coreografo della compagnia di Samarakis e Igor, il figlio di Nikos, avuto con la precedente moglie. Una serie di duplici omicidi a danni di giovani coppie inizia a insanguinare le vicinanze e i sospetti della polizia si indirizzano proprio verso l’archeologo, il cui passato è segnato dall’abuso di alcool.

Crispino gioca abilmente con i generi narrativi. Il suo è chiaramente un thriller, un giallo all’italiana, ma il regista non manca di mescolare elementi del gotico e dell’horror alla sua storia. Lo spunto del demone Tuchulcha viene richiamato a ogni omicidio, con dei fotogrammi mostrati appositamente per insinuare il dubbio che tutto sia opera di una creatura soprannaturale. Il dubbio è in realtà debole, dal momento che è abbastanza evidente che la pista gotica non è praticabile in questo film. Successivamente il regista fa riemergere il passato di alcoolizzato del protagonista, per giustificare sue temporanee amnesie e quindi far pensare allo spettatore che l’assassino sia lui. Crispino, insomma, lavora con le tecniche a sua disposizione per mantenere vivo l’interesse sull’identità dell’assassino fino alla fine della pellicola, indirizzano lo spettatore verso l’uno o l’altro personaggio, disseminando indizi e lasciando che i dubbi si facciano largo da soli. Gli intenti non vengono totalmente confermati dalla realizzazione tecnica, soprattutto a livello di sceneggiatura e di solidità registica, ma è evidente come la soluzione finale sia parte fondamentale del panorama del giallo all’italiana.

Senza scendere nel dettaglio dell’assassino e della sua identità, la scoperta che la causa scatenante la sua follia omicida è da ricercarsi in un trauma infantile, legato alla sfera sessuale, è un elemento tipico del thrilling italiano. Un aspetto che ricorre in questa e in altre pellicole, anche in quelle più famose dirette da registi come Dario Argento. Se quindi L’etrusco uccide ancora non ha la profondità narrativa di altri titoli di quegli stessi anni, ha tutte le carte per colpire l’appassionato, in modo da schierarsi adeguatamente nello scenario di quel filone cinematografico.

L’ambientazione spoletina e lo spunto archeologico sono inoltre interessanti e distanti dalle classiche città-incubo in cui i personaggi sono isolati, tipiche di questo genere. Da questo punto di vista L’etrusco uccide ancora si dimostra originale e capace di variare la materia tradizionale del genere di appartenenza. La presenza di location come la necropoli, le tombe etrusche, le strade strette della città di Spoleto, la chiesa in ristrutturazione, aggiungono dettagli macabri e inquietanti, che contribuiscono a mantenere viva la tensione e la suspense. La sequenza dell’inseguimento in macchina tra le vie della città è forse quella più riuscita, per ritmo e tensione narrativa. La città è solare, ma al contempo è un dedalo di strade e vicoli, le due auto corrono veloci in mezzo alla quotidianità della cittadina. È l’orrore che passa vicino al popolo, che resta però indifferente a quel passaggio. La componente disturbante è del tutto collegata ai personaggi, quindi, e non alla città stessa, mentre la necropoli fa parte integrante degli elementi inquietanti a disposizione del regista.

Un ultimo elemento di questo film, la musica come colonna sonora stessa degli omicidi, diventerà abbastanza classico nel panorama del giallo all’italiana e verrà ripreso anche da registi più famosi, quali lo stesso Argento.

 (Gianluca Santini)