Slender Man: l’Uomo Nero al tempo dei Social
La leggenda di Slender Man nasce nel 2009 grazie a Erik Knudsen (nome d’arte di Victor Surge) in occasione di un concorso fotografico sul sito Something Awful, nel quale occorreva ritoccare in modo macabro alcune fotografie. Il fenomeno si trasferì poi sul web anche grazie al canale youtube Marble Hornets, che produsse una serie di videomontaggi nei quali “l’uomo alto” era visto in compagnia di alcuni bambini. Da qui in poi Slender Man divenne un vero e proprio Creepypasta.
Così nasce il film diretto da Sylvain White e va subito detto che le aspettative sono soddisfatte solo in parte. Certamente la figura dell’uomo alto inquieta e crea ansia nello spettatore, così come gli ottimi momenti allucinatori delle protagoniste Wren (Joel King) e Hallie (Julia Goldani Telles) che poi rappresentano il vero fulcro del film. Le giovani attrici se la cavano bene (nei limiti imposti da personalità con poche sfumature) ma la sceneggiatura sembra un po’ troppo scarna e prevedibile. Come al solito, nessuno che accenda la luce in una casa buia nemmeno quando strani rumori attirano una o l’altra ragazza al piano di sotto (o di sopra), cadendo in uno dei peggiori cliché dei B movie. Una parte delle indagini, poi, viene svolta dalla ragazza scomparsa, Piper (Annalise Basso) ma questa viene appena accennata, mentre forse sarebbe stato meglio “vederla” tramite flashback, e invece viene lasciata aperta una sottotrama in modo abbastanza inutile: che è successo davvero al misterioso contatto che chattava con Piper prima e poi con Wren e che sembrava sapere molte cose sull’uomo alto? Certo, lo possiamo intuire, ma rimane una porta mezza aperta che fa storcere il naso.
Il finale da incubo, con la fuga nel bosco, il cancello e tutto il resto, è suggestivo e di forte impatto, e non lascia spazio alla speranza. Evocare Slender Man (come delle idiote che non guardano film horror, aggiungerei) ha sempre brutte conseguenze…
Buona la fotografia, ma gli effetti digitali un po’ meno. Nel complesso un film godibile, con un secondo tempo certamente migliore del primo e una sceneggiatura da rivedere.
Tre coltelli.
(Daniele Picciuti)