Perfume, una serie tv cupa e disturbante
Dalla Germania arriva Perfume, direttamente su Netflix, serie tv ispirata al romanzo Profumo di Patrick Süskind. Alla regia Philipp Kadelbach (già regista di alcuni episodi di altre serie tv, tra cui Riviera, e diversi film per la televisione) che dà il meglio di sé nel ricreare un’atmosfera inquietante, in cui si muovono i cinque principali sospettati dell’omicidio della giovane cantante Katharina “K” Läufer, nonché gli stessi investigatori, tutt’altro che integerrimi.
Il cadavere viene ritrovato con lembi di pelle rimossi: capelli, ascelle e pube sono spariti. Mentre la polizia batte ogni pista, ipotizzando persino un serial killer quando vengono ritrovati altri corpi, emerge una teoria bizzarra, sia pur affascinante. Una teoria che riguarda proprio quei cinque sospettati i quali, tanto tempo prima, durante gli anni di scuola, ammaliati dal testo di Süskind, avevano iniziato a riprodurre profumi raccogliendo secrezioni da piante, animali e persino dai propri corpi, attraverso un sistema di bendaggi molto sofisticato. E, proprio allora, un ragazzino scomparve senza lasciare traccia… fino a oggi. Il suo, infatti è uno dei corpi ritrovati dopo la morte di Katharina.
Ma chi è il colpevole? La bellissima Elena Seliger (Natalia Belitski) o suo marito Roman (Ken Duken), il primo a ritrovare il corpo di Katharina (Siri Nase), vicini di casa della defunta e sommersi da segreti e rancori? Oppure il losco Thomas Butsche (Trystan Pütter), proprietario di un bordello senza pochi scrupoli e con un passato di abusi alle spalle? O Moritz de Vries (August Diehl), la “mente” dietro tutte le tecniche di raccolta e riproduzione dei profumi? O il problematico Daniel “Sdentato” Sluiter (Christian Friedel), da sempre innamorato di Elena? Tutti loro sembrano avere un movente, legato al passato che li accomuna e di cui Katharina ha sempre fatto parte, al punto da essere al centro di un gruppo quanto mai eterogeneo e affatto coeso, nonostante le apparenze.
L’ispettrice Nadja Simon (un’ottima Friederike Becht), tanto intuitiva e capace quanto gelida e instabile, torturata dalla relazione clandestina con il procuratore Grünberg (Wotan Wilke Möhring), coadiuvata dai colleghi Matthias Köhler (Juergen Maurer) e Jens Brettschneider (Marc Hosemann), va a fondo di quell’oscura vicenda, incurante dei continui rimproveri del procuratore, sfidandolo ogni volta che ne ha la possibilità, fino a portare a galla fantasmi dal passato capaci, in certi momenti, di arrivare dritti allo stomaco dello spettatore.
Da segnalare anche l’ottima performance di Valerie Stoll nei panni di Elena da giovane, forse, tra tutti, il personaggio più interessante e complesso.
La verità, alla fine, emergerà dall’ombra, trascinando nell’oscurità anche quel poco di immacolato che c’era. Nonostante la stagione possa dirsi chiusa, è ancora possibile che ne arrivi una seconda a chiarire e approfondire alcuni aspetti non del tutto limpidi. Ma va anche detto che, di limpido, in questo ottimo prodotto tedesco, c’è davvero poco, perché tutto appare denso e offuscato come se si guardasse attraverso un vetro sporco.
Quattro coltelli.
(Daniele Picciuti)