La notte del giudizio, di James DeMonaco

Un film che parte da una base intrigante. Cosa fareste se, una notte all’anno, poteste infrangere qualsiasi legge senza essere arrestati? Se rubare, violentare, uccidere, fosse ritenuto “legale”?

Il concept lascia di sasso. Una possibilità del genere appare da subito fuori da ogni logica. Nel film, ambientato ai giorni d’oggi, viene ipotizzato che a un certo punto della storia degli Stati Uniti, la criminalità e la povertà siano state scongiurate attraverso un espediente: consentire, per dodici ore, di dare sfogo ai propri istinti bestiali.

Lo “sfogo”, così viene chiamato, pare consentire alla “civiltà” un benessere continuo durante la vita “normale”. Come se si creasse una sorta di attesa per quell’unica notte in cui tutto è possibile.

Gettate le basi per una storia in grado di reggersi sulle proprie gambe, la pellicola evolve però su binari già visti. Così ci vengono mostrati i vicini invidiosi – e capiamo da subito che prima o poi faranno la loro comparsa (altro che colpo di scena) – la vittima di colore che tutti vogliono uccidere (sprazzi di denuncia sociale ci inondano in molte scene) e i ragazzini viziati che formano un allegro clan di psicopatici in stile Arancia Meccanica.

A fronte di tutto questo, forse soltanto le ultime scene risultano davvero originali e inaspettate – non anticipiamo nulla su questo – che spingono sì a riflettere, pur velate di un certo buonismo, ma lasciano in bocca quel dolceamaro che in certi casi non guasta.

Nel cast, Ethan Hawke, Lena Headey, Rhys Wakefield e Adelaide Kane.

Due coltelli e mezzo.

(Daniele Picciuti)