L’ultimo hacker, di Giovanni Ziccardi

La Grande Rete. Che connette, informa, ecumenizza. Fonte infinita di sapere, di scambio. Novella agorà, novella biblioteca di Alessandria moltiplicata per 1000. Ma contemporaneamente, onnipresente occhio. Su di noi, su quel che facciamo, su quel che diciamo. La Grande Rete è bidirezionale. Non siamo solo noi ad esplorarla. Volendo, può essere anche Lei che ci scruta. In ogni piega della nostra esistenza.

Alessandro Correnti, avvocato penalista, piccolo studio a Milano. Un cane, poco sonno, un mentore forense solenne e pittoresco. Due casi spinosi. Un sospetto di pedopornografia, e una tratta di cuccioli canini dall’Est Europa. Cause complesse, forse perdenti in partenza. Almeno, affidandosi ai metodi tradizionali. Ma Alessandro Correnti ha qualcosa in più. È stato un hacker, tra i più bravi. E capisce che è necessario tornare indietro, rimettersi i panni di talentuoso pirata informatico, Anonimo, spietato, geniale. Quando però il suo antico maestro e compagno di molte battaglie, in Italia per una importante, misteriosa conferenza, subisce un attacco cardiaco, la battaglia si sposta sul piano personale. E non si fanno più sconti.

Giovanni Ziccardi, l’autore, è uno dei massimi esperti di diritto informatico, e si vede. Ci regala un testo interessantissimo, con un colpo di scena a ogni pagina, costruito con piena cognizione degli argomenti trattati. Avvincente, intelligente, originale. E inquietante, a suo modo. Pulito. Limpido, come fosse scritto su quei vecchi display dei PC, a cristalli liquidi, monocolori. Diretto a cuore, stomaco e cervello. E pieno di argomenti su cui ragionare. Nuovi dilemmi, etici e legali, per orizzonti ormai infiniti. Che travalicano luoghi e persone,

Se si accetta con benevolenza un pizzico di autocompiacimento simillarssoniano – il protagonista, troppo perfetto, sembra un po’ una proiezione eroica di quello che vorrebbe essere l’autore, una specie di io ideale –  il libro è davvero ottimo, una piacevole sorpresa. Da non perdere, leggendolo invece di accendere il PC e vagare senza meta per la Grande Rete, quando siete presi dal tedio. O anche quando non ne siete presi. Ne vale la pena. Magari, guardandosi attorno.

 (Giovanni Cattaneo)