Incontro con Alessandra Pepino: il ritorno di Mindy Iannaccone
Primo appuntamento del 2021 con la rubrica Il gatto a nove code. La nostra ospite è, stavolta, Alessandra Pepino, autrice per Nero Press Edizioni di Il burattinaio e Il bambino che aspettava la neve. Alessandra è per autrice navigata, in quanto ha al suo attivo anche una trilogia di romanzi gialli edita da Atmosphere Libri (Cattivi presagi, Il ladro di ricordi e La danza infelice) che vede come protagonista l’ispettore Jacopo Guerra.
Benvenuta Alessandra.
Pronta? Cominciamo.
1. Il concepimento.
D: Come è nato Il bambino che aspettava la neve?
R: Prima di ogni altra cosa, dalla voglia di dare ancora voce al personaggio di Mindy Iannaccone, creato qualche tempo prima, insieme al suo vice Egidio Molinari. L’esperienza de Il burattinaio, per quanto circoscritta, era stata divertente, e mi aveva permesso di fare una nuova incursione nel mondo del giallo, dopo un paio di anni in cui mi ero dedicata ad altro. Per quanto distante da me, come anagrafe, mestiere e caratteristiche fisiche, Mindy racchiude tra le righe del suo carattere alcune delle note – anche le più agrodolci – che riverberano il mio. La sua umanità è venuta fuori subito, ha preso quasi il sopravvento. Sentivo di doverle dare una seconda possibilità.
2. La scrittura.
D: In che modo sei arrivata a dare alla storia la sua struttura definitiva?
R:
Sono partita come sempre da un’immagine spuria: una insolita Napoli imbiancata. La straordinaria nevicata, verificatasi in città tra la fine di febbraio e l’inizio di marzo del 2018, aveva messo in moto dei meccanismi narrativi, rimasti per mesi a lievitare in un angolo della mia mente. Parlare di Napoli non è mai facile: è un terreno battuto, spesso abusato, il rischio di cadere nel luogo comune è dietro ogni angolo. Raccontarla da una nuova prospettiva è stata una sfida. Avevo quindi l’ambientazione e gli attori protagonisti. Mancava ancora la trama, ma anche lì mi è venuto in soccorso un vecchio pallino: era da un po’ che volevo raccontare l’omicidio di una persona anziana. E la solitudine di un bambino. Ho cercato di annodare questi due grandi temi con le vicende private di Mindy, e piano piano ne è venuta fuori una storia unica.
3. I personaggi.
D: Parlaci di come hai gestito i personaggi… o forse loro hanno gestito te?
R: Come da abitudine, ho lasciato ai personaggi un raggio d’azione più ampio possibile. Mi sono fatta prendere per mano, ho dormito al loro fianco, sorseggiato caffè caldo osservandoli in disparte. Tutto quello che avevano da raccontarmi, lo hanno fatto nei momenti di distrazione. A dispetto dei numerosi corsi di scrittura che ho frequentato, in cui si predica la necessità di approntare una scheda minuziosa delle loro caratteristiche prima ancora di metterli su carta, dei miei personaggi, all’inizio so sempre poco o, meglio, so quello che ritengo essenziale. Le sfumature, i dettagli, vengono fuori da soli, di pari passo alla storia che con il loro agire mettono in campo.
4. Autocritica.
D: Se dovessi dare un giudizio al tuo romanzo da lettrice, che giudizio sarebbe?
R: Sono un’ipercritica, fatico quasi sempre a sentirmi pienamente soddisfatta, forse è anche per questo che non rileggo mai quello che ho scritto, una volta pubblicato. Terminata la prima rilettura della bozza, però, mi sono sentita tranquilla: mi era parsa scorrevole, accattivante; se a scriverla fosse stata un estraneo, l’avrei letta con piacere.
Dovessi darmi un voto, sarebbe un 7 di incoraggiamento.
5. Il pubblico.
D: Hai avuto un riscontro critico da parte del pubblico?
R: Sapevo, fin dall’uscita de Il burattinaio, che Mindy era un personaggio dalle grandi potenzialità; confesso che però non speravo in un’accoglienza così calda. Ho ricevuto recensioni importanti, che mi hanno resa orgogliosa, dandomi il più delle volte una lettura inedita di quanto ho scritto. Tutte le volte che qualcuno sceglie di leggere le mie storie, e di spendere qualche parola per commentarle, si rinnova per me un piccolo grande miracolo.
6. L’orrore.
D: Cos’è per te l’orrore?
R: Fino a un anno fa l’avrei associato alla violenza su chi non può difendersi. Oggi lo faccio ancora, tuttavia c’è un riflesso ancora più sottile e trasversale che si fa spazio, e finisce con l’andare a braccetto con la bruttura quotidiana con cui conviviamo: orrore, per me, è anche vivere impantanati in un presente gelido, non poter fare un progetto, galleggiare. Quello cui, nostro malgrado, ci sta costringendo il periodo storico che attraversiamo.
7. Le tue letture.
D: Quali sono i libri o gli autori che ti hanno formato come scrittrice?
R: Italo Calvino, Edgar Allan Poe, Stephen King mi hanno formato, ognuno a suo modo, nell’adolescenza. E ancora, Domenico Starnone e Valeria Parrella nell’età adulta: due rappresentanti su tutti di una scuola napoletana a dir poco straordinaria.
8. Sconsigli da autrice.
D: Hai capito bene. Quali sono i tuoi s-consigli per chi vorrebbe pubblicare per la prima volta?
R: Di sentirsi “arrivati”, un sentimento subdolo troppo spesso associato alla soddisfazione di vedere il proprio nome stampato su una copertina. Di trovare scuse per non leggere: potete esercitarvi e frequentare quante scuole di scrittura vi pare, ma se non dedicate almeno una piccola parte della vostra giornata alla lettura, fate prima ad abbandonare la tastiera. Ultimo, ma non meno importante s-consiglio: credere superflui gli interventi degli editor. Ci sono angoli dove i nostri occhi di autori diventano ciechi; guai a perdere l’opportunità di lasciarli illuminare da chi ne sa, e si trova un passo indietro rispetto a noi.
9. E poi.
D: Quali sono i tuoi progetti futuri?
R: Recuperare la giusta leggerezza per abbandonarmi al foglio bianco. Tornare a muovermi senza impaccio, nella vita di tutti i giorni ma soprattutto tra le parole.
Grazie per il tuo intervento, Alessandra, e in bocca al lupo per tutto.