Ricca da morire, di Brian Azzarello e Victor Santos (Panini Comics)

Riproponiamo, per la nostra “Domenica Vintage” uno dei primi articoli apparsi nella rubrica “From Hell”.

“Dimmi, Pup, hai mai avuto la sensazione che la vita si stia rialzando i pantaloni?”

“Che diavolo vuoi dire?”

“Che abbia finito di cagarti addosso.”

“No. No, mai avuto quella sensazione. E mi spiace per chi può sentirla.”

“Perché?”

“Perché non saprebbe da dove arriva davvero tutta quella merda.”

Richard “Junk” Junkin ha un passato da vincitore. Era la stella del football che non sbagliava una partita, colui che, a detta di tutti, era destinato a grandi cose. E ora, a tre anni dall’infortunio e dalle dicerie su una storia di scommesse che gli rovinarono la carriera, Junk si ritrova a vendere auto, considerato da tutti un perdente nella vita e nel lavoro. Vive nel rimpianto di ciò che ha perso e in attesa dell’occasione di riscattarsi. E un giorno l’occasione arriva. Il capo gli chiede di badare alla bella, ricca e troppo esuberante figlia Victoria, per tenerla lontana dagli scoop dei giornali scandalistici.

È così che Junk si ritrova in un mondo che non è il suo, pur di risalire la china del successo personale. Ma sarà solo una discesa in un gorgo di falsità, raggiri e omicidi.

Chi conosce Brian Azzarello, e magari ha letto il suo 100 Bullets, o il suo ciclo di storie su Hellblazer, dovrebbe conoscere anche la sua capacità di scavare nel marcio dell’animo umano, nonché la sua abilità nel tratteggiare personaggi moralmente ambigui. Ed è proprio nei personaggi, la forza di questo Ricca da morire. Capiamo subito che Junk, il nostro antieroe protagonista, è un ipocrita deluso dalla vita, eppure vediamo che non è cattivo. È per questo che riesce a sorprenderci quando, trascinato dalle circostanze, dall’ambizione e in piccola parte dai sentimenti, vediamo cosa è in grado di fare.

L’ambiguità del personaggio è suggerita anche dai due diminutivi con cui viene chiamato nel corso del libro: “Rich” e “Junk”, in inglese “ricco” e “spazzatura”, da cui anche il gioco di parole nel titolo originale, perso con la traduzione: Filthy Rich, letteralmente “sporco ricco”. Gli altri personaggi non sono da meno. Azzarello mostra un mondo dove tutti sono schiavi dell’ambizione e dell’invidia e l’unica figura positiva della storia viene tradita e abbandonata. In particolare, è un tocco di classe il ritratto dei rivenditori di macchine, che emerge quale categoria di bugiardi pronti a pugnalarsi dietro le spalle l’un l’altro a ogni occasione.

In realtà, il lettore di noir smaliziato, una volta compreso il vero ruolo dei personaggi nella vicenda, non riceverà più particolari sorprese e capirà dove si sta andando a parare. Tuttavia l’autore è capace di costruire una storia a spirale, che parte lenta e finisce per attrarre e risucchiare, non solo il protagonista, ma anche il lettore, in un vortice di bassezze umane.

I disegni di Victor Santos, pur suggerendo uno stile un po’ datato, o forse proprio per questa ragione, rendono al meglio le atmosfere noir del libro, anche grazie ai tagli netti tra luce e ombra.

Un’opera che vale la pena leggere, se non per la storia, almeno per quella sensazione che dà il riconoscersi nelle ambiguità, nelle contraddizioni e nei vizi dei personaggi di Azzarello.

(Marco Battaglia)