Apologia di uomini inutili, di Lorenzo Mazzoni

In un libro tutto è importante. Anche certi particolari, apparentemente non fondamentali. La copertina, il carattere del testo, la denominazione dei capitoli. La prefazione. In questo caso, le citazioni che fanno da  biglietto da visita al testo. E, in questo caso, crepuscolari. Anticipazione della strada che il testo percorrerà, un percorso che può portare solo alla notte.
“Paco” è il tipico avventuriero. In gioventù, nel servizio d’ordine della lotta studentesca del ’68, inizia un’esistenza borderline, tra contrabbando d’alcool e di armi, girovagando fra i posti più infuocati dell’Europa e del Medioriente. Fino a essere reclutato dai “buoni”, come giustiziere anonimo e spietato, atto a eliminare personaggi divenuti scomodi.
“Jerry” è in fuga. Da se stesso e da un amore disperato, non corrisposto. Si esilia volontariamente in un villaggio turistico dell’Egitto, cobaltico luna park per turisti con le pance bianche e flosce.
“M.U.” era un venditore di ferramenta. Metalli per dare stabilità, metalli per fissare. Finché un conoscente occasionale, figlio di una notte troppo alcoolica, gli rivela un abisso. Di abusi e violenze, che compie su bambine di paesi lontani. E “M.U.” lo uccide, seguendo una irresistibile pulsione. Imboccando una strada che non conosce salvezza per l’anima.
Le tre esistenze scorrono quasi parallele. “Paco” è alla ricerca del killer perfetto per l’omicidio perfetto che gli hanno commissionato. Un senza coscienza e senza memoria. “Jerry” vive la sua nuova vita da animatore tra ricordi amari e forzate baldorie. “M.U”., Mauro, nella sua fuga da se stesso e dal gesto che ha compiuto, finisce per nascondersi proprio nel villaggio dove lavora Jerry. In mezzo agli altri vacanzieri, senza mai mescolarcisi fino in fondo. Fin quando compare una donna. A turbarlo ancora di più. A seviziare la sua coscienza già dannata.  E ad attirarlo nella più meschina delle trappole.

Lorenzo Mazzoni, l’autore di questo Apologia di uomini inutili, ha vissuto nel mondo, e si vede. Dà a questo suo romanzo un perfetto taglio fotografico, disegnando scenari dettagliati e curati. E lo stile della narrazione è convincente e amaro, dà una costante sensazione di sconfitta, di disapprovazione verso se stessi, che caratterizza ogni personaggio della vicenda.

Tutti i personaggi sembrano arrivati dove sono quasi per inerzia, senza aver avuto la forza di guidare la loro esistenza su percorsi più nobili. Di contro, il cruccio, il tarlo di chi legge il romanzo è rappresentato dal fatto che, all’inizio, per lunghi tratti non si sa bene dove si andrà a parare. Noir romanzato? Visione da diversa prospettiva dell’Islam? Avventura? Pochissima azione (per fortuna), ma anche pochissimi eventi, e relativamente poca introspezione. Sono forse troppe le pagine impiegate per arrivare al vero senso del racconto, che è proprio l’irreversibilità di certi percorsi, inevitabilmente perdenti. E per arrivare al finale pieno di colpi di scena, fin troppo, certamente un repentino cambio di marcia. In sintesi, una buonissima idea, forse però non sufficiente a farne un buonissimo libro dall’inizio alla fine.
Un testo comunque che, se si superano gli eccessi delle prime pagine, diventa assai godibile e intenso. Per riflettere. Sperando di poter restare nel limbo.

(Giovanni Cattaneo)