Resident Evil Village: La famiglia prima di tutto

Madri snaturate, padri perversi e cucciolate di figli incestuosi che hanno fatto dell’omicidio il loro passatempo preferito. La famiglia degenere è uno dei concept preferiti della cinematografia horror. I malcapitati protagonisti spesso finiscono tra le grinfie di bifolchi assetati di sangue e solitamente attraversano una serie di terribili sevizie fino a che un solo sopravvissuto riesce a sfuggire per poi vendicarsi brutalmente.
Resident Evil 6 aveva esplorato questo concept in chiave videoludica, gettando il povero Ethan (protagonista un po’ anonimo ma funzionale alla deriva “immersiva” di questi nuovi capitoli) in pasto a una famigliola degenere. Il gruppetto di psicopatici però non era tale a causa di forsennate ibridazioni tra consanguinei, ma bensì per colpa delle mutazioni genetiche indotte dalla Umbrella Corporation (multinazionale dedita alla creazione di armi batteriologiche dalle forme più svariate). L’idea dev’essere piaciuta particolarmente in casa Capcom, perché in Resident Evil Village, l’ultimo capitolo della saga, viene riproposta in una versione espansa.
Ethan si ritrova suo malgrado a essere coinvolto nuovamente nei limacciosi e purulenti affari della Umbrella e a dover combattere contro una famiglia di mostruosità assortite nella speranza di ritrovare figlia e moglie. Questa volta però le bio-armi virulente della saga si discostano il quanto più possibile dai soliti zombie, tanto che se non fosse per gli esili fili di collegamento che si colgono di tanto in tanto, si potrebbe pensare di trovarsi dentro una storia gothic horror, soprattutto nelle prime fasi, quando il protagonista emerge da una foresta innevata per contemplare un castello che non avrebbe nulla da invidiare a quello dell’impalatore transilvano. Esplorandolo, scoprirà che lo sfarzoso maniero è abitato da Lady Dimitrescu, una gigantessa vampira, e dalle sue tre figlie. Le quattro dame si frappongono tra lui e degli indizi sulla scomparsa della sua famiglia.
Quello che all’inizio può sembrare il fulcro del gioco si rivela ben presto solo un’introduzione, infatti Lady Dimitrescu è a sua volta solo uno dei cinque membri della famiglia mostruosa che andremo ad affrontare, e il castello è solo la prima delle varie aree che potremo esplorare.
Muovendoci per il villaggio fatiscente che collega le varie aree raggiungeremo dapprima la magione di Donna Beneviento, un’amabile vecchina vestita a lutto che parrebbe inoffensiva se non fosse per la bambola inquietante che parla e le vola a fianco. Nella tetra casetta in cui la vedova vive ci ritroveremo circondati da decine di diaboliche sorelle della bambolina sopracitata. Questa parte del gioco punta sul farci risolvere puzzle più che farci sterminare mostruosità assortite e gioca con i nostri nervi in una sorta di escape room in cui è sul piatto la nostra vita.
Il terzo membro della famiglia è Salvatore Moreau (nel nome, la citazione dello scienziato pazzo Moreau, protagonista del famoso romanzo di H.G. Wells L’isola del dottor Moreau, non è a caso), una sorta di uomo-pesce goffo e disgustoso che dapprima tenterà di imprigionarci nelle sue secrezioni mucose (giuro, succede davvero) e poi ci costringerà ad affrontare un pericoloso labirinto fatto di piattaforme galleggianti. Nel mentre lui, trasformato in un enorme e tentacoloso ibrido uomo-pesce, tenterà di ingoiarci a più riprese. Come in ogni Resident Evil che si rispetti, solo una generosa dose di piombo porterà la creatura a lasciarci in pace.
Il penultimo avversario sarà invece Karl Heisenberg, un umano carismatico (l’unico quasi sano della famigliola degenere) con la capacità di manipolare il metallo. Il Boss di quest’ultima area ci permetterà di affrontarlo solo dopo aver massacrato numerose delle sue creazioni in stile cyberpunk. È questa la fase in cui il gameplay in modalità sparatutto prende il sopravvento e Resident Evil Village tenta di giocare qualche carta innovativa sotto il profilo dell’ambientazione. Gli zombie semi-robotici e i poteri di Heisenberg, che sembrano usciti più da un film degli X-man che da uno dei precedenti capitoli della saga, sono molto distanti da quanto visto finora. I puristi che ancora reclamano le atmosfere dei primi tre episodi potrebbero protestare, anzi lo faranno sicuramente, ma onestamente trovo giusto che la saga provi a svecchiarsi e a esplorare nuovi orizzonti.
Se vogliamo muovere una critica possiamo dire che, forse, il team creativo dietro a questo gioco si è impegnato troppo sul design della famiglia trascurando i nemici comuni che abbatteremo a centinaia durante le nostre peregrinazioni. Esseri poco spaventosi e poco vari, apparentemente frutto di una clonazione su larga scala.
Lo scontro finale contro Madre Miranda, la capostipite della famigliola, è un altro momento che dimostra la voglia di Capcom di esplorare nuovi territori. La malvagia boss finale, infatti, non sfigurerebbe come personaggio di un Final Fantasy e usa poteri che hanno molto poco dello scientifico e molto del magico. Splendidi da guardare, innovativi, ma senz’altro poco coerenti con il resto del worldbuilding.
Infine, se vogliamo sottolineare un ultimo difetto, potremmo parlare del protagonista. In un gioco che cerca di immergerci il più impossibile in un’ambientazione realistica e accuratamente realizzata in ogni particolare, con lo scopo ben preciso di scatenare in noi altrettanto reali reazioni di paura, dover interpretare un personaggio che affronta con uno stoicismo e una pacatezza soprannaturali qualsiasi tipo di mostro e sciagura gli capitino addosso spezza non poco l’immersività dell’esperienza. Sarà una scelta voluta? Forse, ma non l’ho trovata azzeccata.
C’è da dire che sul fronte narrativo Resident Evil Village zoppica un po’. Spesso le scelte di gameplay forzano la storia su binari poco logici. Un esempio su tutti: perché nemici fortissimi, e dotati di poteri soverchianti, attendono così tanto per provare a uccidere l’eroe quando hanno numerose occasioni per farlo fuori? Semplice, perché altrimenti il gioco finirebbe troppo presto, però non si può fare a meno di domandarselo.
Detto questo, il gameplay è strutturato ottimamente, diverte e mantiene sempre alto l’interesse inserendo variazioni e nuovi elementi con una cadenza quasi perfetta. Questo capitolo si rivela godibile sia dai fan della saga poco schizzinosi, sia da chi ha voglia di un gioco ad alto tasso di adrenalina e capace di mutare più volte senza mai annoiare.
(Daniele Tredici)