Dante’s Inferno: il videogame
È sempre stato difficile creare un accostamento vincente tra un libro e un film, come d’altronde lo è sempre stato tra un libro e un gioco. Su questo filone sono state molte le offerte videoludiche in stile horror che si sono basate su questo parallelo e quella che andremo a trattare in questo articolo riprende un’opera che abbiamo odiato (o amato) a scuola fin dall’adolescenza, ovvero la Divina Commedia di Dante Alighieri.
È proprio in questo contesto, un po’ cambiato, certo, per renderlo più appetibile per un gioco, che veniamo catapultati dentro Dante’s Inferno, titolo di punta del lontano 2010 uscito per console e sviluppato da Visceral Game, etichetta che ha tirato fuori un’altra grandissima offerta videoludica di stampo horror che molti conosceranno, ovvero Dead Space. Tornando all’inferno, il giocatore si troverà ad impersonare proprio Dante che, però, in questo adattamento, veste i panni di un cavaliere che ha lasciato a casa l’amata (sempre Beatrice, non preoccupatevi) per affrontare le crociate in nome della chiesa, ovviamente promettendo alla povera ingenua che sarebbe stato sempre fedele a lei e alla sua causa. Stessa cosa farà lei, scommettendo il tutto per tutto con un giocatore poco rassicurante (parliamo di Lucifero) che il suo amato Dante manterrà la promessa fatta.
I presupposti, quindi, ci sono tutti. Peccato però che Dante non manterrà proprio nulla e, “nel mezzo del cammin di nostra vita” (verso casa), troverà la propria dimora depredata e Beatrice morente, contenta di vedere per un’ultima volta il suo amato. Esalato l’ultimo respiro, però, ci troveremo davanti a un Lucifero decisamente soddisfatto e pronto a reclamare l’anima della bella in cambio della scommessa vinta. Riuscirà il nostro eroe a salvare la sua amata? Questo ve lo lasciamo scoprire da soli, mentre noi sottolineeremo gli aspetti più riusciti da un punto di vista horror.
Una serie di complimenti va fatta inizialmente per il gruppo produttore che è riuscito a tirar fuori una proposta videoludica degna di nota, non solo per le ambientazioni ma anche per l’incredibile pathos che viene trasmesso al giocatore durante tutto lo svolgimento del gioco. Vengono toccati quelli che sono i gironi principali dell’inferno dantesco, incontrando inoltre alcuni dei personaggi principali di cui abbiamo tanto sentito parlare, tutti ridisegnati in uno stile dark che trasuda corruzione a ogni nostro passo incerto. Un inferno fiammeggiante che ulula a ogni angolo, concedendoci il suono dei lamenti dei dannati in quasi ogni sessione di questo baratro senza fine, regalandoci inoltre un mondo con luoghi adattati fedelmente al girone che esploreremo. Ogni luogo ci consuma e ci violenta con la sua natura, che riprende nei punti chiave quella che è stata la storia del personaggio fino a questo momento, mostrandoci a 360 gradi un eroe torturato dalle sue stesse scelte, che come catene non fanno altro che affondarlo nel sangue e nella rabbia, unica fonte di potere in questo mondo dove il personaggio viene volutamente rimpicciolito, ridotto all’osso e reso impotente mentalmente davanti a un mondo molto più grande di lui.
Perfino i vari “boss” incontrati sottolineano questo aspetto, visto che sono sempre più imponenti del protagonista e solitamente più forti. Proprio perché la mente vince sul corpo, è compito del giocatore non farsi distrarre da questi diavoli tentatori, e usare ogni possibile tattica per vincere un nemico altrimenti molto più forte di noi. Visceral vuole coinvolgere il giocatore, plasmarlo sulla figura di Dante e tormentarlo allo stesso modo, a volte con scene forti e ricche di pathos. Mai più veritiera ci risulta la frase sulla porta fatta di nuda pietra che recita, a caratteri ben chiari “lasciate ogni speranza o voi che entrate” proprio per separare l’uomo dall’unico strumento che può tenerlo in vita, che gli permette di andare avanti.
Entrare nella cerchia degli Avari – che sembra costruita sulle basi di una natura meccanica che ricorda i processi contorti del vile denaro – oppure nella cerchia dei Golosi – che ci fa immergere in un grande stomaco pulsante pronto a vomitarci contro mostri dalla mole eccessiva, perfettamente accostati a un girone di questo tipo – ci fa sentire ancor più questo peso, ricordandoci nel corso del gioco che la nostra è una “discesa” verso l’oscurità totale, senza darci il minimo sentore di un possibile ritorno.
Per noi il viaggio è estremamente consigliato, soprattutto per il fatto che quest’avventura alimenta quelle che sono per noi le paure più radicate nel nostro inconscio, come in questo caso la paura della morte o semplicemente la paura di un qualcosa al di là della vita, elemento cardine di un personaggio che combatte dei demoni che rappresentano la sua stessa coscienza, pronto a terminare un viaggio per salvare un anima pura corrotta solamente dagli errori di un altro, quindi non meritevole di un destino tanto oscuro quanto doloroso. Cari amanti dell’horror, vi auguriamo buon viaggio.
(Simone Rampazzi)