Demons and Wizards — Bardi delle Tenebre

Tutti coloro che amano il fantasy e il metal non possono che trovare un perfetto connubio di queste due espressioni artistiche nella musica dei Blind Guardian. La band tedesca, fin dagli albori, ha saputo mescolare questi due mondi in maniera magistrale, dando vita ad album che, mescolando atmosfere medievaleggianti con l’imponenza sonora del power metal, hanno tradotto in musica svariate storie di stampo fantastico: da Lewis a Jordan, da Tolkien a Frank Herbert, dai miti greci al ciclo arturiano. Per non dilungarci citeremo un solo esempio su tutti: l’album Nightfall in the Middle Earth, un’epica metal-opera che ripercorre la storia del Silmarillion.
Ma perché tutto questo preambolo sui Blind Guardian in un articolo che dovrebbe parlare dei Demons and Wizards? Semplice, perché Hansi Kursch, il cantante dei bardi teutonici, è anche il cantante del progetto Demons and Wizards, che può essere a tutti gli effetti considerato una costola dei Blind Guardian, in quanto esplora lo stesso genere, ma lo fa unendo le forze con un’altra storica band che da anni milita tra le file delle più grandi del power metal, ovvero gli Iced Earth. Il chitarrista Jon Schaffer è difatti l’altra metà del progetto, in veste di compositore e chitarrista.
La musica del duo esplora e scava tra gli anfratti delle emozioni più sinistre dell’animo umano, raccontandole attraverso delle storie e accompagnandole con melodie tetre, struggenti o di grande potenza, a seconda della necessità. Il loro sound acquista così una sua autorialità, contraddistinguendosi dalle decine di band clone che infestano questo genere musicale. La band ha all’attivo tre album e in questo articolo parleremo dei brani salienti dei primi due. L’ultimo infatti è, ahimè, fantasioso e degno d’attenzione quanto il suo titolo, ovvero III.
I DW esordiscono nel 2000 con Demons and Wizards (No, non hanno proprio fantasia con i titoli, ma compensano con il resto, quindi… poco male). L’album si apre con il riff rovente di Haven Denies, che introduce l’atmosfera graffiante e oscura che contraddistinguerà l’intero lavoro. La caduta di Satana dal paradiso negli antri più oscuri dell’inferno è perfettamente interpretata da Hansi, che cavalca le ritmiche rapidissime precipitando in un finale che riecheggia solenne recitando: “La speranza si trasforma in disperazione / Non c’è nessuno in queste terre desolate / Il desiderio della luce / sono certo che svanirà”. Una frase simbolo che rappresenta perfettamente il mood dell’intero disco.
Fiddler on the Green è, a mio parere, il brano migliore di tutta la discografia della band. Una ballata ricamata su un arpeggio di chitarra dolce e inquietante quanto il racconto che la sempre superba voce di Hansi narra, alternando tra note più basse e più acute fino a che la strofa si scioglie in un accompagnamento di chitarra cristallino. Il violinista di cui parla la canzone, come suggerisce anche la copertina dell’album, è un portatore di morte. Infatti, nel folklore del centro Europa, esiste un’associazione tra il diavolo, in veste di mietitore, e lo strumento del violino. La seconda strofa esplode con la chitarra elettrica e la voce sostenuta dai cori si arrampica su un acuto vertiginoso unendosi al solo di chitarra e proseguendo la splendida melodia in un finale perfetto. Nella storia raccontata tra le strofe il violinista/mietitore ci confessa di aver commesso un errore: ha preso la vita di un bambino prima che venisse il suo tempo e nel tentativo di rimediare si rivolge a una bambina, quella che sarebbe diventata l’anima gemella del defunto, chiedendole di poter prendere anche la sua vita, così da riunire i due in un eterno oblio. “L’ho portato via troppo presto / ti dispiacerebbe se prendessi anche te?”
Il disco si conclude con My Last Sunrise, un altro capolavoro dalle melodie ipnotiche che esplodono in repentine staffilate di rabbia in cui voce e chitarra si sposano perfettamente dando corpo a torbide ombre. Un brano che trasuda misticismo con il suo testo enigmatico che sembra alludere agli ultimi momenti di vita di Gesù, ma che potrebbe anche essere un simbolo della morte della fede, o della resa di fronte al dolore. Questa è una peculiarità della band, trarre spunto dalle grandi storie dei temi universali e intessere liriche in cui il citazionismo diventa poesia e dà vita a brani dal grande impatto emotivo.
Il secondo disco esce cinque anni dopo e s’intitola: Touch by the Crimson King. Questo lavoro rientra di più nel solco già tracciato dai Blind Guardian, attingendo a piene mani alla letteratura per infondere ispirazione nei brani. Infatti, a parte Benath This Wave – che è uno splendido omaggio a Moby Dick – e Dorian – dedicata a Il Ritratto di Dorian Gray – il resto del disco si occupa esclusivamente della saga de La Torre Nera di Stephen King.
Avete presente le rare volte in cui guardando un film ritrovate riprodotte alla perfezione le atmosfere del libro da cui è stato tratto? Bene, questo disco è riuscito a fare la stessa cosa, ricreando in forma musicale lo stesso mood che si respira tra le pagine della saga dark fantasy del Re. In alcuni brani, come Love’s Tragedy Asunder, echi di un episodio dei libri vengono usati per parlare di temi più universali. In questo caso della perdita di una persona amata. Il brano inizia come una ballata straziante e delicata, “Sfiorami mentre raggiungiamo la fine/ mia cara dove sei ora”, che si trasforma in un solido brano heavy, mantenendo una trama d’incanto e malinconia.
Altri brani, come Touch by the Crimson King, sono più direttamente correlati alla saga. Cori epici, quasi celestiali, vanno a incarnare alla perfezione la figura mistica dell’Uomo in Nero e la sua alleanza con il Re Rosso, villain della saga a metà tra divinità e mostro. Ascoltando il trascinante ritornello sembra quasi di trovarsi al cospetto della Torre Nera, a contemplare il proprio destino e quello del cosmo. Seize the day invece ci fa assaporare i paesaggi sconfinati di tutti i viaggi epici, non solo quello che compie il pistolero Roland, ma anche quello di Frodo verso il monte Fato, viaggi guidati dalla tenacia dell’eroe che non si fermerà mai a dispetto delle avversità che dovrà affrontare. Questa canzone riesce, quasi magicamente, a ricreare proprio questo complesso sentimento.
E parlando di magia non posso non citare Wicked Witch, omaggio alla strega de Il Mago di Oz, ma allo stesso tempo anche alla strega Rhea della Torre Nera. Le strofe di questa ballata sono in bilico tra lo stupore, il dolore e la gioia per la scomparsa di qualcosa di potente e antico, la fine di un’era non può mai essere presa alla leggera e nella voce grave di Hansi che recita “La strega malvagia è morta” sembra esserci proprio questa consapevolezza.
Nel 2020, a distanza di quindici anni da questi due dischi, il duo prova a riprendere da dove aveva lasciato, ma come detto sopra il risultato è davvero poco degno di nota e il passo falso viene seguito da una notizia piuttosto tragi-comica. Jon Schaffer, chitarrista dei DW, e difatti rimasto coinvolto negli eventi di inizio 2021 riguardanti l’assalto a Capitol Hill e, in seguito a questi, arrestato. Difficilmente uscirà dalla situazione sgradevole in cui si è cacciato e, con molta probabilità, ciò causerà lo scioglimento definitivo di entrambe le sue band. Un evento assurdo, che ci ricorda, nel caso ce ne fosse bisogno, che è sempre meglio separare il valore di un’artista da ciò che fa e pensa nella sua vita privata.

(Daniele Tredici)