locandinaTitolo: The Void
Regia: Steven Kostanski, Jeremy Gillespie
Genere: horror, fantastico
Anno: 2016
Attori: Aaron Poole (Daniel Carter); Kenneth Welsh (Richard Powell); Daniel Fathers (il padre/Vincent); Kathleen Munroe (Allison Fraser); Ellen Wong (Kim); Mik Byskov (il figlio/Simon); Evan Stern (James).

Trama

Un poliziotto di pattuglia di notte nei pressi di una delle zone più soporifere della Terra vede spuntare dal bosco un ragazzo coperto di sangue e spaventatissimo. Dopo la corsa verso la piccola clinica locale dove lavora come infermiera anche l’ex moglie, l’agente si ritrova in una situazione da incubo. L’edificio viene circondato da strani personaggi incappucciati, pronti ad accoltellare chiunque lo abbandoni. Anche al suo interno cominciano a verificarsi episodi raccapriccianti, mettendo a dura prova le capacità di sopravvivenza dei protagonisti.

La recensione di Nero Cafè

Anche questo film, come molti altri su cui ho espresso la mia opinione per Nero Cafè, mi è stato consigliato. Confesso, senza vergogna, di averlo guardato, almeno all’inizio, con parecchi indugi e il naso storto. Eppure, qualcosa mi ha catturata…

La regia forse non è eccelsa e pecca più volte di inesperienza, tuttavia ho trovato alcune inquadrature molto belle e ho apprezzato tantissimo i giochi di luci che caratterizzano determinati momenti del film, creando la giusta inquietudine e atmosfera. Il ritmo della narrazione ricalca, più o meno, lo schema classico dei film horror anni ʼ80: parte in sordina, per poi sfociare in una concatenazione serrata di eventi. La sceneggiatura, di per sé, è nella sufficienza: la trama non apporta innovazioni particolari né tratta temi “alti”, al contrario ricalca gli stereotipi del genere. I dialoghi sono coerenti con i personaggi, seppur tendono, a volte, a risultare banali. I personaggi risultano diversificati tra loro, ma non brillano per spessore psicologico e questo li rende, purtroppo, abbastanza piatti. Il punto forte del film, però, sono gli ambienti: seppur la maggior parte delle riprese sono in interni, queste sono claustrofobiche e angoscianti quanto basta. Doppiaggio accettabile.
Le performance degli attori protagonisti e non protagonisti non mi hanno convinta del tutto; hanno il sentore di interpretazioni un po’ forzate, in particolar modo quella del protagonista, Daniel Carter (interpretato da Aaron Poole). I costumi sono consoni all’ambientazione e ho trovato una colonna sonora di pregio, che si sposa perfettamente con lo stile e col genere proposto da Kostanski e Gillespie.

the-voidThe Void non è un capolavoro e non è nemmeno la pellicola horror moderna più ben riuscita, a causa di pecche non trascurabili (la regia, come già detto, non brilla per esperienza; la sceneggiatura presenta alcuni buchi che, purtroppo, inficiano l’elaborato) e la più grande di tutte è un senso di incompletezza che attanaglia lo spettatore al termine del film; subito non capisci di cosa si tratta e ti focalizzi sull’ultima immagine del film (peraltro, molto bella ed evocativa), ma ragionando capisci che quella brutta sensazione che provi sono i particolari cui il regista e il direttore alla regia non hanno fatto caso, quelle mancanze, quel quid che avrebbero davvero potuto (e dovuto) fare la differenza. Questo stato d’animo, però, deriva da un fatto innegabile: The Void è un film che entra nel cuore del pubblico appassionato di horror anni ʼ80.
Perché? Perché è una pellicola che vuole omaggiare i film dell’epoca, pur non riuscendo a raggiungerne i livelli qualitativi, complice anche un finale un po’ frettoloso. Eppure, sparsi in tutta la pellicola, ci sono guizzi di pura genialità e le atmosfere fanno il loro sporco lavoro. Inoltre… be’, può un’amante di Lovecraft come la sottoscritta non cogliere i riferimenti all’autore, alle sue creature tentacolari, agli orrori che “nessuna penna potrà mai descrivere” e, soprattutto, al concetto spaventoso e imponderabile del Nulla cosmico? La risposta è no: un’appassionata di film horror anni ʼ80 e storie lovecraftiane non può non apprezzare la pellicola. C’è un però e questo sono riuscita a focalizzarlo dopo un po’, analizzando a sangue freddo alcune scene: il lungometraggio non è solo un omaggio agli horror anni ʼ80, ma infarcisce la trama di citazioni e riproduzioni (ripeto, non ai livelli) di quelli che sono indiscutibilmente mostri sacri del cinema di genere, risultando un po’ eccessivo e, ribadisco, non all’altezza.
Ma cos’è che rende questo film un gioiellino, oltre al retrogusto nostalgico che invade gola e mente di chi lo guarda? La scelta coraggiosissima e non facile della produzione di limitare a zero (o quasi) l’utilizzo della computer grafica. Gli effetti speciali splatter e gore (che, credetemi, abbondano) sono realizzati interamente con metodo tradizionale e ben si sposano, appunto, con la volontà di registi e sceneggiatori di far rivivere le pellicole dei tempi passati. L’utilizzo della computer grafica, invece, è limitata in pratica alla sola scena finale, avente un che di meraviglioso e al contempo terribile.

La valutazione è difficile. La pellicola ha magagne, tante, l’ho detto prima. Eppure mi è entrata dentro, facendomi rivivere la follia di Lovecraft (uno degli autori che amo di più al mondo) e il fascino dei film dei tempi che furono. Inoltre, non bisogna dimenticare che si tratta di una pellicola low budget la quale, nel contesto, risulta nettamente superiore ad altre ben più costose.
Forse, razionalizzando il tutto, The Void meriterebbe mezza stella in meno (di poco superiore alla media generale dei film horror), però, signori, io l’ho sentito troppo mio. O, forse, io troppo sua.

Valutazione: tre coltelli e mezzo.

(Tatiana Sabina Meloni)

terzo-occhiop-tre-coltellimezzo