The lair, di Neil Marshall

Neil Marshall è un regista con all’attivo grandi pellicole, dal terrificante Descent (2005) al più recente Hellboy (2019), passando per la regia di alcune puntate delle serie tv più acclamate, come Il trono di spade, Black Sails, Westworld e altre ancora. Di lui si può dire tutto, quindi, ma non che non sia un regista navigato. L’horror, inoltre, sembra essere un po’ il suo ambiente naturale, visto che ha all’attivo altri film del genere.

Charlotte Kirk (The Reckoning), protagonista di The Lair, e compagna di Marshall nella vita reale, si cala nella parte del Capitano Sinclair con piglio deciso, sulla falsa riga di quella Ripley di Alien – anzi, vista l’ambientazione militare, è più appropriato citare Aliens: scontro finale – naturalmente inarrivabile, ma che sembra un po’ il punto ideale di arrivo del suo personaggio. D’altronde siamo in un survival horror a sfondo fantascientifico, anche se l’azione non si svolge su un’astronave, bensì sulla Terra, in parte nel deserto dell’Afghanistan (scene girate ovviamente altrove), in parte in un bunker sotterraneo dove i soliti russi cattivi facevano orrendi esperimenti sugli esseri umani.

Ma forse stiamo correndo troppo. La trama, in soldoni, racconta di come un avamposto americano si trovi a lottare per la sopravvivenza quando una serie di creature mostruose fugge da un bunker segreto russo e se ne va in cerca di sangue e carne umana. A dar man forte agli americani ci sono appunto il Capitano Sainclair, scampata all’abbattimento del suo caccia da parte di forze ribelli locali, e una task force inglese stanziata nella stessa zona.

Il film, in sé, non offre molte novità rispetto al canone del genere, e la sceneggiatura stessa non brilla certo per originalità, ma l’impressione che se ne ha, alla fine, è quella di una pellicola volutamente girata al solo scopo di intrattenere uno spettatore abituato ai survival. Ciò che avviene è più o meno ciò che ci si aspetta. Alla fine, a sopravvivere, sono sempre uno, due o tre personaggi, o magari nessuno, è davvero molto raro che si esuli da questi numeri. The lair non fa eccezione.

Le creature che i nostri si trovano ad affrontare hanno fattezze che ricordano un po’ l’alieno di Venom, ma hanno alcune caratteristiche interessanti, di cui non parleremo per non fare spoiler. Il maggiore Roy Finch (interpretato da Jamie Bamber) con quella benda sull’occhio e la voce roca non può non far pensare allo Jena Plissken di 1997 Fuga da New York. Ed ecco che ci troviamo di fronte a un’altra citazione e allora appare chiaro che un po’ tutta la pellicola gioca con questo, con gli stereotipi del genere e rendendo omaggio a film che sono ormai diventati di culto. Tra gli interpreti segnaliamo Jonathan Howard (Skylines), Leon Ockenden  (The Reckoning) Mark Strepan (New Blood).

La recitazione è sufficientemente credibile e il tempo della storia non viene compromesso da eccessiva fretta come spesso accade in pellicole di serie B. Sebbene non si possa dire che i personaggi principali vengano approfonditi chissà quanto, la regia rispetta lo spettatore, dandogli modo di conoscerli un po’ e, soprattutto, di apprendere notizie circa il bunker e le creature a poco a poco, senza alcuno spiegone che potrebbe infastidire la visione.

E allora, vi domanderete, il film vale la pena vederlo o no? La risposta non può essere univoca.

Se vi gustano i survival horror, le scene claustrofobiche, notturne, con luci rosse, verdi o al neon in cui si muovono creature mostruose pronte ad azzannarvi la testa, il film non vi deluderà. Marshall riesce comunque a inserire, nella sceneggiatura scritta a quattro mani con la stessa Kirk, una spiegazione abbastanza credibile del come e del perché vi sia un bunker russo in Afghanistan con quelle creature dentro. Niente di eccezionale, ma dà coerenza al tutto. Se però cercate qualcosa di più profondo, psicologico, che non sia troppo una “americanata” (perché un po’ lo è, sebbene si tratti di una cooperazione tra case di produzione di nazionalità inglese, ungherese e finlandese, oltre che americana) allora potete tranquillamente saltarne la visione.

Tre coltelli

(Daniele Picciuti)