Cacao City, di Antonietta Usardi

Titolo: Cacao city
Autore: Antonietta Usardi
Editore: Dalia Edizioni
Anno: 2015
Pagine: 270
Prezzo: 14,00 euro in formato cartaceo – 4,99 euro in formato digitale su Amazon store

Sinossi

In una Milano distopica e contemporanea, il cacao è la droga preferita dagli anziani e spopola, fatale, in case di riposo e circoli ricreativi. Delizia, addetta agli abbracci in un megastore del centro, e suo fratello Claude, poliziotto, cercano disperatamente per la città i nonni Belinda e Costante, fuggiti da un centro di disintossicazione. Li segue Robespierre, giornalista con la vocazione del cronista d’assalto, disgraziatamente impiegato al Gazzettino delle Buone Notizie. Traffici illeciti, omicidi e misteriose sparizioni: nulla è ciò che sembra sotto le oscure luci di Chinatown. Chi ha portato il cacao in città? Perché Belinda e Costante, rapinatori di professione in gioventù, sono in fuga con tutta la vecchia banda?

La recensione di Nero Cafè

“I cacao party sono il suo incubo peggiore, sono difficili da individuare, in località spesso disabitate e senza alcuna possibilità di aiuto medico immediato in caso di problemi. E così, senza alcuna supervisione, questi vecchi sconsiderati passano la notte a spararsi Raul Casadei a tutto volume e a ingurgitare cioccolato fino a collassare.”

Secondo recenti statistiche della Ipsad, due sono le droghe più consumate in Italia: la cannabis e la cocaina, che salgono su di un ben triste podio e precedono – seppur per un soffio – l’eroina. Entrambe le droghe, nel nostro Paese, vengono consumate per lo più dagli under 35, dalla fascia di età che va, quindi, dai 15 ai 34 anni.
Questa è la situazione attuale, certo.
Cosa succederebbe, invece, se la vera e terribile piaga diventasse il… cacao? Oh, chi scrive certamente ne sa qualcosa, giacché proprio in questi giorni è a dieta a causa di un consumo eccessivo e sconsiderato di cioccolato. No, non scherzo affatto. Un forte periodo di stress mi ha portato a gettarmi testa china sul cioccolato, arrivando a cibarmi quasi esclusivamente di questo ingrediente che, in effetti, stupefacente lo è. Non solo rallenta l’invecchiamento cellulare, non solo è capace di aumentare la concentrazione, ma è anche capace (e qui vi voglio) di migliorare l’umore grazie alla serotonina che contiene.
Ed ecco che la Usardi sfrutta queste caratteristiche ben conosciute e immagina e dipinge una Milano molto molto noir, psichedelica nei suoi colori e nei suoi personaggi; una Milano inedita e straniante nella quale il vero problema sono loro: gli anziani. Arzilli vecchietti che, come tossici all’altezza de Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino, si appiattiscono lungo le ombre di una città disperata e un poco perduta per farsi di cacao. E li capisco, eccome se li capisco.
Tuttavia, nulla si può fare se non ricoverare questi anziani tossici in costose cliniche di riabilitazione che si pongono come obiettivo la disintossicazione dal cacao.
La situazione, nonostante l’impegno delle forze dell’ordine, tende a sfuggire di mano. I trafficanti sono sempre più agguerriti e il cacao in Italia riesce a entrare comunque e dovunque. Non ci sono controlli che tengano. Le cliniche sono strapiene.
Anche i nonni di Delizia e Claude sono in una clinica. Erano, anzi, perché attualmente risultano dispersi. Sono fuggiti. Ancora.
I due nipoti, che tanto devono a questi due incredibili vecchietti dall’improbabile passato malavitoso, non possono fare altro che mettersi sulle loro tracce. Perché sono fuggiti? Perché assieme a loro ci sono tutti quelli della loro vecchia banda? Saranno scappati in cerca di un futuro migliore al gusto di cacao o avranno in mente qualcosa di più complesso e macchinoso?
Un po’ Ocean eleven, un po’ Last vegas (divertente film con Freeman, Douglas, Kline e De Niro del 2013), Cacao city ha davvero qualcosa di onirico e sorprendente, trovate davvero geniali e rare nella loro nella loro divertente follia ma, a balzelli, risente di una trama che per essere seguita richiede massima concentrazione e di una parte centrale che avrebbe potuto forse essere sfoltita per dare un ritmo ancora più fluido al romanzo e sciogliere magari qualche incertezza.
Il romanzo, una sorta di ironic noir, ha una prosa veloce e sincopata grazie alla quale l’autrice diventa una sorta di menestrello buffo alle prese con una storia profumata e ghiotta certamente, ma anche sinistra e piena di inghippi, sotterfugi, alleanze e silenzi; un menestrello che si insinua nelle ombre della città con maestria e con un sorriso che sempre più, pagina dopo pagina, muta in ghigno.
Perché le cose orrende possono accadere anche in un mondo invaso dal cacao.
Consigliato a tutti gli amanti dei noir e a tutti coloro che, in cambio di una tavoletta di cioccolato, farebbero qualunque cosa.
Leggete senza sosta, ma consumate cacao responsabilmente.
Non si sa mai.

(Caterina Bovoli)

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