Donato Carrisi e l’ipotesi del male
Titolo: L’ipotesi del male
Autore: Donato Carrisi
Editore: Longanesi
Anno: 2013
Prezzo: 18,60 euro
Sinossi:
C’è una sensazione che tutti, prima o poi, abbiamo provato nella vita: il desiderio di sparire. Di fuggire da tutto. Di lasciarci ogni cosa alle spalle. Ma per alcuni non è solo un pensiero passeggero. Diviene un’ossessione che li divora e li inghiotte. Queste persone spariscono nel buio. Nessuno sa perché. Mila Vasquez invece è circondata dai loro sguardi. Ogni volta che mette piede nell’ufficio persone scomparse dove lavora, centinaia di occhi la fissano dalle pareti della stanza dei passi perduti, ricoperte di fotografie. Per lei, è impossibile dimenticare chi è svanito nel nulla. Forse per questo Mila è la migliore in ciò che fa: dare la caccia a quelli che il mondo ha dimenticato. Ma se d’improvviso alcuni scomparsi tornassero con intenzioni oscure? Sembrano identici a prima, questi scomparsi, ma il male li ha cambiati. Alla domanda su chi li ha presi, se ne aggiungono altre. Dove sono stati tutto questo tempo? E perché sono tornati?
La recensione di Nero Cafè:
L’ipotesi del male, infatti, recita: “Il bene di alcuni coincide sempre con il male di altri, ma è valido anche il contrario.”
È un po’ come affermare che facendo del male si può anche fare del bene, e che per fare del bene a volte è necessario fare del male.
Le recensioni in merito a questo romanzo sono varie e variegate. Su una cosa sono assolutamente d’accordo: molto, troppo caos.
È pur vero che ultimamente ho lasciato l’horror e il thriller per dedicarmi ad altro, e dunque la mia mente potrebbe aver perso (momentaneamente, beninteso) elasticità, ma ho tirato un grosso sospiro di sollievo nell’apprendere che altri lettori, oltre alla sottoscritta, hanno giudicato che le tante – troppe! – informazioni che Carrisi offre al lettore, rischiano di diventare confusive.
Altro elemento che continuo a mal sopportare è la presenza di protagonisti (quasi sempre donne, chissà perché) un po’ deboli, problematici, pieni di dolori mai risolti. Mi piacerebbe incontrare nelle mie letture thriller qualcuno con la testa sulle spalle. Mila Vasquez avrà anche sofferto molto (viene dalla precedente avventura del romanzo Il suggeritore (da Nero Cafè recensito qui) e non ne è – evidentemente – uscita benissimo) ma, da lettrice donna, mi aspetterei qualcosa di più e di diverso (non aggiungo altro per non spoilerare).
Simon Berish, affascinante poliziotto reietto che aiuta Mila nell’indagine, di contro, è un personaggio che ho amato moltissimo. È lui che avrei voluto come vero e forse unico protagonista, così onesto, saldo e sicuro pur nelle sue debolezze di uomo.
Ma è il ritmo dell’azione, così ipnotico e coinvolgente, a tenerci attaccati alle pagine anche quando il buonsenso ci direbbe di spegnere la luce e andare a dormire.
Mai, mai, mai siamo lasciati soli.
Mai, mai, mai ci annoiamo.
Lo scrittore non lascia spazio ai nostri pensieri, ai nostri dubbi e alle nostre elucubrazioni: il pericolo è già qui, è già ora.
Continui presagi di morte, tensione altissima e la sicurezza che non sarà un “se”, ma un “quando”.
E il “quando”, in questo libro, arriva sempre troppo presto, ancora prima di aver digerito l’ultima bruttura, l’ultima morte, l’ultima orribile e insensata scia di sangue.
Su cosa, quindi, rimane da elucubrare, una volta terminato questo thriller?
Che chiunque di noi, almeno una volta nella vita, ha pregato di poter essere risucchiato dall’ombra. Di entrare a far parte dell’esercito delle ombre. Di sparire. Dimenticare ed essere dimenticato.
Loro lo hanno fatto. Ma sono tornati.
(Caterina Bovoli)