The Last Church, di Lee Pletzers

Lee Pletzers
The Last Church
Triskaideka Books, 2013

Lee Pletzers è un autore neozelandese molto prolifico e, dalle informazioni in mio possesso, questo è il suo secondo romanzo, pubblicato la prima volta nel 2009 e riproposto quest’anno dalla sua Triskaideka Books.
The Last Church è un lavoro molto ambizioso che mischia diversi elementi in un’opera non del tutto omogenea ma che di sicuro non lascia indifferenti. L’azione si sposta dall’anno 2368 ai giorni nostri, ai tempi in cui Peter Clement fa un patto con le forze delle tenebre, attraverso un libro che garantisce i desideri per ogni omicidio commesso. Allo scadere dei vent’anni, dovrebbe consegnare il libro a qualcun altro ed estinguere il debito, ma ecco che Clement trova un modo per beffare le regole, rifugiandosi nella lama del pugnale sacrificale. È quindi nel futuro che l’uomo è costretto a riassumere una forma fisica, condotto lì da un gruppo di studenti finiti (per caso?) in uno squarcio temporale dal quale riportano indietro proprio il coltello infernale. Sullo sfondo della Quarta Guerra Mondiale, si svolgerà la battaglia finale per la sopravvivenza dell’umanità, grazie all’Ordine del Serpente Nero, una confraternita votata alla distruzione del maligno.
Anche con questi pochi elementi, è evidente il tentativo di Pletzers di mettere insieme una storia a metà tra la fantascienza e l’horror in un connubio che risulta originale e appassionante. I personaggi sono moltissimi e l’ambientazione è così ricca che le molte pagine utilizzate per raccontare la storia sembrano stiracchiate: ogni ramificazione, infatti, avrebbe potuto dare il via a un altro romanzo.
Le scene horror sono ben dosate ma ci sono e ben si amalgamano con le riflessioni dei protagonisti nella vicenda. Alcune sono particolarmente scioccanti, come le immagini descritte nella parte finale, particolarmente riuscita.
Certo, non mancano i difetti. Il fatto che ci siano numerosi personaggi rende frammentaria la storia, soprattutto nella parte iniziale in cui si fa fatica e farla propria. Sempre per lo stesso motivo, alcuni comprimari rimangono in ombra anche se hanno un ruolo piuttosto importante del dipanarsi della trama.
Altra pecca è l’immensa quantità di carne al fuoco. Forse, sviluppando meglio tutti gli elementi messi in gioco, il lettore avrebbe avuto una visione d’insieme più unitaria e godibile. In questo modo, abbiamo invece una solida storia centrale e una serie di indizi per sottotrame che invece sarebbero potute risultare molto interessanti.
È un romanzo complessivamente ben costruito e che mi sento di consigliare a chiunque avverta il bisogno di leggere qualcosa di nuovo e lontano dalle classiche ambientazioni americane. Dello stesso autore ho già puntato il suo ultimo Resurrection Child, presto recensito su queste pagine.

Quattro revolver.

(Mauro Saracino)