Skin Medicine, di Tim Curran

Tim Curran
Skin Medicine
Severed Press, 2011

Tim Curran si dimostra ancora una volta un maestro di genere con questo Skin Medicine, giocando con la tradizione western e inserendo elementi horror puri, creando qualcosa di originale che colpisce sin dalle prime pagine.

Tyler Cabe, cacciatore di taglie, si trasferisce nella cittadina di Whisper Lake, sulle tracce di un ricercato pericoloso e si ritrova a fare i conti con l’uomo che l’ha sfregiato durante la Guerra tra Nord e Sud. Allo stesso tempo, un fuorilegge di nome James Lee Cobb resuscita dalla morte, trasformando una città religiosa in un covo di lupi mannari. Cabe si ritroverà presto a fare i conti con il male che sembra circondare la cittadina di minatori e ad affrontare nemici apparentemente invulnerabili, avvalendosi di alleati inaspettati.
La prima cosa a colpirmi del romanzo è stata la maestria con cui l’autore descrive i personaggi, anche quelli secondari, presentandoli come se fossero tutti protagonisti. Questo è fondamentale per creare empatia nel lettore e quindi scatenare l’orrore nei punti giusti. Stesso dicasi per i cosiddetti cattivi: la digressione sulla vita di Cobb è molto buona e serve a tingere di umanità una creatura altrimenti vista solo sotto un aspetto negativo. Le interazioni personali sono molto curate e spesso si ha l’impressione di viaggiare insieme a Cabe a Whisper Lake, conoscendo la cittadina insieme al pistolero. Il protagonista, per quanto abile, è tratteggiato in tutta la sua umanità e più di una volta lo vediamo rischiare di morire. Ciò contribuisce a creare un personaggio vivido e credibile.
Il mix di elementi fantastici poi è uno spasso: l’utilizzo dei miti indiani per spiegare l’esistenza dei lupi mannari è molto riuscita e l’idea di cowboy che si trasformano, per quanto bizzarra, funziona. Non mancano le scene truculente: descritte con maestria e ricche di particolari che restano impressi.
Forse il difetto principale di questo Skin Medicine è la quantità di elementi presenti: così tanti che alla fine è normale lasciar fuori qualcosa dalla narrazione. La scoperta dell’identità dello Strangolatore di Prostitute passa infatti in secondo piano, rispetto alla battaglia finale (davvero epica) tra una banda di cowboy e i lupi mannari di Cobb. Forse qualche pagina in più avrebbe reso il libro perfetto.
Si tratta comunque di un ottimo romanzo che contribuisce a dare lustro al movimento, sempre più fiorente, di horror ambientato nel Far West. Consigliato.

4 revolver e mezzo.
(Mauro Saracino)