Zombie Walk: a spasso con gli Zombie
Che camminano lo sappiamo, ce l’ha detto Darabont nella sua fortunata serie The Walking Dead (della quale abbiamo ampiamente parlato in questo articolo), ma trovarsi circondati da non morti che in massa attraversano le strade della nostra città potrebbe essere un’esperienza davvero singolare.
Eppure non è impossibile.
Le zombie walk, passeggiate zombie, sono ormai una realtà in tutti gli angoli del globo. Manifestazioni a metà strada tra la parata di carnevale e il corteo di protesta, nella quali tutti i presenti, o almeno quelli più di spirito, se ne vanno in giro conciati come i non-morti. Dagli abiti al trucco, chiunque può trasformarsi nel suo alter ego zombie.
Ma come è cominciato tutto questo e perché? E come è cambiato il fenomeno negli anni?
La prima zombie walk è stata fatta a Toronto nel 2003. Sei partecipanti, vestiti come i loro personaggi zombie preferiti, vagavano per le strade senza alcun intento particolare, solo per il divertimento proprio e di chi stava a guardarli. Senza fare una rassegna puntuale dell’evoluzione del fenomeno basta sapere che all’ultima zombie walk di Toronto, i partecipanti erano ben settemila.
In verità, già nel 2001 era stata organizzata una marcia zombie a Sacramento ma in quel caso l’idea non era nata dalla libera associazione delle persone, bensì per intenti pubblicitari: la zombie walk serviva a promuovere il festival annuale The Trash Film Orgy.
Perché allora si considera come primo esempio di Zombie walk quella di Toronto?
La risposta è semplice. Sono la libera partecipazione e la condivisione di un ideale a rappresentare il fulcro di queste manifestazioni che diventano espressione del “potere della massa”.
Diciamocelo chiaramente, uno zombie da solo non fa paura a nessuno, un fiume di non-morti invece sì.
Basta guardare al cinema per capire. Nessuno zombie assassino o serial killer ma sempre gruppi di mostri riuniti in orde fameliche. Insomma, la figura dello zombie rappresenta alla perfezione l’idea della fratellanza, dell’unione, della condivisione di obiettivi e ideali. In negativo, ovviamente, con connotati che affogano nel sangue e nel disfacimento, ma pur sempre pieni di significato.
È per questo motivo che le zombie walk, nel tempo, si sono evolute sempre più in tal senso, diventando un modo per protestare contro i mali sociali in una maniera un po’ originale, mostrando alla collettività la capacità della massa di darsi un ordine e un’identità.Questo senso di aggregazione è dato anche dalle modalità organizzative comuni a molte delle manifestazioni senza distinzione di tempo, spazio e luogo.
Le “zombie call”, le chiamate, si diffondono attraverso internet, i blog, i social network, Sono rari i casi in cui l’organizzazione sia esplicita e presente con nomi e persone, il più delle volte anche i “leader” preferiscono rimanere anonimi proprio per sottolineare il grado di appartenenza a un’“orda indifferenziata”. In questo senso esiste un certo grado di affinità con i flash mob. Si fissano luogo, giorno e ora, solo che, invece di essere nudi o intentare una spietata lotta coi cuscini, qui ci si presenta zombificati.
Il fenomeno è talmente diffuso oltreoceano che gli italiani, da sempre grandi importatori di mode made in USA, non hanno tardato ad appropriarsene. E così, dopo Halloween e il trick or threat ecco fiorire anche da noi l’usanza delle zombie walk.
Il primo esperimento in tal senso è stato fatto a Roma nel 2007, una partenza in sordina così come in sordina è stato il bis di Torino l’anno dopo. Bisogna aspettare un paio d’anni perchè le zombie walk italiane acquistino un loro peso. In questo, l’utilizzo dei mezzi di diffusione online ha giocato un ruolo importantissimo. È tramite facebook e i blog che il fenomeno si diffonde. Anche nel nostro Paese, infatti, il metodo delle “chiamate” sembra funzionare alla grande e dal 2010 in poi sono sempre di più le città che accolgono gruppi deambulanti di zombie a vagare per le loro strade.
La particolarità delle zombie walk italiane, da quelle più improvvisate a quelle che ormai hanno una struttura organizzata alle spalle e sono diventate un appuntamento annuale molto atteso, è la protesta aperta ed esplicita verso la condizione dei giovani. Quasi sempre il leit motiv della parata si basa su idee del genere “questa città è un mortorio”, pensiero che viene esplicitato nei materiali informativi e che ha avuto il suo culmine nella zombie walk di Reggio Emilia con il suo grosso richiamo di pubblico e l’elevata risonanza sui mezzi di comunicazione. Uno sguardo al sito www.reggiozombies.com, basta per rendersi conto di quello che sto dicendo. Già la testata mostra una bella lapide con su scritto “Città mortorio” e ovunque spicca l’accusa a una città che non fa nulla per i giovani. Ci pensano allora i giovani stessi a fare qualcosa: protestano il loro disagio in maniera innovativa, prendendosi sul serio ma nemmeno troppo.
Non resta che tenere gli occhi aperti e le orecchie all’erta… la chiamata prima o poi arriva!
(Laura Platamone)