Questa volta tocca a te, di M.J. Arlidge

Titolo: Questa volta tocca a te
Autore: M.J. Arlidge
Editore: Corbaccio
Anno: 2014
Prezzo: 13,94 euro

Sinossi.
Si preparavano a trascorrere tutta la vita insieme. Anime gemelle. E quando si ritrovano intrappolati, intontiti, faticano a comprendere tutto l’orrore della situazione. Niente cibo, niente acqua. Solo una pistola con un unico colpo in canna. Un criminale psicopatico narcotizza e rapisce delle coppie: le vittime si risvegliano disorientate, nessuno può sentire le loro urla. Si disperano, si agitano, cercano in tutti i modi di uscire dalla prigione in cui sono incarcerate, fino a quando trovano una pistola e, accanto, un cellulare che comunica per sms un ultimatum terribile: una delle due morirà, solo così l’altra potrà salvarsi. Per il killer è uno spettacolo a cui assistere, per le vittime un’insostenibile tortura psicologica. Helen Grace e gli investigatori della centrale di polizia di Southampton indagano. Cercano il pazzo criminale tentando al tempo stesso di proteggere i sopravvissuti sotto shock. I rapimenti si succedono velocemente: una madre e una figlia, due colleghi di lavoro, due compagni di università… ma in che modo sono legati fra loro? Helen lavora giorno e notte per trovare una relazione fra le vittime, per ipotizzare moventi, fino a quando intravvede un disegno mostruoso al quale non riesce nemmeno a credere…

La recensione di Nero Cafè.
«E adesso devi compiere un’altra scelta. Vuoi uccidere o essere uccisa?»
La prima cosa che ho pensato fin dalle prime pagine di questo romanzo è stata: “Wow, questo sì che sarebbe un bel film!”.
La seconda (decisamente più lugubre) è stata: “È più facile uccidere o essere uccisi?”.
Esiste una risposta a questa domanda? Esiste un modo giusto di far andare le cose? O, se non altro, un modo meno terribile di far andare le cose? In realtà – e Arlidge è assolutamente chiaro su questo punto – no.
Chi uccide rimane vivo, continua a camminare e respirare, può rivedere i figli, la famiglia, riprendersi la propria vita. Ma non tornerà mai più quello di prima, e implorerà di morire a sua volta.
Chi viene ucciso, d’altra parte, non solo vede con i suoi occhi tutto l’orrore e l’imperitura desolazione umana, ma anche e soprattutto smette di essere e di esistere, diventando per sempre un doloroso verbo al passato.
Il romanzo, pur essendo corposo, è assolutamente scorrevole e veloce perché sviluppato in tanti capitoli molto brevi che, proprio grazie alla loro rapidità, vanno quasi ad assomigliare a dei frame.
Nonostante la velocità di narrazione, lo scrittore riesce a comunicare perfettamente al lettore alcune sensazioni che, per crudezza, si avvicinano più all’horror che al thriller. La paura (quella vera, atavica), il senso di abbandono, di soffocamento, di isolamento, di privazione, l’oscurità, il lento (troppo lento) declino del corpo e della mente e infine il frame finale: la scelta.
Uccidere o essere uccisi. Perché non ci sono altre soluzioni. Non per l’assassino.
Helen Grace (protagonista indiscussa) è una donna conturbante, sensuale e femminile, dura e implacabile, intelligente e lucida. Ma (ormai siamo abituati a questo genere di cose, no?) anche fragile e non-risolta, non-completa, non-finita.
L’ennesima figura femminile, quindi, problematica e oscura che comprenderemo appieno (e in parte assolveremo) solo proseguendo la lettura del romanzo, solo lasciandoci trasportare nell’uragano di dolore che si forma quando la mente umana – così meravigliosa e così fallace – si incrina, per poi mostrare tutto quello di cui è capace.

 (Caterina Bovoli)