Recensioni: Sfida senza regole

SFIDA SENZA REGOLE (RIGHTEOUS KILL -2008)

Sfida senza regole è un esempio di come si possa realizzare un film mediocre pur avendo a disposizione un cast stellare. Intendiamoci, la sceneggiatura a livello di dialoghi non è male, ma la struttura della pellicola fa acqua da tutte le parti. Già dopo la prima mezzora appare chiaro dove la storia andrà a parare; quello che dovrebbe essere un inganno per lo spettatore diventa quasi da subito un depistaggio mal riuscito, talmente evidente che verso la fine vien da chiedersi se non sia un escamotage per ingannare doppiamente lo spettatore. Ahimé, non è così, e il finale è quanto di più telefonato possa esserci. Un vero peccato per un thriller che vede protagonisti Al Pacino e Robert De Niro nei panni di due detectives veterani dalle personalità eccentriche, in grado di divertire e trascinare lo spettatore nelle loro vicende personali, fino a renderli degni di stima e simpatia, quasi fossero due amiconi da cui sarà poi difficile separarsi.

La storia si apre con la confessione video di quattordici omicidi da parte di Thomas “Turk” Cowan (De Niro), sulle cui parole inizia a snodarsi la vicenda, fin dal primo caso in cui lui e il collega David “Rooster” Fisk (Pacino) si sono sporcati le mani incastrando un maniaco omicida che altrimenti l’avrebbe fatta franca. Le indagini si rivolgono poi verso lo spacciatore Spider e una giovane avvocatessa in grado di incastrarlo, e successivamente si intersecano con una serie di omicidi il cui responsabile sembra essere un serial killer poeta, il cui obiettivo sono solo ed esclusivamente delinquenti. È di queste morti che sembra incolparsi Turk nel video.

I primi a sospettare di lui sono i colleghi Perez (John Leguizamo) e Riley (Donnie Wahlberg), nonché l’agente della scientifica Karen Corelli (Carla Gugino), che ha con Turk una relazione dai risvolti sadomasochistici. Mentre Rooster sembra prendere tutto con filosofia, il cerchio intorno a Turk si chiude inesorabilmente, costringendo il tenente Hingus (Brian Dennehy), suo superiore, a sospenderlo dal servizio in attesa che le cose vengano chiarite.

Poi, tutti i nodi vengono al pettine, ma il finale, come anticipato, è quanto di più prevedibile possa esserci. Il regista Jon Avnet non riesce a costruire una storia interessante da questo punto di vista, ma forse è colpa di una sceneggiatura debole, che non lascia spazio ad altre soluzioni se non a quella più ovvia. Peccato. Assegniamo due coltelli.

(Nero Cafè – Daniele Picciuti)