L’egoismo del respiro, di Giada Strapparava
…”Sono sieropositivo. Ho l’AIDS. Da quando l’ho saputo, ho cercato di avere rapporti sessuali con più donne possibili… non voglio morire da solo, corroso da questo virus, senza far conoscere la sofferenza agli altri”.
Vita apparentemente normale per Colton Miller. Cuoco in un pub di Sacramento, nell’assolata California. Persona riservata e affidabile secondo i suoi colleghi, è visto con affetto dal proprietario. In realtà, Colton, ammesso quello sia il suo vero nome, nasconde la più nera delle anime. Uccide. Preferibilmente donne, possibilmente prostitute. Non lo fa per complicati motivi di retropensiero, non lo fa per traumi subiti. No. Colton Miller uccide per puro piacere, per il gusto di sentir scivolar via la vita, per guardare negli occhi di chi sta morendo l’angoscia e il terrore che accompagna gli ultimi istanti della loro vita. Per piacere personale, per una sorta di catarsi erotica, l’unica in cui riesce ad esprimersi. Fino a che, anche lui inizia a sentirsi minacciato. Senza avere il nemico davanti, iniziando a provare la stessa paura delle sue vittime. Fuggirà o affronterà i suoi fantasmi?
Approssimativo, sconclusionato, disastroso. Sono i primi aggettivi che si associano spontaneamente a questo L’Egoismo del respiro. Che non ha un filo conduttore, non ha una logica. Non si capisce la coerenza dei personaggi, non si capiscono azioni e reazioni. È pieno di errori sintattici, grammaticali, di espressione. Viene quasi da ridere a leggere, testuale, “lui preferiva concedersi il lusso dei vizzi scorretti, tanto poi come diceva “tirava le penne comunque.” Certo. I VIZZI scorretti. Tirava le penne. A scuola, al compagno di banco davanti? Ma col cappuccio o senza?
Oppure “Proseguì dritto, fino alla prima di destra, dove girai ed entrai all’interno di un parcheggio.”. Proseguì chi? Lui, te? Ah, capisco, mentre proseguiva si è mangiato una i! Alla fine diventa anche divertente, andare a sgranare le perle che questo scritto offre in così tante pagine; “vestita finemente, portava con se una pochette piena di polvere raffinatamente abbinata al vestito”. A parte che le pochette raramente si impolverano, visto che sono l’oggetto più usato dalle donne, come può essere raffinatamente abbinata al vestito, a meno che non sia piena di altra polvere? Incredibili, poi, le avventure in idiomi stranieri. “Apres l’ondèe” di Guerlain per l’autore diventa “Apnes L’ondèè” di “Guerloin”! E non venitemi a dire che è voluta per celare un marchio, visto che due righe prima c’è scritto chiaro “Coca-Cola”!
Purtroppo, il giudizio può essere uno solo. Improponibile.
(Giovanni Cattaneo)