Incontro con Marta Duò: quando la semplicità fa la differenza
Ciao e benvenuta nella rubrica Il gatto a nove code.
Pronta? Cominciamo.
1. Il concepimento.
D: Come è nato I due mondi di Eva?
R: È nato molto tempo fa, nel 2007, dopo aver letto il numero speciale per Halloween del mio fumetto preferito, W.I.T.C.H. Sentii il desiderio di scrivere anch’io una storia da raccontare in occasione della successiva festa di Halloween, e così nacque il primissimo nucleo de I Due Mondi di Eva, una paginetta per la verità molto diversa dalla storia che potete leggere adesso, ma in cui era già presente la figura di Enigma. 14 anni e 4 riscritture dopo, la piccola Eva è arrivata molto più lontano di quanto avessi mai osato sognare, e resterà per sempre legata alla ricorrenza di Samhain.
2. La scrittura.
D: In che modo sei arrivata a dare al romanzo la sua struttura definitiva?
R: Quando ho iniziato a cercare casa per i Due Mondi di Eva, la storia si componeva soltanto della seconda parte, quella che racconta il viaggio attraverso i Monti (che all’epoca erano sette e non cinque). Sono state le travagliate vicende editoriali di questa bozza che mi hanno portata ad aggiungere la prima parte, ambientata nel mondo reale e incentrata sulla quotidianità di Eva tra la classe di bulli e i genitori che faticano a comprendere i suoi silenzi. Questi due pezzi sono rimasti separati per qualche mese, fin quando l’apertura della vostra prima Black Window non mi ha convinta a rimettere assieme i cocci e a limarli fino a farli combaciare.
3. I personaggi.
D: Parlaci di come hai gestito i personaggi… o forse loro hanno gestito te?
R: Eva ed io abbiamo imparato a conoscerci dopo anni di incomprensioni, tentativi andati a vuoto e lunghi silenzi. Nelle primissime versioni della storia, il suo nome era Eve ed era un alter ego di me e delle mie paure: per questo motivo non poteva funzionare come personaggio autonomo di una storia che potesse davvero definirsi tale. Lei non voleva essere un pezzetto di me. Quando ho deciso di ascoltarla e di cambiarle nome, ho anche accettato il suo bisogno di libertà. L’ho lasciata vivere una storia che, per quanto sia dolorosa e angosciante, ora so che è proprio la sua.
4. Autocritica.
D: Se dovessi dare un giudizio al tuo romanzo da lettrice, che giudizio sarebbe?
R: Domanda difficile, perché come lettrice ho gusti molto semplici: se una storia mi cattura, la divoro fino alla fine senza pormi né domande né questioni. Sono sicura che scoppierei a piangere molto spesso leggendo I Due Mondi di Eva, prima ancora di arrivare alle pendici dell’Ultimo Monte: quando leggo mi affeziono moltissimo ai personaggi e vorrei soltanto che stessero tutti bene, senza mai soffrire. Da autrice non posso dire la stessa cosa, quindi probabilmente non mi rivolgerei più la parola per almeno una settimana…
5. Il pubblico.
D: Hai avuto un riscontro critico da parte del pubblico?
R: Ero molto preoccupata per l’accoglienza che avrebbe ricevuto questo romanzo: la vicenda di Eva è lontana anni luce dalla mia comfort zone e credevo di non essere preparata alle critiche che avrebbe inevitabilmente ricevuto. In questo primo anno di vita del romanzo, molti lettori che mi conoscevano già si sono affezionati anche a Eva, e tante persone nuove mi hanno scritto per raccontare della loro adolescenza segnata dal bullismo e dall’indifferenza, per dirmi quanto si fossero ritrovate nel personaggio di Eva. Anche se la società fa finta di nulla e le persone dimenticano, le vittime di bullismo restano per sempre segnate e non smetteranno mai di diffondere la loro esperienza, così che nessun altro debba mai più sentirsi solo: questa è la lezione più grande che mi ha regalato Eva.
6. L’orrore
D: Cos’è per te l’orrore?
R: Letterariamente parlando, il mio concetto di orrore è profondamente influenzato da Lovecraft: leggere di un’umanità insignificante e inerme davanti agli abissi vuoti e immensi dell’Universo è stato un vero e proprio colpo di fulmine. Eppure, l’orrore più grande è molto meno remoto di quanto immaginiamo e spesso cammina accanto a noi, siede nel banco o nella scrivania di fronte alla nostra oppure condivide il nostro stesso tetto. L’orrore più grande è una persona o una circostanza che ci tarpa le ali, costringendoci a nascondere chi siamo veramente e a seppellire in profondità i nostri desideri, le nostre aspirazioni. Per me, il vero orrore è rinunciare a noi stessi fino a perderci del tutto.
7. Le tue letture.
D: Quali sono i libri o gli autori che ti hanno formato come scrittrice?
R: A questa domanda devo rispondere in due parti. La seconda vi farà storcere il naso, ve lo anticipo, quindi inizierò dalla prima. Tolkien, in particolare con Il Silmarillion, mi ha insegnato che gli unici limiti alla fantasia sono quelli che imponiamo noi stessi, spesso per timore di perderci al di là della soglia e di tornare indietro con una visione molto diversa della realtà. Lovecraft mi ha permesso di ridimensionare la supremazia dell’intelletto umano quando si trova dinanzi l’immensità dell’ignoto. Ursula Le Guin mi ha indicato che posso immaginare civiltà molto diverse rispetto a quella in cui mi trovo a vivere, civiltà che sviscerano e mettono a nudo le problematiche più attuali. Ma se ora sono qui con due romanzi pubblicati, lo devo soprattutto ad autori che nessuno vorrebbe mai sentire nominati in un’intervista. Autori che (occhio, inizia la seconda parte della risposta!) sono stati accusati di aver rovinato il fantasy italiano ma che di fatto hanno conquistato un’intera generazione di giovanissimi lettori adolescenti. Sì, sto parlando proprio di loro: i protagonisti del boom dei baby scrittori di parecchi anni fa! È stato grazie a loro se ho imparato che non è mai troppo presto per sperimentare con le parole e non ho cestinato nessuna delle mie storie, nonostante fosse l’unica a crederci. Ora, prima di chiudere sdegnati questa pagina, aspettate ancora fino alla prossima domanda…
8. Sconsigli da autore.
D: Hai capito bene. Quali sono i tuoi s-consigli per chi vorrebbe pubblicare per la prima volta?
R: Come si sarà capito dalla domanda precedente, io difendo a spada tratta il diritto di chiunque di scrivere ciò che vuole, a qualsiasi età. Pubblicare, però, è una storia completamente diversa. Anche se viviamo in una società che esige tutto subito, io sconsiglio di farsi prendere dalla fretta e dall’angoscia. Cari aspiranti scrittori, vi svelo un segreto: raramente gli autori esordiscono con il primo libro che scrivono. Nella maggioranza dei casi, la prima storia pubblicata è la seconda, se non la terza, a essere stata scritta. Ed è normale: la prima è un terreno di esperimenti e di guerra, in cui si impara a conoscere il proprio stile e il modo in cui si riesce a gestire meglio una trama. Ogni autore è diverso, e questa diversità si impara scrivendo il proprio primo libro, quello che un giorno sarà rimaneggiato con maggiore consapevolezza oppure che non vedrà mai la luce. Sconsiglio il fatto di non prendersi del tempo per chiedersi: questa storia va davvero bene così com’è, oppure tra qualche anno potrà esprimere il suo vero potenziale?
9. E poi.
D: Quali sono i tuoi progetti futuri?
R: Il mio grande progetto è, neanche a dirlo, riuscire a pubblicare la prima cosa seria e complessa che ho scritto: una trilogia dark/space fantasy. Iniziai il primo volume a 16 anni, quindi 11 anni fa, e lo cestinai dopo 5 anni di stesura. Lo feci perché sapevo che quella storia poteva dare molto di più, ma non avevo ancora gli strumenti per scriverla proprio come volevo. Ancora adesso ho parecchi dubbi, ma ormai la prima stesura è completata ed è più facile migliorare una bozza “così così” anziché un foglio inesorabilmente vuoto. Vorrei anche pubblicare un racconto lungo a cui sono molto affezionata perché scritto durante la quarantena (no, tranquilli, non c’è il minimo riferimento alla pandemia nonostante l’ispirazione lovecraftiana) e che ha segnato la fine di un lungo blocco durato quasi 4 anni. E poi ho un’intera cartellina di fogli sparsi con suggestioni e trame abbozzate, in attesa di finire nel cestino o di essere finalmente scritte.
Grazie per il tuo intervento e in bocca al lupo per tutto.
(Daniele Picciuti)