VICTORIAN SOLSTICE: I Fantasmi dei Natali passati
Quando mi è arrivato da leggere questo e-pub, quarto episodio della serie “Victorian Solstice”, sono rimasto inizialmente perplesso. Tropo breve, forse, il lasso di tempo trascorso dall’uscita precedente. Come possono le autrici, in soli sei mesi, costruire una storia accattivante, affascinante e suggestiva come le precedenti? Poi, però, la sensazione è subito mutata in sconforto, non appena ho scoperto che si tratta del segmento finale. No! Ora che mi stavo affezionando agli arguti e mordaci Jonas e Jericho, e alle loro torbide indagini, me li fate sparire? Crudeltà!
Dal passato dell’ “impresentabile” Jericho Shermadine appare un fantasma. In ossa e lasciva carne. A scoperchiarne debolezze, a riaprire vecchie e profonde ferite. Tali da mettere in crisi la sua anima, tali da mettere in crisi il suo strano menage con l’irreprensibile investigatore Jonas Marlowe. Tali da metterlo completamente a nudo, privo di difese. Intanto, giovinetti ancor più innominabili, ragazzi la cui esistenza stessa è quasi nascosta da una società che preferisce voltarsi dall’altra parte, nel momento stesso in cui ne trae godimento, vengono uccisi. Moderni eromenos senza nemmeno erastes a condurli per mano nella vita, meri oggetti a cui l’High Society troppo spesso si rivolge, a suo uso e consumo. E i due investigatori sono costretti a scavare dove nessuno oserebbe nemmeno avvicinarsi, costretti a guardare una sorta di specchio del loro tempo passato. Ma quando Jonas scoprirà che lo stesso fantasma emerso dal passato di Jericho è l’unico che può scogliere il mistero dell’atroce fine di sua moglie Alice, tutto è rimesso in gioco. Il passato, il presente, e soprattutto il futuro. Che potrebbe diventare un inizio, oppure una fine. Definitiva.
C’è moltissimo Dickens in questo quarto episodio della serie “Victorian Solstice” di Federica Soprani e Vittoria Corelli. C’è molto del romanzo sociale, del sopruso e pregiudizio verso i “minori”, del moralismo bigotto e pernicioso, del falso perbenismo che spesso nasconde aberrazioni terribili. Predominante, rispetto alla vicenda nera e macabra, che ne diventa quasi sfondo, cornice. Nulla è sottaciuto, l’oscurità perversa che caratterizza la vicenda è vivisezionata, analizzata al microscopio nei minimi particolari, perfettamente applicata ai personaggi che la subiscono, o ne sono motivo, fino a renderli essi stessi causa ed effetto. Ed è senza dubbio il punto forte dell’opera, Jonas e Jericho arrivano al lettore in tutte le loro umane debolezze. Se, da una parte, il modo di scrivere delle autrici resta efficacemente crudo e, oserei dire, vissuto, quasi si identificassero contigue con i protagonisti e con le loro paure, dall’altra si nota invece qualche piccola crepa nella struttura narrativa. Non è così immediato seguire la vicenda e sembra che manchi qualche passaggio, che qualche evento sia dato troppo per scontato. O, forse, è l’effetto dell’eccessiva preponderanza dell’interiore, del personale, che rende il susseguirsi dei fatti criminosi troppo rado, episodico, difficile da seguire con continuità.
Il bene e il male di questo libro hanno origine proprio nella supremazia dei temi sociali rispetto a quelli giallistici. Che peraltro non toglie quell’abbrivio di novità, di terrificità e soprattutto di qualità, caratteristico della serie.
(Giovanni Cattaneo)