La vittima designata, di Lee Child

Nord degli USA. Ovviamente un pick-up. Un college sullo sfondo. Un tentativo di rapimento. Il nostro eroe, Jack Reacher. Per salvare il giovane bersaglio uccide tutti i cattivi, che restano ad osservarlo placidi mentre vengono impiombati. Ma, ops, fa fuori anche qualche buono. Col pistolone Anaconda (!). Danni collaterali. Succede, dai! Possibile?

In effetti, troppo. Anche per un testosteronico libro americano. In realtà, abile messinscena per esca geniale. Preludio al capostipite di tutte le infiltrazioni. Per arrivare direttamente dentro casa del cattivone, di facciata importatore di tappeti, in realtà potente signore della mala. Per guadagnarne la fiducia totale, incondizionata. Come motivazione principale, la probabile collaborazione del cattivone con un uomo che credeva morto da tempo e che terrorizza il nostro eroe. E, come rafforzativo, tutt’altro che secondario, il poter aiutare una donna molto affascinante. Lei, agente dell’FBI con sullo stomaco un collaboratore già disperso nel tentativo di condurre la stessa impresa. Per entrare nelle grazie del cattivone, la messinscena dovrà essere però perfetta. Prima, e soprattutto durante. Se si entra nella tana del lupo si viene, accuratamente, annusati. Soppesati. Valutati. Non si possono commettere errori. Occorre giocare il tutto per tutto. Per vendetta, per riscatto. Per chiudere il cerchio definitivamente.

Pur restando abbastanza fedele al cliché tipico dei polizieschi americani, fatti di muscoli gonfiati e mostrati, di azione esagerata, di nessuna concessione ironica, o ambientale, o vagamente artistica, di stile piatto e telefilmesco, questo romanzo perlomeno fa restare il lettore costantemente col fiato sospeso, riuscendo a creare una continua tensione narrativa. Sempre in bilico, sempre sul filo, la vicenda si snoda avvincente, anche un minimo originale nell’idea fondamentale, arrivo a dire equilibrata e intelligente nella successione logica degli eventi. Certo, certi eccessi born in USA non possono mancare! I poliziotti o agenti o federali che mangiano sempre, solo pizza e ciambelle, come fanno a sconfiggere i cattivoni col fegato a pezzi? E il nostro eroe “machissimo” deve per forza puzzare, non avendo nessun bagaglio durante il suo soggiorno in motel per 10 giorni? Ma le mutande non le cambiano, i nostri eroi? E, ovviamente, non svelo la sorpresa confermando che lui riesce a sedurre la bellona di turno con facilità: il fatto avviene a metà libro ma le quote erano già ritirate dai bookmakers dopo tre pagine. Sempre lui, riesce ad uscire e rientrare tranquillamente da una dimora all’apparenza più sicura di Alcatraz, e in tutte le prove di forza ha facilmente il sopravvento anche con gente di sessanta chili più pesante. È l’eroe, d’altronde.

Comunque siamo indulgenti di fronte almeno alla bella trama. Testo che si può senz’altro sorseggiare dopo i pasti, con il caffè, purchè questi siano rigorosamente salutisti, vitaminici e ad alta digeribilità.

(Giovanni Cattaneo)


1 thought on “La vittima designata, di Lee Child

  1. la trama de la vittima designata ricorda molto, nel modo di infiltrarsi, quella di la paura è la chiave di alistair mc lean…
    quasi identica per essere un pura coincidenza.
    geppo de felice

Comments are closed.