La croce sulla labbra, di Danilo Arona e Edoardo Rosati
Chi ha paura del contagio?
Avete mai visto il film Up della Pixar? Come molti altri film di animazione degli ultimi decenni non serve soltanto a intrattenere i bambini, ma anche a educare gli adulti. Bene, nella pellicola c’è un sequenza in cui Ellie mostra a Russel alcune illustrazioni delle “Cascate del Paradiso”. Prima, però, vuole che lo scout faccia “croce sul cuore”, affinché non riveli a nessuno ciò che sta per mostrargli e, in seguito, ne pretende un’altra perché i due volino insieme verso il Sud America a bordo di un dirigibile.
Quando ero bambino, anch’io ho conosciuto la croce sul cuore ed è un rito con cui non si scherza, almeno a quell’età. Sino a quando non superi il metro e cinquanta d’altezza una promessa è sacra, poi si diventa adulti ed è un altro paio di maniche; tutto dipende da che tipo di persona diventi, ovviamente. Ma lasciamo perdere. Almeno per me, la croce sul cuore non era solo un sigillo vincolante per i fatti, ma anche per ciò che dicevo; se volevo raccontare qualcosa agli altri, non perdevo tempo a ripete le stesse cose, ribadendo che fosse “la verità e nient’altro che la verità”, come si usava fare nei telefilm americani dell’epoca, ma li contagiavo con la mia verità e poi facevo strisciare il dito sul petto, proprio sul cuore.
Nessuno tra noi si era mai sognato di abusarne o di usarla per mascherare una bugia, anche perché le conseguenze erano serie. Oltre a perdere di credibilità, rischiavamo di risvegliare antiche maledizioni.
Poi cresci, ascolti alcune persone che raccontano un sacco di bugie e ti accorgi che non vanno incontro a nessuna punizione. Così capisci che era solo una formuletta priva di efficacia e l’ultimo baluardo che ti garantiva l’immunità dalla falsità decade, proprio perché la croce sul cuore era l’ennesima bugia.
Le parole e ciò che significano influenzano la ragione di chi ascolta. Sia chiaro, non è che chiunque venga in contatto con una sciocchezza sia destinato a crederci, se la può cavare se ha un buon sistema immunitario, ma è chiaro che, per non ammalarsi, finirà con l’indebolirsi.
Quindi, state attenti a ciò che pensate e a quello che dite, potreste finire per contagiare le persone che vi circondano.
La croce sulle labbra, il nuovo romanzo scritto a quattro mani da Danilo Arona ed Edoardo Rosati è all’apparenza “un altro medical thriller” come l’ottimo Coma profondo di Robin Cook, poiché i protagonisti sono dei medici e la minaccia da disinnescare è una malattia in grado di decimare la popolazione.
L’apparenza inganna, sempre. La croce sulle labbra ha sicuramente un aspetto medical, in cui l’apporto di Rosati ha il suo peso, ma è qualcosa di più. Allora, c’è una corsa contro il tempo, un gruppo di esperti impegnati a comprendere e debellare il virus, ma non è una Bond story. La malattia non è intesa solo come un fenomeno medico, ma ha la portata di un evento con conseguenze più ampie. In questo aspetto si riscontra l’apporto creativo di Arona; la capacità di partire da fatti di cronaca o dalla realtà nuda e cruda per sviluppare la trama attraverso la fantasia, indagandone i risvolti psicologici.
Il contagio al centro de La Croce sulle labbra non è solo biologico, ma anche psichico, in bilico tra religione e informazione.
La narrazione prende l’avvio da Guana, un paradiso nel Mare delle Antille, in cui il dott. Alejandro Vegas effettua i propri studi sulle malattie virali. All’arrivo di alcuni misteriosi individui, l’isola si trasforma in un inferno di atti violenti compiuti nel nome di Exù, un crudele dio alato a guardia degli incroci stradali. In seguito a questo, alcuni nativi partono a bordo di numerose imbarcazioni alla volta dell’Europa. Otto mesi dopo a Milano strani murales compaiono negli incroci della città mentre la violenza dilaga. Nasce così la paura dello straniero, visto come un untore capace di diffondere un morbo dagli effetti devastanti.
Il libro è in grado di coinvolgere sin da subito il lettore e offre alcuni spunti interessanti; l’utilizzo della malattia come un’arma dei paesi del terzo mondo contro l’occidente, in una sorta di riscatto “esistenziale”, in cui la pericolosa commistione di esoterismo e tecnologia crea i presupposti di una crociata per sfogare la rabbia repressa degli “ultimi” contro i “primi”.
Inoltre, nel romanzo gli autori hanno il pregio di ricreare al meglio la genesi e la diffusione del contagio psichico; una scorretta informazione divulgata dai mass media, bugie e parole dette per riempire il silenzio possono stimolare quell’ansia che risveglia le paure più profonde di un’intera comunità. Una condizione che influenza la collettività nell’adottare una serie di comportamenti, spesso insensati, avendo la convinzione che siano gli unici adatti e in grado di garantire la salvezza.
Nessuna “tecnicità medica” rallenta la lettura e tutti i personaggi hanno una dimensione umana con cui il lettore può instaurare un rapporto di empatia, sia che si tratti dei protagonisti o delle semplici comparse sacrificate al morbo.
La croce sulla labbra, di Danilo Arona e Edoardo Rosati. Edizioni Anordest collana Criminal Brain. 256 pagine, € 12,90. Disponibile.
(Mirko Giacchetti)