La Grotta delle Fate e altri luoghi magici della Val Fondillo
C’è un luogo, nel cuore verde dell’Abruzzo, dove leggenda e paesaggio si fondono, per dare vita a qualcosa di unico nel suo genere. Scopriamo quali sono i luoghi magici della Val Fondillo nel Parco Nazionale d’Abruzzo: la Grotta delle Fate e le Cinque Fonti Sacre dell’antichità.
Incredibile ma vero, il caldo afoso è arrivato anche qui nella Grande Casa del Crepuscolo (sede della Redazione dell’Almanacco); neanche il regno dei brividi e delle ombre si salva dall’afa! Così io e Orby siamo andati in cerca di un po’ di refrigerio nel Parco Nazionale d’Abruzzo, una delle zone d’Italia ancora brulicante di fauna selvatica e, ovviamente, del suo corrispettivo invisibile.
La valle preistorica delle fonti sacre
Circondata dalle cime dei monti, la Val Fondillo è un luogo che sembra rimasto fuori dal tempo con i suoi boschi di faggi, le numerose fonti d’acqua e le giovani volpi che sbucano curiose fra i gruppi di escursionisti. Passeggiando fra i suoi boschi silenziosi si può sentire all’improvviso il verso di un’aquila che plana, trovarsi circondati dal rumore delle acque cristalline dei ruscelli e, se ci si lascia andare alla magia del luogo, può capitare di sentire all’opera le stesse forze della natura che ne plasmarono la forma migliaia di anni fa.
La valle ha conservato una natura incontaminata e una dimensione di purezza più unica che rara. È solo recandosi nel Museo del Parco di Pescasseroli che ci si rende conto della lunghissima storia del luogo e vedere alcune testimonianze del passato della Val Fondillo. Di origine glaciale, già nella preistoria la zona ospitava uomini e animali come il Cervo Pentacornuto (Hoplitomeryx), animale estinto, di cui è conservato un teschio, proprio accanto allo scheletro di una misteriosa donna del paleolitico, ritrovato nella Necropoli di Val Fondillo insieme al suo particolarissimo arredo funebre in bronzo in forma spiralidale.
Il nome antico della Val Fondillo era Fontilli, dalla parola “fonti”, difatti tutta la zona è ricca di sorgenti d’acqua. Esistono cinque fonti principali, oltre alle numerosi minori, e nell’antichità ognuna di esse era ritenuta “abitata” da una divinità e venerata come luogo sacro prima dalle antiche popolazioni italiche di marsi, sanniti e oschi e poi dagli antichi romani.
Secondo il mito, è proprio in questa zona che risiedeva Callisto, la bellissima ninfa di cui parla il poeta Ovidio nelle Metamorfosi, e abitava presso la sorgente Tornareccia, una meravigliosa cascata incorniciata da rocce, alberi e muschio, dove l’acqua sembra davvero danzare e prendere vita propria. Lo stesso nome della sorgente significherebbe “erompersi del sacro” (reiks, potente, divino, sacro, e taunan, erompere) nell’antica lingua osca o, secondo un’altra etimologia (Triareccia), potrebbe significare “dedicata alla Luna”. Nulla da togliere alla cascata delle ninfe e alla cascata delle tre cannelle, anch’esse suggestive e fonte d’ispirazione per le leggende popolari.
Tra fate, ninfe e divinità
Tutta la zona è ricca delle tracce degli antichi culti delle divinità italiche: la stessa cittadina di Opi prende il nome dalla dea dell’abbondanza e sposa di Saturno, mentre il Ninfeo di Pomona celebrava la dea della nascita della primavera, festeggiata il ventuno marzo, in corrispondenza con l’equinozio primaverile. Un’altra fonte è dedicata a Vertumno, una divinità osca, secondo il mito innamorata di Pomona, mentre la sorgente Iovareccia, presso Pietramara, è sacra al dio Giove.
È in questo scenario da fiaba che troviamo la Grotta delle Fate, una cavità naturale da cui sgorga una sorgente di acqua limpida e purissima. La grotta si è creata proprio dalla lenta erosione dell’acqua e sembra uscita da una storia sulle fate.
Vi si arriva tramite una breve escursione, lungo un sentiero che parte dal Centro Foresta e prosegue all’ombra dei boschi. Quando si arriva presso la piccola radura dove si cela la grotta, l’acqua a prima vista sembra sgorgare dal nulla. Poi la si vede, lì, proprio sotto le radici di un vecchio faggio, nella vegetazione color smeraldo.
È una grotta di piccole dimensioni, per entrare bisogna chinarsi e si rimane in ginocchio, eppure quando si varca la soglia, qualcosa cambia. Cambia la temperatura: all’improvviso siamo nel fresco grembo della montagna, nel silenzio più assoluto. Cambia la luce, che cede il suo posto alla penombra. E a un tratto sembra di essere proiettati in un’altra dimensione, di pace e meditazione. Curioso notare che tutti all’improvviso bisbigliano, come se fossero dentro una chiesa o un luogo sacro. Quando poi la vista si abitua, vediamo con i nostri occhi una minuscola cascatella di acqua purissima, che sembra sgorgare dal cuore stesso dalla montagna. Riguardo poi a ciò che vi si trova all’interno, beh… ognuno vi racconterà una storia diversa: c’è chi non vede niente, chi giura di scorgere piccole creature che giocano fra gli schizzi della fonte, chi esce e crede di aver sognato.
Orby, il nostro spiritello aiutante, dice di aver fatto una piacevole chiacchierata con l’ondina che vi dimora e il suo amico elfo, mentre gli spiritelli d’acqua si divertivano a schizzarlo d’acqua, ma vatti a fidare…
Quando si torna fuori dalla grotta, il bosco sembra rumoroso come una metropoli, tanto è la differenza con l’interno, e può capitare di sentirsi storditi per qualche minuto.
Un consiglio: se vi recate alla grotta in un momento di “folla”, attendete che si liberi, ed entrate da soli o con il vostro gruppo, altrimenti rischierà di essere una grotta qualsiasi e non vi mostrerà il suo vero volto: un luogo magico.
Le altre grotte delle fate in Italia
Di grotte delle fate in Italia ne esistono un gran numero, dalle più famose, come quella sui Monti Sibillini, alle più piccole, nascoste nei boschi e nei luoghi più suggestivi della penisola.
La corte delle fate dei Monti Sibillini faceva capo alla Sibilla, la Regina delle Fate. Esse erano bellissime ragazze, portatrici di doni e conoscenza fra le genti, come l’arte della tessitura e il ballo del saltarello, ma potevano essere riconosciute dalle zampe caprine e avevano il permesso di girare per il mondo degli umani solo di notte. Secondo una leggenda, una notte ballarono tanto da non accorgersi dell’alba che arrivava, così dovettero affrettarsi nel ritorno, e i passi che lasciarono dietro di loro crearono i “sentieri delle fate”, lunghe strisce di rocce bianche ancora oggi visibili. La Grotta delle Fate, o della Sibilla, oggi crollata, era ritenuta il punto d’accesso per il regno sotterraneo di Alcina.
Quattro grotte delle fate si trovato sotto il Monte Sassone e secondo la leggenda custodiscono dei magici telai d’oro, capaci di tessere nell’anima di chi le trova le canzoni perdute di un tempo mitico.
Spesso i luoghi con questo nome sono a ridosso di rovine megalitiche, castelli, e altri luoghi archeologici, come la “Domus de Janas” sul Monte Schiavone e la “Arma du Zembu” in Liguria. Altre volte si tratta di affascinanti grotte naturali, come la “S’Omu de is Jana” in Sardegna, dove vissero le fate e, secondo la leggenda, furono trasformate in pietra, creando le stalattiti. Nel beneventano, un’altra grotta delle fate è raggiungibile solo tramite scalata e corde, e fu un rifugio per i briganti.
Talvolta la storia di come è nato il nome di questi luoghi sopravvive nel tempo e giunge fino a noi, come per la corte di fate della Regina Sibilla, altre volte invece la tradizione orale va perduta, e tutto quello che possiamo fare è recarci sul luogo e sperimentare in prima persona l’energia che un luogo emana.
Ogni grotta delle fate rappresenta una testimonianza preziosa della credenza popolare sul piccolo popolo. Si tratta per lo più luoghi nascosti, remoti e suggestivi, dove le persone si recavano un tempo in cerca di acque dalle virtù miracolose e di guarigioni e dove ancora oggi ci rechiamo in cerca di un pizzico di magia.
(Flavia Imperi)