Fall, di Scott Mann: un esempio di vertiginosa angoscia

Se, come me, soffrite di vertigini, Fall potrebbe non essere il film che fa per voi, a meno che, naturalmente, non desideriate – come me – utilizzarlo come catarsi per la vostra paura o fobia. Nel mio caso non si tratta di una vera e propria fobia, quindi l’angoscia che ho provato nel vederlo è stata molta ma non devastante. Immagino che per un fobico possa essere molto peggio.

Ma veniamo alla trama.

Becky (Grace Caroline Currey, aka Grace Fulton, vista in Shazam! e Annabelle 2: creation) perde suo marito Dan durante la scalata di una parete rocciosa e da allora cade in depressione. A nulla valgono i tentativi di suo padre (Jeffrey Dean Morgan, il Negan di The Walking Dead) di scuoterla perché si riprenda. Becky va avanti in questo modo finché, un anno dopo, non si presenta alla sua porta l’amica Hunter (Virginia Gardner, vista in Halloween, Monster Party e nella serie Runaways) con una proposta: scalare una torre radio in mezzo al niente, una delle costruzioni più alte degli Stati Uniti).

Dapprima Becky rifiuta ma le insistenze di Hunter – anche lei presente il giorno della morte di Dan – la convincono ad accettare. Partono così per quest’avventura e Hunter filma ogni momento col suo cellulare, giacché ha un profilo social molto seguito e da subito la leggerezza con cui affronta le cose sembra infastidire l’amica, anche se, a lungo andare, la solarità di Hunter riesce a far breccia nella cupezza di Becky. Quando arrivano sul posto, appare subito evidente che la torre radio versi in condizioni pessime, ma ciononostante le due affrontano la scalata. A ben guardare non si tratta nemmeno di un’impresa così proibitiva, c’è una scaletta che da terra arriva fino in cima e, per quanto sia messa male, rappresenta un bel facilitatore. Così, dopo alcune remore iniziali da parte di Becky, alla fine inizia la scalata e dopo alcune difficoltà riescono ad arrivare in cima.

Ed è a questo punto che le cose si complicano. Senza spoilerare più di quanto non facciano i trailer, diciamo subito che la scala che ha permesso alle due amiche di arrivare in vetta crolla e così si ritrovano sole, su una piccola piattaforma in cima alla torre, senza campo per via dell’enorme altezza e quindi isolate dal mondo.

L’isolamento porterà le due giovani a confrontarsi con il loro passato, con un segreto che le riguarda e soprattutto con le proprie paure. Se da una parte la spregiudicata Hunter non getta mai la spugna, dall’altra Becky è più coscienziosa ma ancora chiusa a guscio a seguito del trauma precedente.

Nonostante il film duri un’ora e tre quarti, non ci si annoia mai, trovo che Scott Mann – che ha firmato anche la sceneggiatura insieme a Jonathan Frank, come per tutti i film precedenti diretti dal regista (The tournament, Bus 657, L’ultima partita) – sia riuscito a fare un ottimo lavoro. L’uso sapiente della macchina da presa, la fotografia e alcune astuzie di cui ci si accorgerà solo verso la fine, ne fanno un’opera ben strutturata che, nonostante i cliché del genere, riesce a penetrare le difese dello spettatore.

Brave le due protagoniste a tenere viva l’attenzione su di loro per quasi tutto il tempo e un certo colpo di scena a tre quarti di pellicola riesce a far davvero la differenza; anche se personalmente avevo intuito la verità – si può dire che come spettatore io sia piuttosto disincantato e so riconoscere certi segnali – sono ugualmente rimasto colpito. I più esperti noteranno una somiglianza a un altro film horror di cui non faccio il nome ma la cui natura possiamo definire “acquatica” (divertitevi a scoprire di quale film parlo).

In sostanza, Fall è un thriller più che un horror, anche se ha connotazioni di entrambi i generi al suo interno. I risvolti psicologici sono forse prevedibili ma comunque funzionali alla storia e quanto al punto di forza della pellicola, possiamo senz’altro dire che sia il senso di ansia, di angoscia onnipresente: la minaccia del vuoto, così vicino e minaccioso toglie quasi il fiato. L’empatia verso le ragazze si taglia col coltello, sembra davvero di stare lì, su quella piattaforma, con loro, a un’altezza assurda, che definire vertiginosa appare un eufemismo.

Consiglio la visione del film a chiunque, ma se avete la fobia dell’altezza vi avverto: potrebbe non essere il film giusto per voi.

Quattro coltelli.

(Daniele Picciuti)