Il sangue di Andrea Biscaro non mente!

Buon sangue non menteThe 2nd law: Isolated System.
Quando trasmettono una puntata di The walking dead, sui social network si scatena una guerra. Da una parte i “fumettari”, quelli con i pollici sporchi d’inchiostro che sparano “spoiler” pesanti se attaccati frontalmente, e dall’altra i “televisivi”, quelli con orari fissi che per il tempo di due puntate ripetono: “è quanto di meglio si possa avere per una serie tv horror”.
Per non offendere nessuno, dirò: la verità sta da una parte. Inoltre, io non so chi sia Daryl Dixon e, se rompete le scatole, vi maledico segnandovi il volto con l’inchiostro del mio pollice, mentre vi faccio delle anticipazioni in grado di rovinare almeno un paio di stagioni a voi pigri pascolatori catodici.
Sempre che la produzione non si dimentichi che è tratta da un fumetto e non se ne vada per i fatti suoi, verso nuovi strani mondi.
Sì, sono un fumettaro e sono sempre schierato nella guerra d’opinione.
L’unica cosa degna di nota della serie tv è stato il lancio della quarta serie, quando trasmettevano in ogni momento il riassunto delle tre stagioni precedenti in tre minuti. Apprezzai il tentativo, non tanto per la noncuranza con cui proponevano infedeltà più o meno imbarazzanti, ma per l’ottima scelta del sottofondo musicale che con un ritmo leggermente ansiogeno, associato alle immagini e al racconto fatto da Rick Grimes, suggeriva la presenza di una tensione seppellita nel profondo del genere umano.
Un’oscura pulsione di violenza e prevaricazione capace di guidare uomini disposti a qualunque cosa pur di sopravvivere.
E poi, i Muse sono sempre grandi.
Dato l’enorme successo avuto dal fumetto e la timida risonanza della serie televisiva – state attenti perché posso rovinarvi molti colpi di scena – c’è stata una proliferazione di società devastate dall’apocalisse zombie. Molti dei prodotti spacciati impunemente sugli scaffali delle librerie non sono degni di nota o, nel peggiore dei casi, modificano geneticamente il mostro di turno con dna prelevato dalle soap opera (Twilight; Warm bodies e via peggiorando).
In questa Babele di non morti qualcosa si salva e per questo scelgo di recensire Buon sangue non mente di Andrea Biscaro. Il motore di tutto è una sexy protagonista con un piano semplice: far saltare la Cittadella e cancellare ogni differenza, ma procediamo con ordine.
Un sano racconto horror ambientato in una Milano popolata per lo più da morti viventi, un dannatissimo pulp con tanto di linguaggio esplicito, toni irriverenti da black comedy e scandito dal tempo dell’indicativo presente. Ma ha un buon motivo per discostarsi da quanto visto, letto e masticato sino a ora.
Un punto a favore è la precisa scelta stilistica adottata. Ha il pregio di creare sin da subito una complicità tra lettore e protagonista; un’intesa basata sulla contemporaneità e rafforzata dal dialogo che l’autore crea interpellando il lettore, confidandogli direttamente descrizioni e pensieri senza, come il bon ton della scrittura impone, nascondere queste informazioni necessarie in sbarazzini scambi di battute, apparentemente casuali, fra i vari personaggi disponibili.
Contemporaneità e complicità accorciano le distanze e confondono, per quanto possibile, realtà e finzione. Per fare alcuni esempi, questa tecnica narrativa è utilizzata in molte delle opere teatrali di Pirandello, tra cui spicca Sei personaggi in cerca d’autore, nelle serie televisive Malcom e House of Cards, ma anche nei fumetti di Deadpool e She-Hulk e infine nel film Last Action Hero e nella voce fuori campo di Kick-Ass.
Non sai la fatica fatta per spiegarti una cosa semplice che sicuramente conosci meglio di me.
Ecco cosa significa infrangere la quarta parete. Prenderti alla sprovvista, magari afferrandoti i capelli, solo per confidarti i miei pensieri.
Il primo capitolo inizia nel momento peggiore, quando la protagonista è rimasta incastrata nella situazione più scomoda: il preciso momento in cui tutto sembra dover andare per il verso sbagliato. Avete presente Megamind, quando precipita nel vuoto e riflette sulla sua situazione, o Edward Norton con in bocca una pistola all’inizio di Fight Club? Certo, non sono gli unici esempi. Iniziare in medias res non è certo una novità, ma in questo caso è un attacco fulmineo e inizia con l’abbattere, sin dalle prime righe, il normale atteggiamento critico e l’attenzione per la finzione narrativa; così Andrea Biscaro frantuma molte regole della “buona narrazione”, imprigionandoci subito nella trama.
La demolizione dei canoni letterari, ovviamente, non è casuale e non appare mai stucchevole. L’autore conosce bene le regole infrante e ha saputo calibrare tutti questi elementi per ottenere l’effetto desiderato.
Il primo capitolo si chiude nell’incertezza e il secondo avvia il flashback che ci riporterà allo stesso punto, prima del gran finale.
Si riparte un passo indietro, una breve gita automobilistica con cellulare incollato all’orecchio e la scarsa attenzione verso l’attraversamento pedonale degli zombie, definiti per l’occasione “cazzi mosci”. Il percorso si snoda tra corso Buenos Aires, porta Venezia e piazza San Babila, per giungere a piedi davanti alle rovine del Duomo e all’entrata della galleria Vittorio Emanuele, dove sorge la cupola di cristallo infrangibile che separa la Cittadella dal resto dell’agglomerato urbano.
Nonostante tutto, una parte della società si è salvata e vive indisturbata nel sottosuolo. Peccato si sia salvata la parte peggiore; un misto di politici, porporati, avvocati, piccole e medie star del villaggio catodico e, in ordine sparso, affaristi e arrivisti di qualunque taglio e specie, mentre gli altri sopravvissuti sono costretti a vivere fuori, tra la miseria e la fatica.
Per riuscire ad accedere all’oasi protetta, la protagonista fa leva sugli appetiti sessuali di Giorgio, uno dei privilegiati, rimasto irretito dall’avvenenza della ragazza. Parafrasando Enrico III di Navarra: un’avventura con un’esterna niente male vale bene il pericolo di aprire la porta a qualche sgradito ospite.
A questo punto, dopo aver pagato il proprio ingresso, si attarda a godere di alcuni privilegi tra cui una doccia calda e un lauto pranzo. Una sorta di tentazione verso una vita comoda, una prova da superare mantenendo saldi i suoi propositi nel livellare al punto zero l’intera società.
Buon sangue non mente non è la solita riproposizione di stereotipi partita con La notte dei morti viventi e protratta ben oltre The walking dead. Biscaro non si ferma a constatare l’esistenza e l’apoteosi di una “2nd law”; un sistema isolato seppellito sotto la morale e la religione che in circostanze estreme partorisce la natura violenta e prevaricatrice dell’uomo. La novità è la vena politica e rivoluzionaria introdotta in quello che, almeno apparentemente, sembra essere la solita situazione di sempre; questo contributo finisce con lo scardinare gli schemi noti e la rabbia non si assesta sullo sfruttamento, ma si presenta nell’inedita versione della “liberazione”.
Questa storia non è solo una questione di sopravvivenza e cattiveria, ma di rivoluzione.
Inutile sottolineare le molte analogie di Buon sangue non mente con la situazione che stiamo vivendo.
Dalla descrizione e l’utilizzo fatto dai personaggi, la cupola di cristallo riproduce concretamente la barriera metafisica che protegge “la casta”; uno schermo trasparente da cui si può vedere la miseria del mondo ma che allo stesso tempo isola chi osserva.
Tanto per sprecare una metafora, la Cittadella è popolata da tanti altri zombie che si nutrono della parte più viva di un’intera nazione.
Ecco, arrivati a questo punto, qualcosa va storto; il piano si complica e un paio di contrattempi allungano il percorso. Ma non ne parlo, altrimenti il libro non lo leggete più!

Buon sangue non mente, di Andrea Biscaro. € 15, pubblicazione fuori commercio, disponibile in edizione limitata, numerata e autografata su Ebay e presso i contatti diretti dell’autore.

(Mirko Giacchetti)