Black Hats, di Max Allan Collins
Ogni epoca ha i suoi eroi. I suoi simboli. Ma, prima o poi, ha anche una fine. Quando subentrano nuovi modi di vivere, diversi traguardi e azioni per tentare di raggiungerli. Che non è detto siano più efficaci. Come non è detto che i vecchi leoni cedano il passo ai nuovi senza ruggire un’ultima volta.
Nel 1920, il leggendario Wyatt Earp è ormai un anziano e sereno signore che trascorre al sole della California i suoi ultimi anni di vita. Non certo su di una sedia a dondolo a contemplare i tramonti. Si mantiene attivo svolgendo piccoli lavori di investigazione e qualche consulenza cinematografica. Certo, son lontani i tempi della sfida all’OK Corral. Ma non del tutto dimenticati. Quando infatti si presenta al suo cospetto la vedova del suo vecchio compare Doc Holliday, chiedendo aiuto e protezione per il di loro figlio John Holliday, Wyatt non esita ad attraversare l’America. Fino a giungere in quello che è ormai un altro mondo, New York. Dove dovrà riadattarsi completamente a nuovi interessi e a nuovi nemici. Dal cognome italiano. E dal mitra facile. Che se nel 1920 ci fosse già stata la Time’s person of the year, sarebbe stato candidato al riconoscimento. Qualche anno dopo Earp, ovviamente. Al Capone. E i due controversi simboli di epoche contigue vengono a contatto, si combattono, si rispettano. Dietro una inesorabile clessidra che segna lo scorrere del tempo.
E il punto forte del romanzo di Max A. Collins, noto giallista statunitense, è proprio il confronto, il trapasso tra due epoche. Questa evoluzione , che avviene in un unico libro, dal post western alla gangster story. C’è moltissima cura nei particolari, ambientali, di situazione, storici. Quasi si sente la polvere sulle labbra, quasi ci si aggiusta il cappello nero in testa. E, in un romanzo, far calare appieno il lettore nel contesto, oltretutto così particolare, è ottimo intento. La base ritmica è ovviamente quella tipica, molto lineare, discorsiva, senza particolari acuti ma costantemente incisiva. Anche i personaggi sono costruiti con meticolosità, seppur nel pieno stile americano, molto più azione che pensiero. Invincibili e privi di dubbi, eroi o antieroi in ogni caso un po’ troppo agiografati. La trama è certamente più da action book che da noir puro, pieno di sparatorie accadute o, per non farsi mancar nulla, rivissute nella mente dei protagonisti. Alla fine quindi, discreto “born in USA”, per gli amanti del genere, con la marcia in più della perfetta ambientazione e il condimento di una velata malinconia per i tempi che cambiano inesorabilmente. Facendo sentire tutti un po’ nostalgici.
E, a margine, una riflessione. Che non vuole essere opinione, ma solo constatazione. Il proibizionismo, di qualsiasi natura esso sia, porta la malavita a farsi fornitrice. È sempre avvenuto così, si parli di alcool, droga, scommesse, prostituzione. All’uomo, come specie, non piacciono le rinunce.
(Giovanni Cattaneo)