Stanze di carne, di Alessio Gradogna

Questo è un luogo fatto di odori, profumi, sensazioni, vibrazioni. Qui non c’è il passato, e nemmeno il futuro. Chiudiamo in un cassetto i ricordi di ciò che è stato, e ce ne freghiamo del domani. Viviamo soltanto il presente, il momento, l’attimo da consumare…

Con queste parole l’amico Leo fa breccia nella curiosità di Vincent convincendolo a mollare tutto per raggiungerlo nella casa dei piaceri. Così inizia l’avventura di questo romanzo, un viaggio – nel vero senso della parola – che porterà il nostro protagonista ad abbandonare la sua vita fatta di abitudini e routine, per scoprire il mondo eccitante e sconosciuto che si nasconde tra le mura di questo misterioso edificio.

Nessuno sa di preciso dove si trova, nessuno sa cosa succede al suo interno finché non ci mette piede. In pochi possono farlo e i meccanismi di ricerca dei nuovi “inquilini” sono orchestrati per mantenere tutto nel più segreto riserbo. Un sistema che va avanti da dieci anni, oliato, efficace, funzionale. Eppure Vincent capisce subito che qualcosa non va. Mentre si lascia stregare da qual luogo “vivo”, fatto di carne, sangue e pulsioni. Inizia a porsi delle domande. Notare particolari. Quello che forse gli altri non vedono, troppo assorti nel piacere che quel luogo regala, o troppo impegnati nel sovvertire le regole della decenza, per lui diventa continuo stimolo di scoperta. E alla fine solo a lui sarà fatto dono di sapere. Insieme al lettore, scoprirà il terribile arcano che si nasconde nella casa e gli inconsapevoli compromessi che ne regolano la vita.

Il romanzo di Gradogna si regge sul filo dello stereotipo. Una vita matrimoniale piatta, la voglia di evasione, il viaggio alla ricerca di sé e di nuove emozioni e una casa che cela un mistero. Un luogo dove ognuno ha modo di dare sfogo ai suoi istinti più reconditi. In cui non esistono regole tranne un “rispetto” ideale che va mantenuto nelle varie forme dell’assecondarsi. Una sorta di paradiso delle pulsioni. Eppure c’è sempre un particolare – una situazione, una parola, un gesto o un interrogativo – che ribalta la prevedibilità dell’insieme rendendolo vivo. La riconoscibilità degli elementi in gioco subisce continui colpi, si perde e si ricombina in qualcosa di nuovo e inaspettato e questa è la grande forza dell’intero romanzo. Quando leggendo pensiamo che questa cosa è già vista o già sentita arriva una nuova immagine che ribalta la nostra percezione. Il testo scorre quindi via veloce, lo sguardo divora le parole alla ricerca del prossimo colpo di scena. Ci sarà, il lettore lo capisce subito che tra le pagine di Stanze di carne non si può stare tranquilli, né distrarsi un attimo. Gradogna di suo ci mette uno stile semplice ma ben calibrato. Immagini vivide e molto riuscite, specie laddove si trova a descrivere gli stati d’animo del protagonista. La prima notte nella casa, la prima volta davanti a quello “spettacolo” è una delle parti più riuscite da questo punto di vista. Un autore meno esperto avrebbe gestito l’emotività del personaggio come quella di un bambino al Luna Park, Gradogna invece rende il suo Vincent vero e credibile, incuriosito ed eccitato ma allo stesso tempo frastornato e frustrato. Un mix reso in maniera intensa e senza sbavature.

Forse non riesce ad avere la stessa efficacia nei dialoghi ma è un aspetto che gli si perdona perché, in altri momenti, riesce a farci tremare e sognare e ansimare insieme ai personaggi della storia.

Buona anche la soluzione di svelarci il protagonista a poco a poco, inserendo, con abile perizia, riferimenti alla sua vita e a suo passato all’interno della vicenda principale. Non è una scelta semplice da gestire, con il pericolo continuo di ricadere nell’infodump, eppure l’autore lo fa in maniera naturale, senza creare rotture o balzi, integrando ogni singola immagine con tutte le altre, fino al doloroso e spietato finale.

 (Laura Platamone)