La bambina della casa di legno, di Laura Simonetta
Racconto estratto dal concorso Minuti Contati, 51° Edizione
Il giorno e la notte si confondevano in una penombra continua, dove la nebbia intrappolava luce malata.
Sulla distesa limacciosa, una casetta di legno: ha la porta sprangata. Non una finestra. I pochi raggi che filtrano dalla spessa coltre di fumo, la dipingono di ombre sempre diverse. Lei le vede. Le attende con ansia, appiccicata a quell’unico intaglio nel legno rigonfio. Sono l’unica cosa che ha. Non le è stato dato neppure un nome.
Conosce solo quelle mura che la circondano. E quell’uomo. Quell’omone i cui passi sprofondano nel terreno dando voce a un silenzio imperturbabile che nemmeno la natura osa disturbare. Quella bestia che ogni giorno le ripete, sei mia, mentre le stringe la testa tra le mani e le ficca la lingua tra le labbra serrate, e fino in gola, infradiciandole guance e mento.
Lei stringe gli occhi. Per non vederlo, per il dolore, ma ha smesso di piangere. Non di sanguinare. Il suo corpo, troppo piccolo per quello di lui, si spacca a ogni colpo, a ogni spinta subita: più la penetra, più il cuore le batte incontrollato, incontrollabile. Come un asma che non dà scampo, che non rilascia più aria, uccide. Così fa lui, la prende, la trattiene e non la lascia più, finché il caldo le bagna il ventre, scivola sulle cosce, e lui la getta in un angolo. Poi tutto finisce. Tranne il male. Quello sarebbe tornato ogni giorno. Assieme al buio che cala, ai passi che sprofondano e la spranga che scatta. Assieme a lui.
E così succede ancora. Ma, questa volta, l’uomo non è solo. Assieme a lui entra anche la nebbia.
Ora la sagoma che la carica non è più quella del suo carnefice, diventa un mostro che lei ha già visto, un grosso cumulo fumoso con enormi occhi neri che la inghiottiscono. La nebbia si contorce su di lei, l’avvolge e le toglie il fiato. Sente le labbra spaccarsi, un sapore acre bruciarle la gola, eppure non demorde, sopporta, perché sa che per vedere quel fumo danzare, deve combattere il mostro, lo deve dissolvere. Solo così vedrà i sottili fili intrecciarsi in rivoli ora ricci, ora spumosi e liberarsi in un ballo. Potrà danzare con loro. E lei non sarà più sola.
Conosce il momento in cui agire, l’attimo in cui il mostro abbandona ogni forza. Arriverà tra poco. Il cumulo chiaro è sempre più grosso, si gonfia a ogni colpo che le dà in gola. Poi la bocca si inonda, lei tossisce saliva e lui si ritrae. La bruma si dissolve, formando un velo compatto. È il momento. Deve oltrepassare il mostro e affidarsi alla sola cosa che non le fa male. Che le è amica.
Oltrepassa il velo e si getta in quelle spirali di libertà che la prendono per mano.
Sparisce.
Dietro di sé un urlo che solo la pioggia più forte conosce.
Sente i piedi sprofondare: la bambina non avrà più una casa di legno.
Non sarà più sola. La nebbia danza con lei.