Gabbiani e sovrani, di Laura Platamone
L’alba oggi sa di catrame, Giulia mette le cuffie per sfuggire agli stridii del cielo. Non c’è nulla di più straziante delle urla dei gabbiani in città. Quegli uccelli che nei suoi ricordi planavano giocosi sull’acqua sono adesso bestie immonde da discarica. E lei li nutre con i quintali di spazzatura che ha accumulato nel suo mondo. Quintali? No, Diego non pesa più di sessantacinque chili con quel suo corpo ossuto che a lei era subito piaciuto.
Ricorda ancora la prima volta che ha passato le sue dita su quelle clavicole marcate, sulle scapole sporgenti, sulla mandibola pronunciata. Quando pensava che lui fosse tutto: il suo re. Peccato che col tempo il re si fosse trasformato in un tiranno. Despota e padrone di ogni emozione. Capace di decidere per ogni lacrima da versare e ogni ricordo da cancellare.
E ricorda anche l’ultima, quando quelle clavicole le ha ripercorse con la lama affilata di un coltello, appena poche ore prima. Con chirurgica precisione è stata capace di disegnare, su quel corpo, percorsi di dolore come quelli che lui aveva inciso a fuoco sulla sua pelle. Giulia però ha curato le sue ferite col sangue e adesso ride.
Nonostante ci pensi da un po’, non è ancora capace di scegliere, tra l’incontro e la morte, il momento che le ha regalato le emozioni più intense, ma nella sua mente l’insano piacere della vendetta la fa già da padrone. La moneta dell’amore mostra il suo risvolto fatto di rabbia e rivalsa.
Aveva pagato per ogni sua bugia, il bastardo, e il tributo stava per essere riscosso dai becchi rapaci di quelle bestie urlanti. I vermi sarebbero arrivati a completare il lavoro e alla fine di Diego sarebbe rimasto solo un residuo viscido confuso alla spazzatura.
Sì, ecco ciò che era: spazzatura. Ed ecco ciò che meritava: spazzatura.
Consumare nell’immondizia ogni sua cellula, fino all’ultima. Annegare in quel mare marcio dove le onde non erano moti d’acqua cristallina, ma zaffate putrescenti di roba andata a male. Il posto perfetto per un rifiuto. Lui, che l’aveva usata, circuita e sottomessa come un sovrano egoista fa con la più devota delle suddite, adesso aveva un intero regno di merda sul quale spadroneggiare indisturbato.
È stata così accorta nel costruire quel mondo per lui che non ha dimenticato proprio nulla. Si volta per l’ultima volta a guardare il corpo dilaniato adagiato su un trono di sacchi scuri. La mano, tenuta ferma da nastro isolante nero, regge il triste scettro di quel relitto: ciò che resta del suo pene mozzato.
Si volta e va via.
Buon San Valentino, re di ‘sto cazzo!
Letto tutto d’un fiato: racconto bellissimo Laura!!
Cara Laura, sono lontano per età e formazione da questo tipo di prosa e non ho la “patente di lettura” necessaria per giudicarla. Quindi, perdonami se mi astengo da qualsiasi giudizio. Mi piacerebbe però, per potermi spiegare meglio, che tu leggessi un mio racconto d’amore che ho dedicato a mia figlia e intitolato “Il bacio”. Forse ti sembrerà antiquato e ingenuo…dove posso mandartelo? Ciao e buon lavoro.
Per semplificare le cose l’ho pubblicato adesso nel mio blog musashop.wordpress.com assieme a un altro mio racconto.
Ciao Paolo,
ti ringrazio per aver letto il mio racconto. Purtroppo per motivi che molti conoscono e che ho spiegato più di una volta nel mio blog non rilascio pareri o valutazioni su scritti altrui al di fuori di quello che è il mio lavoro. Non voglio sembrare maleducata o supponente ma in giro c’è parecchia gente che se ne approfitta quindi preferisco essere coerente e trattare tutti allo stesso modo!
Laura
Ciao Laura, capisco e apprezzo la tua coerenza. Io anni fa ho pubblicato due volumi di favole non a pagamento e per ora non cerco editori per pubblicare altre mie opere. Quindi l’invito a leggere il mio racconto non aveva assolutamente alcuna intenzione editoriale. Volevo soltanto solleticare la tua curiosità, ma mi rendo conto che non hai molto tempo per questo. Comunque grazie, non sei affatto maleducata, ma soltanto immersa nel lavoro fino al collo… Paolo
Grazie della comprensione Paolo, lo apprezzo molto ^^