Mummia: è un medicinale, può indurre effetti collaterali
“… i due occhietti, simili a noccioli, erano nascosti nelle nere orbite incavate. La pelle chiazzata era tesa da osso a osso, e un ciuffo arruffato di capelli neri e ruvidi gli ricadeva sulle orecchie. Due denti, sottili come quelli di un topo, sporgevano sull’avvizzito labbro inferiore. Da quell’orrida cosa, nonostante la sua posizione rannicchiata, con le articolazioni piegate e la testa che sporgeva in avanti, spirava una strana forza.”
Attraverso questa magistrale descrizione Sir Arthur Conan Doyle ci racconta l’inquietudine provata da Abercrombie Smith, protagonista del racconto lungo La mummia (titolo originale Lot no. 249), davanti all’antico cadavere sospettato di misteriose aggressioni verificatesi nei dintorni dell’Università di Oxford.
La stessa sensazione deve aver pervaso l’animo di quei marinai che, nell’anno 1586, salpati dalle coste dell’Egitto, destinazione Inghilterra, scoprirono quale merce trasportava la nave sulla quale erano imbarcati.
Un ammasso di teste, mani, braccia, gambe: più di seicento chilogrammi di mummie smembrate.
Si trattava del prezioso bottino di John Sanders, agente di una compagnia di navigazione mercantile, stabilitosi per due anni nella terra dei Faraoni non solo per visitare le meraviglie del Cairo, ma anche per saccheggiare i pozzi delle mummie di Menfi.
Cosa ne fece di questo materiale umano lo spregiudicato Sanders?
Molto semplice, lo vendette sul mercato nero.
Perché dai corpi imbalsamati veniva ricavata, e offerta a caro prezzo, una sostanza medicamentosa chiamata “Mummia”.
L’intruglio, benché osteggiato da molti medici, si diceva fosse in grado di sostituire il pissasfalto, composto naturale di pece e bitume divenuto ormai introvabile. I materiali utilizzati dagli antichi egizi nel procedimento di imbalsamazione dei defunti venivano considerati molto simili al composto e quindi utilizzabili nella cura di numerosi disturbi oltre che di ferite, contusioni, fratture.
Alcuni erano soliti far bollire i pezzi di mummia in acqua fino al completo distacco delle carni, per raccogliere l’olio salito in sospensione dopo il processo di bollitura. Altri riducevano gli arti mummificati in polvere da assumere per via orale, o ne facevano dei balsami.
In molti casi venivano utilizzati tutti i tessuti che si trovavano nelle cavità dei cadaveri.
A nulla valsero i tentativi dei governanti egiziani di impedire l’empio commercio.
Tantomeno il traffico si fermò a causa delle superstizioni dei marinai, i quali, in seguito ad alcuni naufragi, iniziarono a far circolare voci su presunte maledizioni legate proprio alle ire dei defunti.
Guy de la Fontaine di Navarra, medico francese, in un’indagine legata a questo malcostume, scoprì che, per soddisfare le crescente richiesta di cadaveri imbalsamati, c’era chi non esitava a vendere corpi freschi, “invecchiati” ad arte e spacciati per contemporanei di questo o quel Faraone.
I falsari si fecero sempre più specializzati: estraevano con cura le parti interne del cadavere, lo riempivano di mirra, resina, aloe, bitume e pece, lo avvolgevano per bene in bende e completavano il procedimento essiccandolo in una fornace.
Ora, il fatto che gente senza scrupoli sia sempre esistita non scandalizza nessuno. Viene però da chiedersi come gli utilizzatori del prodotto, europei benestanti e cristiani tanto credenti, abbiano potuto ingerire con naturalezza frammenti di cadavere.
Si racconta persino che il re di Francia, Francesco I, non nascondesse di portare sempre con sé, a scopo precauzionale, un pacchetto di “Mummia”!
Oltre al citato Guy de la Fontaine anche altri medici europei, come il noto erudito Thomas Browe, si scagliarono contro questa terribile pratica.
Senza contare il fatto che autorevoli studi dell’epoca testimoniano come questo abominevole farmaco non fosse di nessun aiuto ai pazienti.
Inutile e dannoso: vengono infatti descritti casi di effetti collaterali legati alla sua assunzione. Si passava da semplici nausee e attacchi di vomito a gravi disturbi al cuore e allo stomaco fino addirittura a paralisi alla bocca.
Il falso medicinale tuttavia fu utilizzato sino ai primi del XVIII secolo, cadendo però, decennio dopo decennio, in desuetudine, sino a scomparire del tutto nella seconda metà del XIX secolo.
Oggi tale pratica sembra del tutto estinta, anche se non ci sarebbe da stupirsi nel trovarla ancora in uso presso circoli di occultisti devoti alle antiche religioni orientali.
A proposito: si vocifera che in qualche piccola farmacia di New York si possa ancora acquistare autentica polvere di mummia egizia al prezzo di duecento dollari l’etto…
Fonti:
– Brian Fagan, “Alla scoperta dell’antico Egitto”, Grandi Tascabili Newton, Roma, 1996
– Necia Desiree Harkless, “Nubian Pharaon and Meroitic King” ebook 2010 (basata sull’opera originale di Brian Fagan, datata 1975)
– Nicolas Grimal “Storia dell’antico Egitto” in Storia Universale, RCS Quotidiani Spa, Milano, 2004.
(Giuliano Conconi)