Un frammento di vita/Il popolo bianco, di Arthur Machen
Titolo: Un frammento di vita/Il popolo bianco
Autore: Arthur Machen
Editore: Edizioni Hypnos
Anno: 2018
Pagine: 236
Prezzo: 5,99 euro (ebook) 21,90 euro (cartaceo)
Sinossi
Nelle esplorazioni di Edward Darnell, figlie dei vagabondaggi dell’autore, Londra diventa terra incognita, ricca di incanti, promesse e minacce. Lasciandosi alle spalle la grigia esistenza di impiegato della City, la grettezza della vita quotidiana nei sobborghi, il protagonista parte alla scoperta della realtà oltre il mondo materiale, ritrovando i verdi viottoli del Galles nella metropoli, scoprendo il significato autentico dell’eredità nascosta dei suoi padri. La realtà oltre le apparenze, l’esplorazione di mondi sconosciuti ma sempre a portata di mano, i tesori che offrono e i pericoli a cui si espone chi decide di intraprendere il viaggio sono i temi portanti della narrativa di Machen, carica di influenze mistiche e suggestioni legate alla tradizione celtica: Un frammento di vita, pubblicato qui per la prima volta in Italia, e Il popolo bianco, considerato uno dei suoi grandi capolavori, ne sono tra le più importanti testimonianze.
Il volume comprende anche il racconto breve Un doppio ritorno, che suscitò le lodi di Oscar Wilde. Arthur Machen (1863-1947), gallese di nascita, è considerato tra i maggiori autori del fantastico, alla pari di E.A. Poe e H.P. Lovecraft.
La recensione di Nero Cafè
Adoro i classici e adoro ancora di più la missione di molti editori – come la Hypnos, in questo caso – che si impegnano a tradurre nella nostra (meravigliosa, fatemelo dire) lingua classici della letteratura mondiale mai arrivati in Italia. Questo giro è dedicato ad Arthur Machen, scrittore gallese di storie horror e fantastiche.
Nel volume Un frammento di vita/Il popolo bianco sono contenute tre storie di diverso genere e diversa lunghezza, due delle quali ispirano, appunto, il titolo della pubblicazione.
Un frammento di vita
Questo primo racconto è forse il più debole dell’intero libro. La lettura è rallentata da uno stile molto lento, aulico, che attutisce gli eventi che si susseguono nella storia. Attenzione, non è una critica allo stile – chi conosce Machen e ha letto altre sue opere sa bene che non ha una sintassi semplice – ma all’esposizione delle vicende. Di conseguenza, anche le ambientazioni e i personaggi appaiono ovattati, sfocati, piatti e non riescono a emergere come dovrebbero dalla carta, il che è un peccato, perché le potenzialità, questo elaborato, le aveva tutte.
Leggendolo, mi è sembrato che l’autore fosse partito con in mente un progetto molto più ampio e complesso, ma che poi in qualche modo la storia gli sia andata a noia e l’abbia così raffazzonata sul finale, dove si sviluppano e accavallano numerosissime vicende e informazioni che destabilizzano il lettore. Al termine della lettura sono rimata un po’ interdetta, come se avessi letto ciò che poteva essere un piccolo capolavoro e che, invece, è stato lasciato incompleto.
Se non avete mai letto nulla di Arthur Machen, vi consiglierei di non approcciarvi alla sua produzione con questo racconto.
Il popolo bianco
Con questo secondo racconto – lungo, ma più breve del primo – ci troviamo faccia a faccia col vero Machen. La lettura è abbastanza scorrevole e coinvolgente, nonostante la narrazione, in forma per la maggior parte di diario, si svolga su piani temporali differenti. Le ambientazioni sono ottime, mentre i personaggi non riescono ad assumere completa tridimensionalità. Lo stile, infine, è “il suo”: elaborato, lento, dalla sintassi a tratti un po’ macchinosa ma, attenzione, non è detto sia un male, infatti il terrore che l’artista vuol far arrivare è attutito, concettuale – e vi riesce. Unico particolare che ho trovato un po’ “importuno” è il susseguirsi delle scene iperboliche in cui viene rappresentato lo stupore della giovane autrice del diario.
Per comprendere lo scritto a fondo, tuttavia, il lettore deve conoscere la formazione e la forma mentis di Machen: egli, infatti, possedeva una radicata cultura cristiana (anche se stava cercando di ribellarvisi) e in questo lavoro propone una vera e propria iniziazione ai culti magico-pagani di una ragazzina. Un evento sconvolgente, per l’epoca e per la mentalità del pubblico cui era destinato. A rafforzare l’inquietudine, il fatto che, a iniziare la giovine, sia proprio la bambinaia, persona a lei vicina che avrebbe dovuto godere della fiducia non solo della ragazzina, ma anche dei suoi genitori. Forse, un monito utile anche ai giorni nostri.
Un doppio ritorno
È il racconto più breve della raccolta, ma anche il più misterioso. Scorrevolissimo, non solo perché sintetico, riesce a far entrare perfettamente il lettore nella vicenda e salire la tensione ai giusti livelli, sino alla rivelazione finale. Lo stile è conforme a quello dell’autore, sebbene risulti un poco più immediato che in altri elaborati. I personaggi sono appena accennati, ma questo conferisce maggior ambiguità all’evento narrato, mentre le ambientazioni, in poche righe, sono ben dipinte.
Questa storia è agghiacciante in quanto Machen dissemina il testo di elementi senza pur dare nessun suggerimento esplicito al pubblico. Tuttavia, se il lettore dispone di un po’ di cultura folkloristica classica, si può rendere conto che l’autore soddisfa appieno tutti parametri del doppelgänger, dando vita a un vero e proprio gioiellino dell’horror fantastico.
Il lavoro, nel contesto, vale assai, ma per amarlo come merita è richiesto uno sforzo da parte del lettore, che deve prima disporre di un’infarinatura generale sia sulla vita dell’autore sia sul contesto socio-culturale dell’epoca. Fatto ciò, la pubblicazione si può gustare interamente.
Difficile, invece, dare un giudizio o indirizzare il pubblico sull’acquisto o meno di questo volume. È un classico e come tale, secondo me, va letto a prescindere. Certo, è bene non aspettarsi un elaborato semplice e di puro intrattenimento, ma qualcosa di più profondo, culturale, travalicante i canoni estetico-contenutistici della narrativa moderna di genere.
Sentiti complimenti a Elena Furlan per l’ottima traduzione.
Estratto
Sulle strade della Cornovaglia aveva visto molte antiche croci con i loro intagli intrecciati, che talvolta si ergono su un tumulo e segnano il punto di incrocio di due vie; mentre sistemava il portfolio accanto a sé, non poté fare a meno di provare un moto di orgoglio per il suo contenuto. “Immagino che metterò su una buona esposizione per la primavera prossima” pensò il poveretto! Non avrebbe mai più dipinto un quadro, ma ancora non lo sapeva.
Valutazione: tre coltelli e mezzo
(Tatiana Sabina Meloni)