True Detective: un tuffo nel noir più profondo
Ho iniziato a guardare questa serie più per curiosità che per reale interesse. Matthew McConaughey e Woody Harrelson sono due attori che mi piacciono particolarmente e così mi sono buttato. Mai tuffo è stato più piacevole. Già dalla prima puntata ero calamitato da questa storia così ben orchestrata.
Trovo che ci sia una grande professionalità dietro la scrittura e la regia di questo serial, ogni episodio ruota come un mirabolante vortice tra presente e passato lasciando lo spettatore alla mercé di un mistero che anziché disctricarsi, pare infittirsi ogni volta.
E poi i personaggi. Nella loro negatività, nel loro approcciarsi l’uno all’altro con prepotenza e meschinità, risultano davvero notevoli, due schegge impazzite che chi osserva non può che amare e odiare al tempo stesso.
McConaughey poi sembra avere una marcia in più. Abbandonati i ruoli più superficiali da belloccio da commedia, sfodera qui tutta la sua bravura. Persino il doppiaggio è in assoluto tra i migliori mai annoverati in un serial, checché ne dicano certe maldicenze sulla rete.
Adriano Giannini, bravo quasi quanto il padre, conferisce a McConaughey una voce calda, strusciante, sinistra, che si amalgama alla perfezione col personaggio che si muove tra una scena del crimine e l’altra. Bravo anche Pino Insegno, nonostante a molti possa suonar strana la sua voce su Harrelson, quasi sempre doppiato da Roberto Pedicini e Stefano Benassi nelle varie pellicole trasposte in italiano.
L’ambientazione in Lousiana è così caratteristica da risultare indimenticabile, con quei paesaggi desolati, la gente scontrosa, la tradizioni antiche e così radicate da confondersi con leggende popolari. C’è tutto un meccanismo di incastri che gira, nella storia, di pari passo con i luoghi, che rende l’indagine un autentico viaggio, oserei dire catartico, capace di portare a galla la psicologia e le personalità dei due protagonisti e di coloro che ruotano loro intorno. Il clima di degrado che aleggia in tutto il tempo, sia a livello ambientale che a livello sociale, rende la vicenda una sorta di strana reliquia il cui potere viene a essere scoperto a poco a poco.
Menzione particolare merita la sigla, Far form any road, cantata dagli Handsone Family, un country rock accompagnato da immagini spettacolari, che ti inchiodano fin dalla prima nota. Guarda il video della sigla qui.
Che dire, Nic Pizzolatto ha creato un prodotto davvero notevole, coadiuvato dal regista rivelazione Cary Joji Fukunaga.
Siamo alla quarta puntata proiettata in Italia e la strada verso la verità è ancora lunga, o forse dovremmo dire a metà, visto che in tutto la serie conta otto episodi. Viene anzi da chiedersi se non siano troppo pochi. Le cose belle, si sa, si spera non finiscano mai. Tanto più se son perle rare.
Il Terzo Occhio assegna quattro coltelli.
(Daniele Picciuti)