Morte in aprile, di José Luis Correa

Lei si addormentò, o finse di addormentarsi, molto prima di me, non per niente io mi ero alzato dopo mezzogiorno. Mi dedicai a sentirla respirare accanto a me, ad ascoltare i suoi gemiti, a sentire il suo profumo, a vegliarle il sonno, ad accoglierla nell’incavo delle mie braccia quando si girò e si accoccolò lì come se avesse intenzione di restarci a vivere per sempre. E mi dedicai a restituirle ognuno dei suoi baci, veri o sognati, e a ricevere il calore del suo corpo e a desiderarla di nuovo e sempre con dolcezza.

Torna Ricardo Blanco, detective di Las Palmas che sembra venuto fuori da un altro tempo, duro e cinico a volte, ma anche goffo e sentimentale, creatura sull’orlo dell’estinzione, che non si rassegna alle ingiustizie e lotta strenuamente contro di esse, anche gratis se occorre, pur di mettere a nudo le nascoste verità in cui viene continuamente invischiato.
Questo secondo capitolo delle sue avventure è forse più profondo rispetto al primo, la sua personalità si delinea in maniera più precisa, dipingendone la forza e la fragilità con tratti da maestro. Correa, a suo modo, è un maestro. Abile nel tessere una ragnatela in cui invischiare il suo amato protatonista, abile nel mettere in piedi situazioni anche al limite del credibile, che il lettore finisce per accettare per buone perché, si dice, è il mondo di Ricardo Blanco a essere al limite del credibile.
Le passioni del detective vengono stravolte in questo romanzo da un serial killer spietato e lucido, pur nella sua pazzia. Le persone che ama verranno trascinate in un vortice che rischia di portarsi via quello stesso mondo di Blanco, così variopinto, vivido, indimenticabile.
Un moderno eroe, o antieroe, dai vecchi valori, capace di emozionarsi per le disgrazie altrui, mai rassegnato alla crudezza degli eventi, sempre in prima linea, anche a rischio della propria reputazione, per non dire della propria vita.
Tornano le figure di Colacho Arteaga, stolido nonno di Blanco, impegnato a lottare contro i fantasmi della vecchiaia, l’inappuntabile segretaria Ines, il medico dei perdenti Pancho Viera e l’ispettore Alvarez, un altro monumento sopravvissuto alla modernità, dai valori simili a quelli del nostro detective, per questo un buon socio con cui collaborare. Ma a cui non dire mai tutto e subito perché, nella visione di Blanco, è lui l’unico in grado di viaggiare sul filo della legalità.
E poi le donne. Le sue donne.
Malena, Elvira Verona, Lola, Marita, Laura. Donne che entrano nella sua vita anche solo per brevi momenti, lasciando segni indelebili.
Così come questo libro. Da non perdere.

(Daniele Picciuti)