La ragazza dipinta, di Matteo Corsi
“…In un certo senso, questo erano: ragazzi di campagna abbagliati dalla vita militare e dall’essere fascisti. In realtà, al prossimo vento forte avrebbero cambiato direzione come le bandierine sulla spiaggia di agosto.”
1938. In Europa spirano venti gelidi, portatori di nuvole plumbee. Tutto sta per cambiare, tutto sta per finire. A Brusciano, in Val d’Elsa, terra di anime semplici e sincere, ne arrivano gli echi. Che hanno le fattezze di Attilio, sadico e spietato rampollo di famiglia ben, che, nel comandare una squadraccia fascista fatta di ragazzotti frustrati, trova la legittimazione, la sublimazione del suo essere. Al centro della vicenda c’è la tragica dipartita di Francesca, la bella del paese, trovata priva di vita in un fiume dal matto del villaggio, un ragazzo di quattordici anni che viene subito accusato dell’omicidio. Della ragazza era invaghito appunto Attilio, teschi sulla camicia e sguardo di ghiaccio, ma lei se la intendeva con Arturo, figlio nobile di famiglia fieramente contadina. Naturalmente problemi, neri. La notte che la ragazza muore, Arturo fugge precipitosamente, il più lontano possibile. Ma chi l’ha uccisa davvero? Tutti vogliono scoprirlo, con qualsiasi mezzo. I ruoli si incrociano, i prepotenti vengono energicamente ridimensionati, nessuno ha più nulla da perdere. E l’assassino non avrà scampo. Nessuno avrà scampo, nel 1938.
La ragazza dipinta è l’esordio letterario di Matteo Corsi, che si definisce personaggio eclettico, musicista, disegnatore. Come tutte le opere prime, mi incuriosisce molto, rappresentando la vera essenza di chi scrive, il suo mondo, la sua vita. Si tratta di un romanzo giallo-nero, dagli spiccati connotati storici. Devo dire, sostanzialmente ben scritto, cattura il lettore nonostante il respiro dell’opera sia abbastanza ampio. C’è ritmo, c’è forte identificazione coi personaggi, c’è, soprattutto, una eccellente ricostruzione ambientale. Che è forse il punto forte, il delicatissimo periodo storico viene visto dalla base, dalla visuale molto parziale di chi deve sopravvivere e “sopravviversi” tutti i giorni, pensare ai suoi campi, alle sue piccole affermazioni personali, alle sue debolezze da esorcizzare. I grandi ideali sono lontanissimi, non si sceglie una strada per nobili intenti, ma per piccole soddisfazioni, o meschino tornaconto .
Nonostante si notino una certa immaturità e qualche imprecisione nella scrittura, con l’uso della punteggiatura, ancora una volta, rivedibile, (ah, le virgole… queste sconosciute!), non mancano qua e là trovate letterarie squisite (“La città era un continuo stridere di metallo, nitriti di cavalli, rombare di motori. Tutto mischiato dava origine ad un suono che assomigliava al silenzio” ha le stigmate di potenziale citazione), e l’insieme è senza dubbio ben riuscito. La stessa vicenda romanzesca è avvincente, misurata nel non voler cercare a tutti i costi sensazionalismi improbabili, risultando per questo senza dubbio coerente ed efficace.
Un buon esordio, certamente un po’ da sgrossare, ma la qualità c’è, e i motivi per leggere La ragazza dipinta non mancano. Alla giusta velocità: non viene voglia di affrettarsi ad andare avanti, tipico delle opere troppo pesanti, né di soffermarsi su alcuni punti o tornare indietro, tipico delle opere poco analitiche.
Tre coltelli e mezzo.
(Giovanni Cattaneo)