La notte della donna nera, di Marco Candida

Tutti noi abbiamo dei nemici. Ma per evidenziare quali siano i più pericolosi, non è necessario guardare troppo lontano. Il più delle volte, sono lì, vicino a noi. Vicinissimo. Sotto il nostro stesso tetto.

Cristiano Balti è un brillante ispettore di polizia, che nella sua carriera ha risolto molti casi difficili, arrivando per questo a una buona notorietà. L’ultimo caso affidatogli è quello della Donna Nera, una specie di animalista estrema che scanna senza pietà persone come cacciatori, macellai e quanti considerano con disprezzo o indifferenza gli appartenenti al secondo regno vivente. Una sera, rincasando, ha però una brutta sorpresa. La Donna Nera è davanti a lui. Nel suo appartamento. Con una pistola in mano. Minacciosa. Diabolica, non lo uccide subito, ma lo invita a descriverle i suoi nemici, per renderle più facile un delitto la cui colpa dovrà ricadere su altri. E inizia un sadico gioco, dove la carnefice costringe Balti a vivisezionare le sue mancanze, i suoi odi, fino a fargli costruire il proprio delitto. L’uomo ha fatto arrestare molte persone, criminali incalliti e pericolosi, ma da questa sorta di seduta di autoanalisi estrema, emerge inesorabile una verità dolorosa. Sono i suoi familiari coloro che più desidererebbero vederlo morto. Una ex moglie in preda a crisi depressive, una sorella che gli addossa tutte le sue alienazioni, perfino una figlia trascurata che per tutta la vita ha urlato richieste di aiuto, inascoltate. Sarà capace Balti di costruire lo schema del proprio omicidio?

Ne La notte della donna nera, Marco Candida ci propone un noir introspettivo, dove quasi tutta la trama si dipana a casa dell’ispettore Balti, al buio, in una sorta di gioco teatrale di specchio e contro specchio, dove il protagonista estrapola e guarda le sue ombre. L’atmosfera è sufficientemente inquietante, con buon ritmo e suspense assicurata. Si ha però l’impressione di una certa fragilità della struttura, con un uomo odiato da tutti i suoi familiari fino al parossismo, con le sue mancanze certo, ma senza aver commesso in realtà azioni così biasimevoli. Possibile che per così poco tutti i suoi familiari più stretti pensino addirittura di ucciderlo, figlia compresa? L’aria nebbiosa di una Pavia spettrale crea una cornice bianca che evidenzia bene le tinte scure e l’ottima idea di partenza. Ma il finale, in tutta onestà deludente e poco coerente con le premesse, finanche troppo buonista, lascia un’impressione di occasione mancata. E non posso dire di più, correrei forte il rischio di spoilerare troppo. Molto valido lo stile, asciutto, chiaro, ma nello stesso tempo piuttosto ricercato. Di qualità elevata senza essere inutilmente pesante.

Peccato, sarebbe stato un buon lavoro. Ma se si sceglie di essere noir, occorre farlo fino in fondo. Cattivi, acidi. Il lettore deve essere triste, alla fine.

Due coltelli

(Giovanni Cattaneo)

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