Joker: il mostro dentro di noi

Alcuni film hanno la caratteristica di risultare fortemente divisivi agli occhi del pubblico. C’è chi li ama alla follia e chi li odia con tutte le proprie forze. È accaduto nel caso di opere realizzate da grandi cineasti, come Stanley Kubrick, Federico Fellini, John Ford, Martin Scorsese… e ancora accadrà in futuro, almeno finché sopravvivrà la settima arte. Succede spesso che il film, considerato un capolavoro dall’eminente critico, venga bollato come solenne “ciofeca” dallo spettatore qualunque, categoria quest’ultima in fondo a noi più simpatica, diciamocelo.

Ebbene, Joker, caso non comune, è riuscito a mettere abbastanza d’accordo sia le giurie dei più importanti premi cinematografici, sia il pubblico. Il protagonista, un mostruoso – è proprio il caso di dirlo – Joaquin Phoenix si è aggiudicato l’Oscar, il Golden Globe e il BAFTA come miglior attore. Questi ultimi due premi li ha conquistati anche la colonna sonora, angosciante e raggelante come poche. E poi, ancora, Leone d’oro alla Mostra del Cinema di Venezia come miglior film…iInsomma, un vero tripudio. Tutti riconoscimenti, a mio avviso, meritati.

Ma come spiegare questo risultato? Semplice, con la grande qualità della pellicola. Che non è un cinecomic tradizionale, neanche un po’, pur essendo incentrato sulle origini di un personaggio tratto dai fumetti, in questo caso dal folto novero dei nemici di Batman. Molti considerano il Joker l’antitesi per eccellenza dell’Uomo Pipistrello, se non altro per anzianità, visto che fa la sua comparsa nel primo numero di Batman, datato 1940.
Tuttavia di quella e anche delle successive versioni del personaggio, il regista Todd Phillips ha tenuto poco conto, salvo qualche richiamo a una graphic novel del 1988, Batman: The Killing Joke, del grande Alan Moore.
Il Joker di questo film, interpretato in maniera a dir poco stellare da Joaquin Phoenix, è un uomo mentalmente disturbato, affetto da depressione e da una particolare patologia simile alla sindrome pseudobulbare, che gli scatena violenti e insopprimibili accessi di riso.

La storia è ambientata nella Gotham del 1981, una città in preda a disordini sociali, sporcizia e – naturalmente – all’immancabile violenza, di cui resterà vittima in una delle scene d’apertura proprio il protagonista, Arthur Fleck, prima di assumere l’identità del Joker.
Come accade nel film Re per una notte di Martin Scorsese, interpretato da Robert De Niro e Jerry Lewis, Fleck sogna di sfondare nel mondo dello spettacolo come cabarettista. Il suo modello di riferimento è Murray Franklin, presentatore televisivo di grande successo, impersonato – guarda un po’ – da De Niro, in un omaggio scoperto al film di Scorsese, appunto, ma a ruoli invertiti.
Memorabile, verso la fine del film, la scena dell’apparizione televisiva di Joker. Forse uno dei momenti più riusciti dell’intero film.

Che il regista di Joker si sia ispirato a Scorsese è evidente, ma più in generale il riferimento è a un certo cinema degli anni ’70, alla Serpico o Taxi Driver per intenderci. Si nota subito dal tipo di fotografia adottata, non certo da film supereroistico, e dalle atmosfere claustrofobiche, trasudanti tensione e violenza. Ma tutto all’insegna di un iperrealismo che coinvolge di brutto lo spettatore.
Appropriata in tal senso anche la colonna sonora, ossessiva e inquietante, composta da Hildur Guðnadóttir, già autrice delle musiche per Soldado. Non manca l’inserimento di celebri brani di musica leggera a fare da contrasto stridente con le immagini che scorrono sullo schermo.

Tornando alla storia, è interessante rilevare che vi compaiono sì alcuni elementi dell’universo tradizionale di Batman: un giovanissimo Bruce Wayne, il maggiordomo Alfred, i coniugi Wayne. Ma la figura del padre di Bruce, Thomas Wayne, è profondamente diversa da quella che conosciamo: non più filantropo, è al contrario uno spietato miliardario candidato alle elezioni comunali dalle tendenze fascistoidi. Una bella, anzi brutta, differenza, no?
Dimenticavo: non manca neppure la celebre scena madre che segnerà per sempre la vita del futuro Cavaliere Oscuro…

Che dire in conclusione? Pur non spingendomi a definirlo capolavoro come pure hanno fatto molti, posso senz’altro affermare che si tratta di un gran film, felicemente caratterizzato da più livelli di lettura. Metaforicamente parlando, il mostro è Joker, certo, ma forse siamo noi ad averlo creato. Con la nostra indifferenza per il diverso, per ciò che ci turba e ci spaventa.

(Luigi Milani)