L’oscurità di Matteo Gambaro
Un nuovo appuntamento con la Rubrica Il gatto a nove code, stavolta sotto i riflettori è Matteo Gambaro, autore per Nero Press dell’oscuro Alba di Luna.
1. Cominciamo dal tuo libro. Come hai concepito questa storia?
M: Alba di luna nasce molti anni fa quando ancora abitavo a Venezia, grazie a una combinazione di fattori per lo più radicati alla mia vita quotidiana di quel periodo. Chi mi conosce infatti troverà riferimenti a persone ed episodi del mio primo decennio degli anni 2000. Mescolare fantasia a vita quotidiana mi diverte e mi stimola. La particolarità del libro sta però nella sua sintassi; l’ispirazione me l’ha data White Jazz di James Ellroy, libro consigliatomi da un amico. Quella lettura mi ha stuzzicato la voglia di raccontare in prima persona una storia forse non troppo diversa da altre, ma da un punto di vista totalmente nuovo, facendo vivere al lettore il momento, lo spaesamento e l’orrore di una presenza oscura nella propria vita quotidiana. Fino al suo culmine… di cui però non posso dire di più per non svelare troppo. In sintesi, direi che il libro è stato concepito proprio quando ho deciso di narrare gli eventi in prima persona al presente.
2. I vampiri: sei un affezionato a questa figura, dico bene? Com’è nata questa passione?
M: Non saprei identificare un momento o un periodo preciso, anche perché la mia formazione in termini di narrativa di genere è molto più fantascientifica che horror. Negli intermezzi tra letture di Asimov, Brown, Sheckley e altri, però, ho (fortunatamente) lasciato spazio ad autori e libri fondamentali di genere gotico, libri che ho amato moltissimo. Tanto per citarne alcuni: Io sono leggenda, Dracula, Carmilla e Le notti di Salem. Ho anche letto molto Lovecraft, del quale apprezzo soprattutto le atmosfere inquietanti e oniriche.
3. Cosa pensi della figura del vampiro, oggi?
M: Penso che sia stata profondamente snaturata, a tutto vantaggio di un determinato genere letterario e cinematografico definito “young adult” che oggi rappresenta forse la fetta di mercato più interessante in termini di vendite. Da uomo d’azienda posso capirlo, da appassionato lettore non lo digerisco molto. Per me il vampiro non è né romantico, né pietoso. Fortunatamente ci sono ancora autori che cercano di mantenere un legame forte con la tradizione gotica che l’ha reso così famoso e affascinante.
4. I tuoi vampiri sono particolarmente oscuri, riesci a rendere bene lo smarrimento del protagonista. Questo agire sulla mente e sulle percezioni per certi versi si avvicina all’effetto di una droga o dell’alcol. Hai intenzionalmente voluto dare quest’impressione?
M: Accetto con piacere il commento. Scrivere per me è un misto di istinto e tecnica: seguire solo il primo è rischioso in termini di trama, avere solo la seconda può produrre storie sterili. La parte oscura ed emotiva delle mie storie è gestita più dall’istinto, poi in fase di secondo (o terzo… o nono, come nel caso di Alba di luna) editing, ci pensa la tecnica a limare, correggere e affinare. Quanto questa spinta istintiva sia voluta nella creazione dei personaggi, non saprei dirlo: è semplicemente un elemento da cui non posso prescindere mentre scrivo.
5. L’orrore per Matteo Gambaro.
M: Suonerà banale, ma i telegiornali trasmettono ogni giorno quello che per me è il vero orrore. Ancor più ora che sto per diventare padre. Quello che scrivo io a confronto è puro svago.
6. Progetti futuri?
M: Completare la trilogia del Ciclo di Avorio. Il secondo ebook è in cantiere, il terzo a seguire. Forse terminato il terzo numero, scriverò un’altra breve storia horror ispirata ad un mio recente viaggio, giusto per prendermi uno stacco creativo dai vampiri di Avorio, e poi si vedrà. Non sono ancora del tutto sicuro che il ciclo si fermerà a tre ebook, ma è troppo presto per dirlo.
7. Un titolo Nero Press che consiglieresti.
M: Recentemente ho letto Piedra colorada di Angelo Marenzana, che ho apprezzato in particolare per i rimandi storici che fanno da sfondo alla storia. I prossimi che comprerò saranno molto probabilmente Diurno Imperfetto di Matteo Bartone e L’origine della notte di Salvatore Stefanelli, uscito in contemporanea al mio ebook.
8. La domanda cattiva: il peggior vampiro della storia della letteratura (o del cinema)?
M: Se intendiamo “peggior vampiro” in termini di “peggior rappresentazione”, non ho dubbi: la trasposizione cinematografica di Io sono leggenda, di cui salvo solo i primi 20 minuti. A vedere il film sorge il dubbio concreto che il regista (o chi per esso) non si sia nemmeno preso la briga di leggere il libro di Matheson. Ma devo dire che anche il vampiro vegetariano e scintillante di Twilight mi ha sconcertato parecchio, tanto che non sono andato oltre il primo libro.
9. Cosa pensi dell’editoria italiana, oggi?
M: sono diversi anni che discuto di questo argomento con molte persone e la conclusione per me è sempre la stessa: il problema non è l’editoria in quanto offerta editoriale o qualità dei prodotti, il problema vero è la scarsità di lettori e le loro scelte di acquisto. Sono i lettori a decidere i generi, le vendite definiscono i trend, pilotano le offerte e la visibiità, sono loro a decidere il successo o il fallimento di un editore, un autore o un libro. Nelle librerie ci sono scaffali interi di libri la cui esistenza mi lascia a dir poco perplesso, ma nessuna azienda al mondo si sogna di investire in un prodotto che non generi potenzialmente profitto, quindi se quei libri sono sugli scaffali significa che la gente li compra. Come cambiare questa situazione? Non certo agendo sul lettore adulto, io credo. La cultura del libro (cartaceo o elettronico che sia) deve partire dai bambini: troppa televisione, videogiochi, tablet, impoveriscono le nuove generazioni, che rischiano di crescere senza l’abitudine a leggere e quindi a sviluppare un pensiero creativo. Questa cultura si forma nelle famiglie, prima ancora che a scuola: non aspettiamoci che gli insegnanti facciano il nostro mestiere nell’educare i nostri figli. Aggiungo infine che riscontro in generale una scarsa fiducia del lettore medio per le realtà editoriali minori, altro fattore determinante per garantire la diversificazione di generi. Personalmente cerco sempre di dare visibilità a pubblicazioni di altri autori, anche con piccoli gesti come il reindirizzamento di una notizia nelle mie pagine dei social media o la segnalazione nel mio blog dei libri che leggo, ma purtroppo non vedo molte persone fare altrettanto. Se almeno fra scrittori ci si promuovesse un po’ di più l’un l’altro, forse anche gli editori che ci pubblicano sarebbero in condizioni di pubblicare di più. Ovviamente, il ragionamento non vale per la cosiddetta “editoria a pagamento”, che non solo non va promossa ma andrebbe anzi ostacolata. Ma questo è ancora un altro argomento.
Grazie Matteo per il tuo tempo, aspettiamo con ansia il secondo episodio del Ciclo di Avorio!
(Daniele Picciuti)