Heavy Bone – Diabulus in Musica, di Enzo Rizzi (Aaron Works)

“Mio Signore… continui a fare pesare su di me il fatto che sono ormai cinquant’anni che non ci imbattiamo in personalità del calibro di Janis, Brian… Jimi. Uccidendoli ho di fatto causato la morte del rock che da allora non ha fatto altro che riciclarsi e…”

Heavy Bone è uno che sa godersi la vita, peccato solo che sia morto. Lo zombie rockettaro, creatura di Enzo Rizzi, che per volere di Satana deve sacrificare le più grandi star della storia del rock sull’altare dell’Hellsound, ritorna in questa antologia di storie brevi, che si richiamano l’un l’altra seguendo un filo comune, per giungere a un finale che ci lascia in attesa di un seguito.

I testi sono opera di Rizzi, mentre al disegno si alternano lo stesso Rizzi, Bonaccorso, Trono, Fortunato, Galliccia e Susini. Il volume è ottimamente curato dalla Aaron Works, e provvisto in appendice di una galleria di tavole e un’interessante intervista all’autore. Epica la copertina di Alex Horley (Alessandro Orlandelli, noto illustratore per Dark Horse, Image, DC).

Enzo Rizzi è autore che, evidentemente, conosce bene le dinamiche del fumetto underground, e l’aggettivo è da intendersi qui nel senso di genuinità, irriverenza e libertà dalle regole, tutti elementi che si possono godere in quest’opera. Diabulus in Musica, ma più in generale la figura di Heavy Bone, si nutre efficacemente di un immaginario metal-splatter che richiama direttamente gli anni ‘80. L’opera è mirata a un pubblico abbastanza preciso, ma il personaggio è uno di quelli che resta nel cuore e si esprime benissimo anche in storie di più ampio respiro. Difficile, per chi ha gusti forti, non amare questo zombie dai jeans attillati, borchie e una chitarra elettrica fatta di ossa, assecondando una caratterizzazione grafica che, con tutto il rispetto, batte su più fronti Eddie, la nota mascotte degli Iron Maiden.

Per quanto a tratti facciano capolino anche tematiche “forti” (il perseguimento dell’autodistruzione, l’abuso sui minori, l’abuso di droghe), l’intento fondamentale è di divertire il lettore e divertirsi giocando con i mostri sacri della musica. Sono infatti numerose le “partecipazioni” di rilievo, da Elvis a Cobain, da Morrison a Hendrix, da Jones a Joplin, e sono svariate le “verità” che scopriremo sulle loro morti. Magistrale l’apparizione di Lemmy Kilmister: difficile immaginare un “essere umano” (senza offesa) con cui Heavy Bone potrebbe andare più d’accordo. E a tal proposito, torna in mente la famosa domanda: “Chi vincerebbe alla lotta tra Lemmy e Dio?” Chi ha visto il film Airheads conosce la risposta; ma se la lotta diventasse un match a tre con Heavy Bone?

Le citazioni sulla storia del rock si sprecano a ogni pagina, basta guardare la galleria di poster d’annata che dominano lo sfondo della prima storia di Diabulus in Musica: The Who, The Grateful Dead, AC/DC, Black Sabbath, Saxon, The Rolling Stones fanno bella mostra di sé in ogni vignetta. Al lettore il piacere di lasciarsi coinvolgere in questo e altri giochi di riferimenti e citazioni che proseguono per tutto il volume.

Se il lavoro intorno a Heavy Bone è chiaramente un canto d’amore di Rizzi per il rock nel suo significato più vero, non bisogna però immaginarsi un approccio devozionale alle icone della storia della musica. Heavy Bone è per sua natura un personaggio dall’umorismo grottesco e dissacrante, con un linguaggio fuori dalle righe: fatevi i vostri conti.

Per concludere, Diabulus in Musica è un volume divertente, originale e genuino; Heavy Bone, come è stato giustamente rilevato, è una “felice fusione tra horror, metal e comics”, che ogni appassionato di almeno due su tre di queste cose sarà in grado di apprezzare.

 

(Marco Battaglia)


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