Le strade violente di Mauro Marcialis

Mauro MarcialisChe ne so io delle fiabe?
Niente, se non che sono delle storie che iniziano con “c’era una volta” e dopo un po’ finiscono con “vissero tutti felici e contenti”. In mezzo capitano eventi da cui devi imparare una lezione o una morale, cose così.
Ecco, questo è quello che avrei detto, ma poi, in un pomeriggio di un giorno di festa, il mio modo di vedere le fiabe è cambiato per sempre. Ho scoperto che le comprendi solo quando a raccontartele è un bambino.
Da che mi ricordo, mi è sempre piaciuto leggere e la mia evoluzione letteraria mi ha portato a essere un lettore di tipo “onnivoro”. Così, tra le mani e sotto gli occhi mi sono passati saggi dove la morfologia delle medesime veniva esibita senza pudore, ho sfogliato manuali che ne svelavano l’intimità spogliandole della storia per metterne a nudo gli intenti propedeutici e mi sono allarmato quando alcuni trattati ne denunciavano il lato sovversivo, elencandone tutti i contenuti filosofici-rivoluzionari celati sotto maschere innocue per plasmare menti troppo giovani.
Ecco, non avevo capito proprio tutto, qualcosa pensavo di averlo “afferrato”, ma ho dovuto ricredermi quando un bambino mi ha raccontato Il brutto anatroccolo.
Se non la conoscete, allora andate a pascolare nei verdi campi di Wikipedia, altrimenti provate a pensare al mio stupore nell’ascoltarla in una versione “unplugged”; l’esecuzione della recita non era giocata sulla bravura oratoria, l’impostazione della voce o la presenza scenica. A dire il vero è stata una performance essenziale, ma ne è venuta fuori l’anima e ho provato una sana compassione per il protagonista e il suo destino.
Sono stato fortunato perché ho capito a cosa servono le fiabe: mostrare la strada da percorre per “crescere”.
Forse era una cosa che già sapevo, ma che ero riuscito a dimenticare. Per riscoprire la bellezza delle cose, talvolta è sufficiente vedere il mondo con gli occhi di un bambino.
La micro illuminazione zen ha lasciato una piccola traccia che mi ha condotto a La strada della violenza, un romanzo di Mauro Marcialis.
Cosa hanno in comune Il brutto anatroccolo e Lorenzo Rollei?
Tutti e due devono compiere un percorso per diventare quello che sono. Il primo vive in una fiaba e il suo destino è quello di diventare un bellissimo cigno, mentre il secondo vive in un romanzo che ritrae fedelmente la realtà e in questo modo rimarrà sempre corrotto, ma riuscirà a essere un uomo “migliore”.
Nel romanzo, l’Italia, quel paese che abbiamo imparato a conoscere e che da troppo tempo subiamo, viene presentato per quello che è, senza maschere e belletti. Una terra delle opportunità criminali, in cui i delinquenti non sono più dei fuorilegge qualunque, magari sporchi e cattivi. Questi anatroccoli brutali hanno compiuto il loro destino, trasformandosi in imprenditori, politici e uomini di legge.
Il bel paese che si rivende come ordinato, tranquillo, civile, legale è una cartolina da recapitare a chi non ha occhi per guardare una nazione strangolata da un’associazione a delinquere legalizzata.Cover strada violenza
Reggio Emilia è la città in cui Lorenzo Rollei, maresciallo della Guardia di Finanza, sguazza nel marciume e vive un’esistenza volta alla distruzione e l’unico legame con la parte sana della sua vita è la figlia Francesca. Il protagonista indossa una divisa che non onora ed è sopravvissuto a un matrimonio fallito. Passa le sue giornate in compagnia di una prostituta, delle droghe, del suo amico Davide, ed esercita senza ritegno l’antica arte dell’avidità che lo porta ad arraffare sempre più soldi, almeno sino a quando non viene scoperto, o forse meglio scrivere incastrato, dal procuratore capo Roberto Bianchi.
Con un semplice Do ut des, l’impunità in cambio di un’indagine che porterà all’arresto dei suoi complici, diventa una pedina ricattabile nelle mani del triumvirato del malaffare formato dall’imprenditore Rodolfo Adani, il sindaco Renato Rosi e lo stesso procuratore capo Roberto Bianchi.
Ad affiancare Rollei c’è l’ispettore di Polizia Maurizio Ferri, un uomo logorato che ha paura di non riuscire più a distinguere il bene dal male, ma anche un agente del Sisde infiltrato nella Procura, che ha il compito di arrestare il potere dell’associazione a delinquere di Reggio Emilia.
I due uomini sprofondano nel giro di appalti truccati, speculazioni, traffici di droga, riciclaggio di denaro sporco e agiscono indisturbati fino a quando “qualcuno” non uccide due bambine…
Un romanzo violento che tratta temi scomodi ed è capace di colpire il lettore dove fa più male.

Diamo il benvenuto su Nero Cafè a Mauro Marcialis e lo ringraziamo per la sua disponibilità a questa breve intervista.

La strada della violenza è il tuo romanzo di esordio ed è già stato pubblicato nel 2006 da Mondadori nella collana Colorado Noir. Ora viene riproposto in formato digitale con Mezzotints Ebook. Ci sono delle differenze, è cambiato qualcosa?

M.M.: Sì, ci sono delle differenze, anche se non sostanziali. È stato eseguito un nuovo editing e devo dire che la “squadra d’assalto” Mezzotints è stata impeccabile e a mio avviso il romanzo ne ha beneficiato parecchio. Soprattutto, e ne sono lieto, non c’è stata la “normalizzazione” di un testo che, nel bene o nel male, ha la sua impronta distintiva in una certa “sporcizia” linguistica (scelta finalizzata a rendere più “vivi” i personaggi e più autentiche le scene ad alta densità di violenza). Devo ammettere che dopo tanti anni, non è stato facile “rapportarmi” al romanzo e senza i precisi interventi di un editor eccezionale, Nicolò Cavallaro, sarebbe stata durissima. L’orgoglio di questa nuova pubblicazione è integrato inoltre dalla prefazione del mio padrino Alan D. Altieri, dalla copertina di Daniele Serra e dalla “chiamata alle armi” di Alessandro Manzetti, un editore appassionato e visionario.

Hai avuto la capacità di ritrarre il paese Italia al peggio delle sue possibilità, da dove è nata l’esigenza di scrivere La strada della violenza?

Marcialis Ellroy
Marcialis con James Ellroy

M.M.: Varie esigenze, direi. Si mescolano quelle dell’uomo, del narratore e del “cittadino”. C’è l’indignazione di fronte ai soprusi e alle ingiustizie, c’è la rabbia dell’impotenza, c’è il desiderio di riscatto, c’è il bisogno di conoscersi intimamente, di affrontare ed esorcizzare le proprie paure e insicurezze, c’è la curiosità nell’indagare le cause umane, sociali, politiche ed economiche di una storia che ci ha portati qui, ora, a combattere guerre quotidiane su diversi livelli. Esistono tante “Italia”, la migliore è di certo un’eccellenza, ma quella peggiore, purtroppo, non è da meno. Il problema è che il risultato finale non è esattamente matematico e l’ago della bilancia pende pericolosamente verso gli inferi: collusioni mafiose, corruzione dilagante, degrado della politica e degli organi statali, ambienti distrutti dai rifiuti tossici e dagli “scarichi” industriali, indebitamento insanabile (fatto che ci rende schiavi di logiche prettamente imprenditoriali gestite da lobby di potere che nulla hanno a che fare con un ideale democratico), ingiustizie sociali, diritti calpestati, disoccupazione crescente, scuola e sanità in progressivo sfascio…
Col tempo, la rabbia si è attenuata (è stata in parte una scelta obbligata per non rimanerne schiacciato: quando la rabbia diventa insostenibile, ci si ammala gravemente, anche se ammetto di non essere ancora guarito) ed è subentrato uno sguardo più caritatevole. Sto cercando di prendere atto della nostra natura, dell’inevitabilità di certi comportamenti. Gli “Uomini” sono imperfetti e la maggioranza dei gesti infami e crudeli che commettiamo sono tristemente figli di debolezze, di difetti, di mancanze. Se fossimo davvero padroni delle nostre passioni, se ci fermassimo veramente un istante a “vedere” questa magia che è il mondo, secondo me non avvertiremmo il bisogno di prevalere sugli altri. Ci limiteremmo a goderci la vita.

Chi è Lorenzo Rollei, cosa puoi dirci di lui? Tu vivi a Reggio Emilia e presti servizio nella Guardia di Finanza…

M.M.: Potrà sembrare paradossale, ma Lorenzo Rollei, malgrado abbia vizi estremi e una spiccata propensione banditesca, è un uomo con caratteristiche comuni, riconoscibili: è egoista, superficiale, materialista. La sua è un’amoralità abbastanza diffusa. L’amore distillato che prova nei confronti di sua figlia e la necessità di allontanarla dai pericoli, però, lo rendono “familiare”, e noi siamo perfino disposti ad aprirgli la porta, ad accoglierlo in casa, ad offrirgli la nostra disponibilità. Noi siamo “lui” nella misura in cui, avendo subito un torto che riteniamo imperdonabile, tiriamo fuori tutta la nostra energia, la nostra determinazione e forza (e questo al netto di ogni questione etica) per vendicarci o per risolvere il problema (nel caso specifico, salvare la persona a cui teniamo di più).
Per quanto riguarda Reggio Emilia, devo evidenziare che si tratta di una location scelta per motivi di mera opportunità. La strada della violenza non è assolutamente un romanzo sulla città emiliana, ma un testo su alcune dinamiche criminali potenzialmente e verosimilmente riconducibili a contesti analoghi (una ricca città del nord Italia, relativamente tranquilla e ordinata, dove consorterie corrotte, coi giusti “agganci”, possono padroneggiare).
Il mio impiego nel Corpo non ha alcun riferimento con la Guardia di Finanza romanzata. In generale, mi limito a dire, molto banalmente, che come ogni ente, o ambiente, è composto soltanto da uomini (quindi anche gli “Uomini” di cui sopra).

La strada della violenza è un noir con una forte denuncia sociale. Hai intrapreso un cammino che prosegue tra le pagine di Dove tutto brucia, prevedi una nuova tappa contro “Dimensione Italia”?Dove tutto brucia – Mauro Marcialis

M.M.: Dove tutto brucia alza addirittura il tiro: trame e scenari si dilatano, diventano nazionali e internazionali, entrano in ballo le mafie e rappresentanti delle istituzioni più “eminenti”. Ritengo che in questo secondo capitolo anche gli aspetti più prettamente linguistici e stilistici siano di un livello superiore. Approfitto dello spazio per un’altra precisazione. Scrivere un noir non è necessariamente andare “contro”, è soltanto osservare l’aspetto meno edificante. Una critica, a mio avviso parecchio sterile, che viene rivolta ai noir più estremi è più o meno riassumibile in una frase del genere: “ma non è tutto così, non è tutto marcio!” Certo che non lo è. Semplicemente, il noir è un’inquadratura dilatata e concentrata sul particolare “difettoso”. Considerato però che il crimine (nella sua accezione più estesa) è di fatto il principale indicatore sociale, credo che non si possa narrare davvero un’epoca (qualunque epoca) senza “sporcarsi” di nero.
È già pronto un terzo capitolo con caratteristiche analoghe; ritengo sia un ulteriore passo in avanti (in relazione alla verosimiglianza di alcuni scenari nazionali), talmente “avanti” che la location è un luogo inventato, ma realmente possibile a breve termine: Tiger Park (un’immensa area industriale totalmente dismessa a seguito della crisi, dove accadano alcuni fatti “curiosi”).

James Ellroy, ne vogliamo parlare? Nei tuoi romanzi si respira la stessa aria che circola in opere del calibro di White Jazz e Il grande nulla. Ci sono altri autori che ti hanno ispirato?

M.M.: Grazie dell’assist. Ellroy è certamente un riferimento fondamentale, al punto che Rollei (il cognome del protagonista) è l’anagramma “italianizzato” dello scrittore americano, e White Jazz e Il grande nulla sono capitoli imprescindibili, se ci riferiamo a questo genere letterario. Disseminati nel romanzo, ci sono molti altri “omaggi” alla narrativa di Ellroy. Altre influenze: sicuramente diverse opere di Giuseppe Genna e David Peace.

Non solo noir. Hai scritto anche Il sigillo dei Borgia e Spartaco il gladiatore, quali sono i tuoi progetti futuri?

M.M.: Sì, ho scritto i due storici che hai citato e altri due romanzi (difficilmente inquadrabili come genere): Io & Davide e Il dolore che sarà. Progetti: nel pc ho ancora una vecchia cartella intitolata La notte che incontrai Dio (un romanzo mai terminato con un prete protagonista che ho intenzione di ultimare al più presto). Come detto, c’è Tiger Park in lista d’attesa e tra pochi mesi sarà pubblicato da Rizzoli un altro romanzo storico, ambientato nel 1200 in Sicilia, con l’imperatore Federico II (lo Stupor Mundi) tra i protagonisti. Titolo provvisorio Il falco nero, storia d’armi e d’amore, d’amicizia e d’onore. Una storia avventurosa, passionale. Un libro davvero per tutti, questa volta: lo dovevo a mia madre…

Salutiamo Mauro Marcialis e lo ringraziamo per la sua disponibilità e gli auguriamo buona scrittura!

M.M.: Grazie a voi, gentilissimi!

La strada della violenza, di Mauro Marcialis. Edizioni Mezzotints Ebook collana Prisma. 3,49 €.

(Mirko Giacchetti)