Le nove di sera, di Luigi Milani

Noi uomini. Istintivi e fragili. Iracondi e bisognosi di una spalla su cui appoggiarci. Sognando che diventi un seno a cui abbeverarci. Senza dover pensare più, almeno per un po’.
Roma, le nove di sera di un agosto appiccicoso. Giorgio non ha passato la sua giornata più felice. Ha appena scoperto che Carla, la sua ragazza, se la fa col suo migliore amico, dotato di supermacchina sportiva. Che a paragone col suo vecchio maggiolino fa ancora più sensazione. Esce per comprare qualcosa, incontra e conosce una ragazza. Promettente, in una serata così. Speranza nemmeno troppo nascosta di rinascita, di sollievo. Due parole di conforto, un sorriso, un bar. E, alla fine, un irresistibile invito. Che forse non è esattamente quello anelato, ma che può essere altrettanto rigenerante. Se non di più.
Grande atmosfera, grande analisi introspettiva, grande finale, per questo brevissimo racconto di Luigi Milani. Che riesce a rendere perfettamente, col suo stile da luci al neon, sia il contesto luogo-tempo, sia le umanissime sensazioni del protagonista, sia, con una mirabile ultima riga ad altissima intensità, a far capire al lettore la piega nera e torbida che prenderà la vicenda. Come un anfitrione che ci spalanca una porta sull’abisso. Nota lodevole anche sul taglio dei dialoghi, dove è giustamente privilegiato il realismo imperfetto di una chiacchierata, rispetto a una innaturale pulizia e linearità d’espressione. Se vogliamo trovare per forza un piccolo difetto, il racconto non è esente da un paio di ripetizioni, che diventano evidenti in un contesto così breve, certamente comunque aggiustabili con facilità.
Storia cortissima, perfetta per essere inserita in una rivista di genere, tra un’intervista e una recensione, per dare una piccola scossa al lettore troppo rilassato.

(Giovanni Cattaneo)


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