Porte mistiche in Italia ed Europa
Fra Paradiso e Inferno, le porte mistiche europee
In Europa, il simbolismo delle porte magiche ha continuato ad avere un ruolo importante anche nel Medioevo, assumendo una duplice valenza. Da un lato, nel contesto cristiano “ufficiale”, le entrare di alcune chiese hanno assunto la valenza di porte celesti mentre, quasi a voler ribilanciare l’ordine cosmico, alcuni portoni attribuiti al demonio iniziarono a comparire in paesi e città, avvolti dal mistero.
I portali d’ingresso delle chiese medievali avevano una funzione salvifica e spesso venivano adornati con scene bibliche, mentre importanti basiliche ospitarono degli esempi di Porta Santa, di solito tenuta murata (oggi solo sbarrata) e aperta unicamente in occasioni speciali. Ad esempio, quella di San Pietro a Roma e quella di Santiago De Compostela, che termina il Cammino, vengono aperte soltanto durante i Giubilei. La porta santa è un varco simbolico con il potere di rimettere i peccati ai pellegrini.
Famosa è la Porta del Paradiso, nel lato orientale del Battistero di Firenze, un portale dorato rinascimentale di rara bellezza, che raffigura scene della Bibbia, a cui, nell’Ottocento, Rodin rispose creando la Porta dell’Inferno, un capolavoro in puro stile Rodin, ispirato all’Inferno di Dante.
Famoso è il Portone del Diavolo di Torino, una grossa porta in legno massiccio intagliato, al cui centro spicca, come battente, un diavolo di metallo con tanto di corna e serpenti che escono dalla bocca. La porta, che oggi dà accesso a una sede della BNL, fa parte del Palazzo Trucchi di Levaldigi, del 1673 e secondo una leggenda, apparve nell’arco di una notte, così come le immense ricchezze del proprietario. Il palazzo è legato alla storia di alcuni efferati omicidi, come quello della ballerina Vera Herts, avvenuto durante la rappresentazione di una scena infernale a una festa alla fine del Settecento, in una notte di tempesta. Nell’Ottocento avvenne la sparizione del Maggiore Melchiorre Du Perril, il cui cadavere fu ritrovato un ventennio dopo, murato in piedi dietro una parete dell’edificio (come ne Il Gatto Nero di Poe).
Per uno strano scherzo del destino, il Portone del Diavolo è a pochi passi dalla misteriosa Fontana Angelica di Piazza Solferino, un monumento denso di simboli esoterici, mentre il leggendario ingresso per l’Inferno si troverebbe, secondo un’altra leggenda, nei pressi del piccolo obelisco di Piazza Statuto.
Meno conosciuto è Ol Purtù del Diaol, un portone in pietra del 1550 che sembra sorgere nel nulla. Si trova nella zona di Celadina, lungo la strada che collega Bergamo a Seriate e, secondo una leggenda locale, fu costruito dal diavolo in persona in una notte di tempesta. La porta era l’ingresso delle terre dei De’ Tassis, e conduceva alla villa in campagna. A tutt’oggi si dice che prima di un temporale o di una grossa lite nella famiglia, si possa avvertire odore di zolfo nei pressi della costruzione, segno indelebile del suo costruttore.
Si potrebbero elencare centinaia di esempi di questo tipo, tuttavia sembra giusto concludere questo elenco con il Portale dello Zodiaco della Sacra di San Michele, in Val di Susa. Un vero e proprio capolavoro artistico che attende i coraggiosi alla fine dello Scalone dei Morti (un luogo dove venivano esposti i cadaveri dei frati), in uno dei luoghi più misteriosi d’Italia. Il portale si affaccia direttamente verso il cielo ed è denso di simboli affascinanti: glifi zodiacali, costellazioni, scene bibliche e bestie mitologiche come per esempio la sirena bifida e un gruppo di donne che allattano serpenti ad opera di un artista di nome “Niccolò”.
Le porte alchemiche
Accanto alle porte religiose e alle misteriose porte del diavolo, esistono numerosi esempi di portali mistici, come le porte alchemiche, i monumenti esoterici per antonomasia. Talvolta il nome di questi luoghi nasce dall’immaginazione popolare, che va a riempire di storie colorite quegli spazi dove un tempo c’era un muro, o un significato. Altre volte, invece, sembrerebbero davvero retaggi di un mondo segreto, fatto di tradizioni dimenticate, conoscenze tanto pericolose per l’ordine costituito da essere nascoste dietro simboli e codici, come nel caso della celebre Porta Alchemica di Roma.
La Porta Magica di Roma
Nel parco di Piazza Vittorio, nel quartiere esquilino di Roma, a due passi da Termini, c’è una porta misteriosa, carica di simboli esoterici. Originaria del Seicento, quando al posto della piazza c’era Villa Palombara, apparteneva a Massimiliano Palombara, marchese di Pietraforte (1614-1680).
Oggi la porta è collocata tra le rovine di un ninfeo e, proprio come nella tradizione delle false porte etrusche, è una porta su un muro e quindi non sembra proprio essere stata fatta per gli esseri umani.
Sembra che il marchese appartenesse all’ordine mistico dei Rosacroce e che, affascinato dall’occulto, avesse adibito la villa a sede di un circolo alchemico. La porta quindi, un tempo, era l’ingresso al laboratorio alchemico, un luogo segreto, riservato a pochi adepti, dove i maestro Francesco Giuseppe Borri avrebbe lavorato a lungo alla ricerca della pietra filosofale. Ricercato dall’inquisizione, il medico e alchimista un giorno sparì nel nulla, lasciando una serie di simboli misteriosi e pergamene incomprensibili. Forse fu proprio lui a incidere le scritte e i glifi sulla porta.
Secondo un’altra versione della storia, l’alchimista Giuseppe Francesco Borri entrò di notte nella villa in cerca di un misterioso rimedio vegetale in grado di trasformare il piombo in oro, e al mattino fu visto scomparire tramite il portale, lasciando dietro di sé soltanto alcuni rimasugli di oro e dei fogli pieni di strani simboli (che alcuni ricollegano al manoscritto Voynich) che il marchese avrebbe inciso sulle cinque porte della villa nella speranza che qualcuno, un giorno, fosse stato in grado di interpretarle (per farlo tornare in questa dimensione?).
Poiché nel 1883 la villa fu demolita, oggi l’unica traccia che ne rimane è proprio la misteriosa porta, la quale tuttavia è stata leggermente spostata e collocata sulle rovine del ninfeo dove si trova tutt’oggi.
La porta è un perfetto rettangolo aureo in marmo bianco, sormontato da un disco dove è inciso il sigillo di Re Salomone, anche detto Stella di Davide. Il simbolo è inscritto in un cerchio, dove è inciso un motto che si può tradurre così: “Tre sono le cose mirabili: Dio e l’Uomo, la Madre e la Vergine, l’Uno e il Trino”. All’interno della stella ci sono un cerchio e una croce, con un’altra frase criptica: “il centro è nel triangolo del centro”.
Nella porta sono presenti le parole ebraiche “RUAH ELOHIM”, un richiamo per lo “Spirito Divino”, subito seguite dalla scritta “esplicativa”: “Il drago delle Esperidi custodisce l’ingresso dell’orto magico e senza Ercole Giasone non avrebbe assaggiato le delizie della Colchide”, un passaggio che si riferisce al mito degli Argonauti e del Vello d’Oro.
Lungo i montanti è poi incisa una sequenza di inequivocabili segni alchemici: Saturno (piombo), Giove (stagno), Marte (ferro), Venere (rame), Mercurio (mercurio) e Apollo (oro), e sotto ad ogni segno sono riportati dei motti.
Sotto il simbolo di Saturno è scritto: “quando nella tua casa corvi neri partoriranno bianche colombe, allora tu potrai dirti saggio”. Sotto Giove: “Il diametro della sfera, il tau del cerchio, la croce del globo, ai ciechi non servono”. In corrispondenza di Marte; “Chi sa ardere con l’acqua e lavare col fuoco, fa della terra cielo e del cielo terra preziosa”. Venere: “Se farai volare la terra sopra la tua testa, con le sue penne trasformerai l’acqua dei torrenti in pietra”.
Mercurio: “Sbiancando Latona col mercurio e col fuoco, Diana viene senza veste”. In corrispondenza del Sole: “Il nostro figlio morto vive, ritorna re dal fuoco e gode dell’occulto accoppiamento”.
Sullo stipite è riportato il simbolo della Monade (l’Uno, il principio di unità dell’esistenza), e una scritta che dice: “È l’opera segreta del vero saggio aprire la terra, affinché germini per la salvezza della gente”.
Poco sopra, il famoso motto “SI SEDES NON IS”, un ambigramma: da sinistra a destra significa “se ti siedi (ovvero se ti fermi) non procedi”, mentre da destra verso sinistra può essere letto “SI NON SEDES IS”, ovvero: “se non ti siedi (se non ti fermi), procedi”, motto poi adottato dall’I.R.C., l’istituto di ricerca della coscienza fondato dal sensitivo Umberto di Grazia.
Infine due statue raffiguranti Bes, dio egizio dalla forma di nano, sono collocate al lato della porta, come fossero i guardiani della soglia. In realtà provengono dalle rovine di un tempio dedicato alle dee Iside e Serapide, che un tempo sorgeva sul colle del Quirinale, e furono aggiunti successivamente, tuttavia ben si sposano con l’atmosfera magica della porta, che al riparo da sguardi indiscreti, al di là di una cancellata, viene notata soltanto da chi ne conosce l’esistenza, quasi fosse sotto un incantesimo di occultamento.
Altre porte esoteriche d’Italia
La Porta Magica di Roma è la più famosa delle porte alchemiche, tuttavia l’Italia vanta una serie di portali esoterici da far invidia al mondo della Rowling.
La “Porta del Ribellino” a Palmoli, nel chietino, si trova vicino al Palazzo Marchesale, nella zona più antica del paese. Si tratta di un portone del XII secolo che si affaccia a tre metri dal piano stradale, dando sul nulla e che presenta, incise sulle ante di latta, una serie di simboli esoterici. Il portone reca quattro pentacoli e due raffigurazioni del simbolo chiamato “Il fiore della vita”, sotto i quali chiude la decorazione un particolare tipo di griglia composta di 22 segmenti. Infine nello stipite di pietra, è incisa una croce a braccia uguali.
Nel Reatino troviamo invece l’“Arco di Rivodutri”, anche detto “Porta Ermetica di Rivodutri” o “Portale Nicolò”, un arco in pietra del Seicento, che un tempo portava alla villa dei Camiciotti. Il portale è ricoperto di misteriosi simboli alchemici, tanto da essere ritenuto da alcuni studiosi un testo di pietra della scienza alchemica.
I simboli sembrano narrare una storia: il glifo del dio Hermes, Sole e Luna, una barca che attraversa il mare, palme e alberi da frutto, il monogramma del Cristo accanto al pentacolo.
In alto, in concomitanza con la chiave di volta dell’arco, è raffigurato un essere per metà maschio e per metà femmina, con la testa adornata da un’unica corona, che alcuni interpretano come il Rebis, il “due che si fa uno”, tesi supportata dalla scritta “REX ET REGINA”.
A completare il quadro, una serie di scritte: QUID HOC FORTIUS – “Qualcosa di più forte”; EX TUA MEA LUX EX MEA TUA – “Dalla tua, la mia luce. Dalla tua, la mia”; TOT MIHI SUNT VIRES – “A me appartengono tutte le forze”.
(Flavia Imperi)